Isaiah aveva soltanto sette anni quando, il 17 febbraio 2020, fu trasportato d’urgenza in un ospedale del Colorado dopo giorni di vomito e comportamenti anomali. Durante il tragitto perse conoscenza e, il giorno seguente, morì. L’autopsia rivelò un quadro drammatico: malnutrizione, grave disidratazione e un gonfiore anomalo di entrambi gli intestini. L’ipotesi più inquietante emersa fu che la causa della morte fosse una dose letale di salamoia di olive, somministrata come punizione.
Secondo il rapporto del Colorado Child Protection Ombudsman, almeno tre operatori avevano segnalato alle autorità che i genitori adottivi, Jon ed Elizabeth S., utilizzavano la salamoia come metodo punitivo nei confronti dei figli. Isaiah sarebbe stato costretto a ingerirla per “correggere” comportamenti ritenuti ribelli e manipolatori. La quantità di sodio assunta risultò letale, soprattutto considerando le condizioni di salute già precarie del bambino.
Nel documento si esprime una “profonda preoccupazione per la sicurezza degli altri bambini presenti in casa e per la gravità delle punizioni inflitte”. Isaiah era l’unico figlio adottivo tra cinque fratelli, tutti educati in casa da Elizabeth. Il padre, Jon Stark, era agente di polizia nella contea rurale di Grand, in Colorado.
La coppia aveva adottato Isaiah subito dopo la nascita, ma ben presto lo descrisse come un bambino “danneggiato”, affetto da gravi disturbi comportamentali. Dai documenti ufficiali emerge che i genitori parlavano apertamente delle difficoltà nel gestirlo, attribuendo a lui la causa del malessere familiare. Elizabeth avrebbe persino confidato a un medico il desiderio di un farmaco “così forte da costringerlo a dormire”.
In un passaggio agghiacciante del rapporto, la madre racconta che Isaiah “la odiava” già a due mesi di vita e che si comportava male solo in sua presenza, lontano da occhi esterni. Secondo le accuse, quel comportamento veniva punito con metodi crudeli, tra cui l’assunzione forzata di liquidi salati.
La morte del bambino avrebbe potuto scatenare un caso giudiziario di grande rilievo. Tuttavia, la vicenda è stata archiviata come un tragico incidente. Le autorità locali, incluso il procuratore distrettuale Matt Karzen, hanno deciso di non procedere con denunce, ritenendo che l’autopsia non forniva prove sufficienti per dimostrare un’intenzionalità criminale.
Ciò che ha suscitato maggiore indignazione è il contenuto del rapporto del Colorado Bureau of Investigation: la vice coroner Tawnya Bailey avrebbe rassicurato i genitori promettendo di “fare di tutto affinché la vicenda restasse riservata”. Inoltre, avrebbe riferito che l’investigatore dello sceriffo e il procuratore avrebbero “messo da parte” i risultati dell’autopsia. Alla coppia fu detto chiaramente: «Il caso è chiuso».
Questa posizione è stata duramente criticata da Stephanie Villafuerte, funzionario per la protezione dei minori in Colorado, che ha dichiarato: “Abbiamo molte domande senza risposta, e chi dovrebbe fornirle si rifiuta di farlo”.
Solo un mese dopo la morte di Isaiah, Elizabeth rimase incinta del loro sesto figlio, Knox. In un blog personale, lo ha descritto come un “miracolo nato dal dolore”, ricordando il lutto e il peso degli anni trascorsi accanto a Isaiah “nell’oscurità della sua malattia mentale”.
Per molti osservatori, però, il vero buio resta quello che avvolge la morte di un bambino vulnerabile, apparentemente punito con metodi privi di qualsiasi giustificazione educativa o umana. Un’ombra che, nonostante i tentativi di insabbiamento, continua a chiedere giustizia.
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