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“Cari uomini, mi vergogno di noi” dopo i commenti sulla ragazza molestata durante una tac



La vicenda di Marzia Sardo, giovane donna che ha denunciato una molestia subita all’interno dell’ospedale Policlinico Umberto I di Roma, continua a suscitare reazioni e polemiche. Dopo la pubblicazione del suo video, girato in lacrime all’interno del bagno della struttura sanitaria, migliaia di persone hanno commentato il suo racconto, con un’ondata di messaggi negativi provenienti in gran parte da uomini.



Il filmato, della durata di circa tre minuti, mostra Sardo provata dal dolore e dallo sconforto. Aveva raggiunto il pronto soccorso a causa di una forte emicrania. Dopo una prima terapia endovenosa, non avendo riscontrato miglioramenti, i medici avevano disposto una TAC d’urgenza per escludere un’emorragia cerebrale. In quel momento, secondo quanto da lei riferito, sarebbe avvenuto l’episodio di molestia.

Sdraiata e incapace di reggersi in piedi, la donna aveva chiesto a un operatore sanitario se fosse necessario togliere il reggiseno, che conteneva un ferretto, prima di sottoporsi all’esame diagnostico. La risposta, rivolta a lei davanti ad altri presenti, è stata: “No, però se poi lo vuoi togliere, ci fai felici tutti”, accompagnata da un ammiccamento agli uomini nella stanza.

Un commento che, secondo il suo racconto, ha avuto l’effetto di ridicolizzare la sua sofferenza in un contesto che avrebbe dovuto garantire tutela, sicurezza e rispetto. L’episodio ha spinto Sardo a riprendere un video immediatamente dopo, mentre piangeva, denunciando quanto accaduto e descrivendo lo stato di vulnerabilità in cui si trovava.

Il video ha fatto rapidamente il giro dei social, generando migliaia di reazioni. Accanto a messaggi di sostegno, si sono moltiplicate le critiche, molte delle quali provenienti da uomini che hanno definito la reazione della donna “esagerata” o “isterica”. Commenti che hanno alimentato il dibattito sulla difficoltà, ancora diffusa, nel riconoscere la gravità delle molestie e nell’accettare che sia la persona che le subisce a stabilire i confini della propria sofferenza e della propria rabbia.

Molti utenti hanno accusato la giovane di aver interpretato male una semplice “battuta”, confondendola con un episodio di molestia. Altri hanno sostenuto che la sua denuncia sia stata sproporzionata rispetto all’accaduto. Questa reazione collettiva ha costretto Sardo a rendere privati i propri profili social per proteggersi dall’ondata di offese e insinuazioni.

Il caso ha evidenziato ancora una volta quanto la molestia venga spesso minimizzata, confusa con un “complimento poco opportuno”, e quanto il patriarcato, come sistema culturale, condizioni anche il giudizio delle stesse vittime e di chi assiste. L’episodio, già grave in sé, appare ancor più significativo per il contesto in cui si è verificato: un ospedale, luogo che dovrebbe essere associato alla cura, alla professionalità e alla tutela delle persone in condizioni di fragilità.

A commentare la vicenda è stato anche il giornalista Saverio Tommasi, che ha stigmatizzato la reazione di una parte del pubblico maschile: “Mi vergogno dell’operatore sanitario per le sue parole. Mi vergogno per gli altri uomini presenti nella stanza, per il loro silenzio. Mi vergogno perché quello che è accaduto – inaccettabile in qualsiasi contesto – è ancora più grave all’interno di un ospedale, che dovrebbe essere luogo di cura anche dalle sopraffazioni”.

Nel suo intervento, Tommasi ha criticato duramente chi ha definito “scherzo” l’episodio, sottolineando come spesso i confini del rispetto vengano stabiliti da chi non subisce direttamente le conseguenze di simili atteggiamenti. “Maschi, siete mai stati in preda al dolore in una stanza d’ospedale, con quattro mediche che scherzavano sul vostro corpo? Ve lo dico io: non vi è mai successo e so benissimo il perché”, ha aggiunto.

Il caso Sardo ha acceso l’attenzione pubblica sul tema delle molestie nei luoghi di cura e, più in generale, sugli stereotipi che tendono a minimizzare o giustificare comportamenti inappropriati. Nonostante le numerose denunce e campagne di sensibilizzazione degli ultimi anni, episodi di questo tipo dimostrano quanto resti ancora da fare per affermare una cultura del rispetto e dell’ascolto delle vittime.

La vicenda si inserisce in un contesto sociale in cui il silenzio o l’indifferenza sono spesso complici delle sopraffazioni. Molti commentatori hanno infatti ricordato che non basta non essere autori di molestie per sentirsi estranei al problema: è necessario prendere posizione attivamente, senza giustificazioni o tentativi di ridimensionamento.

L’esperienza raccontata da Marzia Sardo rimane dunque un caso emblematico: non solo per il gesto dell’operatore sanitario, ma anche per la reazione che ha suscitato, dimostrando come le parole di una donna che denuncia una molestia vengano ancora oggi messe in discussione, giudicate o ridicolizzate.



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