Una tragica fatalità durante uno shopping natalizio è costata la vita a Celia Marsh, una donna britannica di 42 anni e madre di cinque figli. Era il dicembre del 2017 quando, mentre era in giro per negozi a Bath con la famiglia, ordinò un panino vegano etichettato come “senza latticini”, essendo gravemente allergica alle proteine del latte. Solo quindici minuti dopo averlo consumato, la donna è crollata in strada, preda di uno shock anafilattico devastante. Nonostante i tentativi di soccorso e il ricovero d’urgenza, è morta mezz’ora dopo aver mangiato.
Le indagini successive hanno rivelato una verità agghiacciante: il panino vegano era contaminato da tracce di latte. L’inchiesta del coroner ha stabilito che la morte è stata causata proprio da quella contaminazione accidentale, nonostante l’etichetta rassicurante. È emerso che il produttore dello yogurt vegano utilizzato come ingrediente era a conoscenza del potenziale rischio di contaminazione incrociata, ma questa informazione cruciale non era stata riportata in etichetta né comunicata in modo adeguato alla catena di ristorazione.
Consapevole della gravissima allergia della moglie, il marito di Celia, Andy Marsh, aveva intrapreso nel 2022 un’azione legale contro la catena di caffetterie che aveva venduto il panino e contro il suo produttore. Dopo lunghe trattative extragiudiziali, la vicenda si è conclusa con un risarcimento record di 1,25 milioni di sterline (circa 1,5 milioni di euro), uno degli indennizzi più alti nel Regno Unito per un caso di morte per allergia alimentare.
L’accordo, annunciato in tribunale, prevede che il produttore del panino si assuma il 25% della somma, mentre il restante 75% sarà corrisposto dall’assicurazione della catena di ristoranti. In una dichiarazione, l’azienda produttrice ha affermato: “Sappiamo che nulla potrà mai compensare la perdita di Celia, ma volevamo fare la nostra parte per aiutare la famiglia a superare questa tragedia”.
Questa drammatica storia ha riacceso nel Regno Unito il dibattito sulla sicurezza alimentare per le persone allergiche e sulla chiarezza nelle etichettature, soprattutto per i prodotti vegani, che sempre più spesso vengono scelti proprio da chi ha intolleranze o allergie. La famiglia Marsh, attraverso il suo avvocato, ha sottolineato che la battaglia legale non era motivata dal denaro, ma dalla volontà di ottenere giustizia e di spingere per regolamentazioni più severe, affinché nessun’altra famiglia viva un simile incubo.



Add comment