Le audizioni della Commissione d’inchiesta Covid continuano a portare alla luce retroscena inediti e dichiarazioni gravi sulla gestione della prima ondata della pandemia. Durante la sua recente testimonianza, l’ex viceministro della Salute Pierpaolo Sileri avrebbe fatto emergere un quadro di forti tensioni interne al Ministero della Salute e una gestione caratterizzata da confusione e mancanza di coordinamento.
Secondo quanto riferito da membri della commissione, sarebbero emerse accuse di pressioni e minacce all’interno dello stesso ministero. In particolare, il senatore Franco Zaffini, presidente della commissione Sanità al Senato, ha dichiarato che Sileri avrebbe raccontato di aver ricevuto messaggi intimidatori da Goffredo Zaccardi, all’epoca capo di gabinetto dell’allora ministro Roberto Speranza. La minaccia, stando alla ricostruzione, sarebbe stata del tipo: “Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto”. Sileri, pur non avendo proseguito la causa dopo l’archiviazione in seguito alle scuse di Zaccardi, avrebbe confermato l’episodio, descrivendo un clima di “litigi e colpi bassi” in piena emergenza.
La testimonianza ha gettato luce anche sulle dinamiche decisionali caotiche che avrebbero caratterizzato quei mesi. L’ex viceministro avrebbe affermato di non essere stato informato della pubblicazione della nota circolare dell’aprile 2020 che raccomandava per i casi Covid sintomatici la “vigile attesa” e l’uso della Tachipirina, un provvedimento poi molto criticato. Sileri si è detto personalmente in disaccordo con quella linea, che a suo dire bloccò la sperimentazione di altre terapie, ma ha sottolineato di essere stato tenuto all’oscuro della decisione. Ha inoltre dichiarato di essere venuto a conoscenza dei primi due casi di Covid in Italia (la coppia di turisti cinesi a Roma) non attraverso i canali istituzionali, ma dalla moglie, che ne aveva sentito parlare in televisione.
Altra critica emersa riguarda il rapporto conflittuale tra Governo e Regioni. Sileri avrebbe descritto una situazione in cui, anziché una necessaria unità d’intenti, prevalse una logica di contrapposizione, che complicò ulteriormente la gestione dell’emergenza. Secondo alcune interpretazioni dei commissari, questa frammentazione e l’apparente prevaricazione di alcuni funzionari nominati dalla compagine politica di allora avrebbero agito da “paravento” per coprire eventuali scelte sbagliate dei vertici.



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