Un episodio di violenza verbale e sessista ha sconvolto il mondo del calcio giovanile a Napoli, rivelando una cultura tossica che serpeggia anche tra ragazzini. A seguito di un’amichevole tra la squadra maschile Under 14/15 del Don Guanella di Scampia e le calciatrici Under 17 del Napoli Women, i giocatori più giovani – tutti di circa 13 anni – hanno inondato i social network di insulti sessisti e frasi oscene indirizzate alle avversarie, nonostante la vittoria per 4-2.
Le offese, pubblicate come “festeggiamento” sui social, spaziavano da un già grave “tornate a fare le ballerine” a espressioni volgarissime come “le avete prese, puane”** e la richiesta oscena “vogliamo i reggiseni”. Un linguaggio che, oltre a rappresentare un episodio di sessismo gravissimo, fa riflettere sulla normalizzazione di certi toni tra giovanissimi, che sembrano considerarli una forma accettabile di sfottò post-partita.
La risposta istituzionale non si è fatta attendere. Il deputato Francesco Emilio Borrelli (Alleanza Verdi-Sinistra) ha definito l’accaduto un “degrado morale” che contraddice i valori dello sport, sottolineando come questi messaggi non siano “goliardia, ma manifestazioni di un sessismo inaccettabile”.
Ma la reazione più forte è arrivata dal Napoli Women, che ha pubblicato una lettera aperta potente e commovente, trasformando la denuncia in un’opportunità educativa. Nel testo, la società descrive l’accaduto come “una ferita” per le proprie atlete – tutte minorenni – che si sono sentite umiliate, oggettivate e molestate anche attraverso contatti privati sui social.
La società non si è limitata a condannare, ma ha lanciato una proposta costruttiva: un invito ufficiale alla società Don Guanella, ai suoi tecnici e ai ragazzi coinvolti, a trascorrere una giornata formativa in un centro antiviolenza e antidiscriminazione. L’obiettivo è trasformare l’episodio in un’occasione di crescita collettiva, per sensibilizzare sui temi del rispetto, della parità di genere e del peso delle parole.
La lettera sottolinea una responsabilità condivisa: “Se i ragazzi di oggi parlano così, significa che noi adulti – società, allenatori, famiglie, istituzioni – non stiamo facendo abbastanza”. Il Napoli Women si impegna a essere un “luogo sicuro e inclusivo” per le sue atlete, ribadendo che lo sport deve essere un ambiente di rispetto, non di umiliazione.
Questo caso riaccende i riflettori su due questioni cruciali:
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La cultura sessista nello sport giovanile, spesso alimentata da stereotipi e da una mancata educazione al rispetto.
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Il ruolo educativo degli adulti (allenatori, genitori, società) nel prevenire questi comportamenti e nel sanarli quando avvengono.
L’episodio, al di là della sua gravità, potrebbe diventare un caso scuola su come trasformare un atto di odio in un’opportunità di crescita sociale. La risposta del Napoli Women – che combina ferma condanna e proposta educativa – dimostra come lo sport possa e debba essere un laboratorio di valori, soprattutto quando a essere colpiti sono dei minori, sia tra le vittime che tra gli autori degli insulti. La speranza è che questa “ferita” possa davvero trasformarsi in un punto di svolta per tutti.



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