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Dietro lo stipendio di Milena Gabanelli: è davvero tutto oro ciò che luccica? Analizziamo i numeri!



di Vittorio Bertola da Facebook



Bene, sono passati alcuni giorni e ora vorrei commentare anch’io la cagnara che si è scatenata attorno all’attentato al conduttore di Report Sigfrido Ranucci.

Liquiderò in fretta i deliri dell’inascoltabile Schlein, che è arrivata a dire che in Italia c’è il nuovo fascismo di governo che mette a rischio la vita dei giornalisti, pur senza un minimo di prova o anche solo di indizio sul fatto che l’attentato sia in qualunque modo collegato alla politica.

Me la vedo bene come capo del M5S al posto di Conte, forse sta puntando a quello; ma non capisco perché il PD se la tenga.

Invece, mi interessa rispondere al grido di rabbia di tutti i militanti del campo largo: ecco, abbiamo un grande giornalista che sfida i poteri forti e voi vi permettete di criticarlo.

Me ne dà occasione un articolone sul Corriere scritto dalla Gabanellli, che di Ranucci è la maestra e la versione più ragionevole (pensate un po’).
Si tratta di una lunga denuncia del fatto che la Commissione Europea ha osato fare marcia indietro sulla montagna di burocrazia che aveva introdotto nello scorso mandato per combattere il cambiamento climatico.

Nel corso del testo, non viene fornita alcuna prova del fatto che più burocrazia implichi meno inquinamento, che è il motivo per cui a Bruxelles si sono decisi a tornare un po’ indietro, limitando gli obblighi alle aziende molto grandi: infatti, l’effetto negativo sulle PMI europee era certo, mentre i vantaggi erano impalpabili.

Però, Gabanelli alla fine ci prova, e conclude l’articolo “dimostrando” che il green deal porta ricchezza.

Lo fa come vedete nell’immagine, buttando lì due numeri: “1990-2023, RISULTATO: CO2 -37%, PIL +68%”.

Questa grafica è concepita perché il lettore se ne vada con un’idea: diminuire le emissioni porta tanta ricchezza, al punto che il PIL è aumentato del 68% in soli trent’anni!
Ma è una manipolazione totale, perché non c’è alcun dato di confronto per capire se il 68% sia tanto o sia poco; è solo un numero buttato lì.

Allora, come dovrebbe fare un giornalista, i dati di confronto ve li mostro io.
Intanto, bisogna capire cosa si intende per “PIL”: nominale, pro capite, depurato dell’inflazione…

Comunque, quello usato dalla Gabanelli sembra essere il PIL a parità di potere d’acquisto in dollari costanti, e io sono andato a cercare i dati sul sito della Banca Mondiale, che lei stessa cita come fonte.

Dunque, negli stessi 33 anni in cui il PIL europeo è cresciuto del 68%, quello americano è cresciuto del 125%: praticamente il doppio.
E non solo loro: il Canada è cresciuto del 106%, il Brasile del 122%, l’Australia del 167%.

Non parliamo poi dei paesi emergenti: l’India è cresciuta del 600% (moltiplicato per 7), la Cina del 1590% (moltiplicato per 17).

In pratica, in questi trent’anni l’Europa ha avuto l’economia più asfittica e stagnante del pianeta, a parte alcuni paesi che in questo lasso di tempo sono andati in fallimento o giù di lì (come la Russia), ma nemmeno tutti: l’Argentina, tra una bancarotta e l’altra, ha fatto il 120%. Peggio dell’Europa, in pratica, ha fatto solo il mummificato Giappone.

Ora, cosa dovrebbe scrivere un giornalista competente e intellettualmente onesto? Dovrebbe scrivere che non si sa quanto di questa stagnazione sia dovuto alle restrizioni ambientali, ma certamente non si può dire che le politiche seguite finora abbiano aiutato la crescita economica e reso più ricchi gli europei.

Invece, la Gabanelli proclama trionfalmente l’opposto, omettendo i dati che la contraddicono e dando praticamente del cretino in malafede a chi “si ostina a dire” che basta guardare due numeri per concludere che la sua affermazione finale è palesemente falsa.

Questo è il motivo per cui la solidarietà a Ranucci per l’attentato è doverosa, ma da qui a considerare lui e quelli come lui grandi giornalisti ce ne passa.

Sono dei coraggiosi attivisti di sinistra che manipolano fatti e dati a capocchia per sostenere la propria parte politica (cosa che fanno anche molti “giornalisti” di destra, ovviamente); e subire un attentato non rende affatto più accettabile il loro modo di fare “informazione”.



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