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Giustizia, parola agli italiani nel referendum: il fronte progressista si mobilita per tutelare magistrati e sistema attuale



La campagna referendaria per il quesito popolare confermativo sulla riforma costituzionale della giustizia è ufficialmente avviata, con il voto previsto per la primavera del 2026. La macchina burocratica ed elettorale è già in movimento, e tra i primi a prendere posizione ci sono coloro che si oppongono fermamente alla separazione delle carriere. A guidare il Comitato per il no al referendum sulla giustizia è Enrico Grosso, avvocato e professore ordinario di diritto costituzionale presso l’Università di Torino.



Grosso ha il compito di rappresentare, in veste onoraria, il comitato che mira a far bocciare dagli elettori la riforma della giustizia recentemente approvata in Parlamento. È interessante notare che Enrico Grosso è figlio di Carlo Grosso, un noto giurista e docente di diritto penale, che ha avuto una carriera politica attiva, incluso un ruolo come vicesindaco di Torino negli anni ottanta e come componente del Consiglio Superiore della Magistratura nel 1994.

La sfida che attende Grosso e il suo comitato si preannuncia intensa e combattuta, soprattutto considerando che non è previsto alcun tipo di quorum per la validità del referendum. Pertanto, sarà cruciale incentivare la partecipazione degli elettori italiani, in un contesto in cui l’astensionismo ha raggiunto livelli preoccupanti, diventando di fatto il primo partito politico nelle recenti consultazioni. L’obiettivo sarà quello di convincere anche gli indecisi a esprimere un voto chiaro, sia a favore che contro il provvedimento sostenuto dal ministro Carlo Nordio.

Nei giorni scorsi, prima dell’approvazione definitiva della riforma della giustizia da parte del Parlamento, l’Associazione Nazionale dei Magistrati (Anm) si era già schierata pubblicamente contro la riforma, lanciando lo slogan: “Sulla riforma della magistratura è giusto dire no”. Durante una recente assemblea generale dell’Anm, magistrati di spicco come Nicola Gratteri hanno espresso le loro preoccupazioni, affermando: “Si vuole controllare il pm, impaurirlo, rendere i magistrati dei burocrati”. Tuttavia, va sottolineato che nel disegno di legge costituzionale di Nordio è chiaramente indicato che la magistratura deve rimanere un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

In quella stessa assemblea, hanno preso parte anche figure di rilievo come i consiglieri del Csm Ernesto Carbone e Roberto Romboli, insieme a ex magistrati e scrittori come Giancarlo De Cataldo e Gianrico Carofiglio. Tra i partecipanti c’erano anche accademici come Giuseppe Campanelli, Giovanna De Minico, Filippo Donati, Mitja Gialuz, e giornalisti come Donatella Stasio, Emiliano Fittipaldi, e Sigfrido Ranucci, quest’ultimo accolto da una standing ovation dopo aver recentemente subito un attentato esplosivo vicino alla sua abitazione.

La riforma della giustizia proposta dal governo è vista da molti come una minaccia all’autonomia della magistratura e alla separazione dei poteri. La posizione di Enrico Grosso e del suo comitato si basa sulla convinzione che la riforma possa compromettere l’indipendenza dei magistrati e alterare l’equilibrio democratico. La campagna referendaria si preannuncia quindi come un confronto acceso tra le diverse visioni riguardo alla giustizia in Italia.

Il contesto politico è reso ancora più complesso dalla necessità di mobilitare l’elettorato, in un Paese dove la disaffezione verso la politica è in crescita. L’astensionismo, infatti, ha rappresentato un problema costante nelle ultime elezioni, e il comitato per il no dovrà affrontare la sfida di stimolare un’ampia partecipazione al voto. La capacità di Grosso di attrarre l’attenzione del pubblico e di comunicare efficacemente i rischi associati alla riforma sarà fondamentale per il successo della campagna.



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