La questione dell’immigrazione clandestina continua a suscitare accesi dibattiti in Italia, specialmente dopo l’approvazione da parte della Camera dei deputati della mozione di maggioranza sul rinnovo del Memorandum d’intesa con la Libia. Questo accordo, siglato nel 2017, è stato sostenuto dal governo di Giorgia Meloni, che ha confermato la strategia di cooperazione con Tripoli per combattere il traffico di esseri umani. La decisione di proseguire in questa direzione ha sollevato polemiche, in particolare da parte del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle, che hanno presentato mozioni alternative chiedendo la sospensione o una revisione radicale dell’accordo.
La mozione approvata ha sottolineato l’importanza del Memorandum come “cornice di collaborazione bilaterale improntata al rispetto dei diritti umani”. Essa impegna il governo a continuare gli sforzi per contrastare l’immigrazione irregolare dalla Libia, evidenziando i risultati ottenuti, come i rimpatri volontari assistiti di oltre 12.000 migranti nel 2025 e il rafforzamento del Centro per il soccorso marittimo di Tripoli (MRCC) con fondi dell’Unione Europea. Il documento afferma che “il rafforzamento della capacità libica ha consentito il recupero e soccorso di oltre 20.000 persone nel corso del 2025, in linea con gli standard internazionali”.
Tuttavia, la posizione del Partito Democratico è stata definita grottesca da alcuni esponenti della maggioranza. Matteo Orfini, deputato dem, ha criticato la risoluzione di maggioranza per non aver riconosciuto la gravità della situazione umanitaria nel Mar Mediterraneo, definito un “cimitero”. Orfini ha affermato: “Mi dispiace che nella risoluzione di maggioranza non si sia spesa una sola parola per affermare che si tratta di una tragedia umanitaria che produce migliaia di morti”. Ha inoltre sottolineato che il piano del 2017, che prevede l’esternalizzazione delle frontiere, è fallito, affermando che “si trattava di violare i diritti per procura”.
La critica di Orfini si è estesa anche al tema dei rimpatri, sostenendo che rivendicare i numeri dei salvataggi in mare equivale a rivendicare deportazioni. Secondo lui, i migranti non vengono rimpatriati in “centri” sicuri come sostenuto dalla risoluzione, ma in lager dove subiscono violenze e torture. “Addestrare e finanziare la guardia costiera libica, a anni di distanza, non ha funzionato e anche oggi la Libia non è un Paese stabile o sicuro”, ha aggiunto Orfini, evidenziando come la situazione sia peggiorata.
Queste affermazioni pongono l’accento su un dibattito più ampio riguardo alla gestione delle migrazioni in Italia. Il Partito Democratico ha riproposto teorie che puntano a una politica di “no borders”, sostenendo l’apertura dei porti a chiunque e difendendo le organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo. Tuttavia, le critiche alla gestione dell’immigrazione da parte della sinistra non si limitano a questo.
Orfini ha proposto che “le migrazioni vanno gestite strutturalmente, con la cooperazione internazionale, con missioni europee e redistribuzione in Europa dei flussi migratori”. Ha aggiunto che è necessario aprire canali legali di migrazione e superare la legge Bossi-Fini. Tuttavia, questa posizione ha sollevato interrogativi sull’efficacia delle politiche proposte, considerando che il primo Memorandum Italia-Libia fu firmato il 2 febbraio 2017, durante il governo di Paolo Gentiloni e con Marco Minniti come ministro degli Interni, entrambi esponenti del Partito Democratico.
La dimenticanza di Orfini riguardo a questo precedente storico è stata sottolineata da molti, che lo accusano di non riconoscere il ruolo del suo partito nella creazione di un accordo che ora critica. Questo ha portato a un acceso dibattito in Aula, dove le posizioni si sono polarizzate, rivelando le profonde divisioni all’interno della politica italiana riguardo alla gestione dell’immigrazione e alla cooperazione con la Libia.



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