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“La sua promessa? È ridicolo”: Zakharova impallina Zelensky dopo il suo tentativo di fare il furbo



Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è nel mirino della retorica russa. La portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, ha definito la sua promessa di indire elezioni in Ucraina – purché gli alleati occidentali ne garantiscano la sicurezza – una scena da “teatro delle marionette”. In un’intervista a Radio Sputnik, riportata dall’agenzia di Stato TASS, Zakharova ha affermato che Zelensky, mentre proclama di volere l’“indipendenza” del paese, di fatto “chiede che altri Paesi garantiscano la possibilità di tenere elezioni, e al contempo chiama queste elezioni ‘democratiche'”. Una contraddizione che, secondo la diplomatica russa, ricorda il “teatro di Karabas-Barabas”, il tiranno burattinaio della celebre favola.



Parallelamente, il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha inasprito i toni contro l’Occidente. In una dichiarazione riportata dalle agenzie RIA Novosti e TASS, Lavrov ha lanciato un chiaro avvertimento: la Russia “risponderebbe” a un eventuale schieramento di truppe europee in Ucraina. Pur affermando che Mosca “non ha nessuna intenzione di entrare in guerra con l’Europa”, ha sottolineato la prontezza a reagire a qualsiasi dispiegamento militare nel paese vicino.

Lavrov ha poi accusato l’Unione Europea di “cecità politica senza speranza”, sostenendo che persista nell’illusione di poter sconfiggere la Russia. Secondo il ministro, diverse nazioni europee “stanno frenando artificialmente il processo di pace”, spingendo Zelensky a protrarre il conflitto “fino all’ultimo ucraino”. Ha inoltre aggiunto che, nonostante gli sforzi, “non ci sono abbastanza soldi” per sostenere indefinitamente lo sforzo bellico ucraino.

Nel suo intervento, Lavrov ha colto l’occasione per evidenziare le divisioni all’interno dell’Occidente sulla gestione della guerra, citando come prova le recenti dichiarazioni critiche dell’ex presidente americano Donald Trump verso l’Europa. Secondo il ministro, Trump avrebbe duramente criticato le azioni europee “mirate a ritardare artificialmente gli accordi” che avrebbero potuto porre fine al conflitto.

Queste dichiarazioni riflettono la strategia di comunicazione russa, tesa a:

  1. Sminuire la legittimità del governo di Kiev, dipingendolo come un burattino nelle mani dell’Occidente.

  2. Amplificare le divisioni tra gli alleati della NATO e dell’UE.

  3. Ribadire i “red line” militari, dissuadendo qualsiasi ipotesi di intervento diretto.

  4. Proporre una narrazione alternativa in cui è l’Occidente, e non la Russia, l’ostacolo alla pace.

Il quadro che emerge è quello di una guerra di parole che si intensifica parallelamente a quella sul campo, con Mosca che utilizza ogni piattaforma diplomatica e mediatica per esercitare pressione psicologica, cercando di logorare la coesione del sostegno internazionale a Kiev e di presentarsi, paradossalmente, come parte interessata a una soluzione negoziata, pur non mostrando segni concreti di ritiro.



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