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Il prof appoggia gli studenti “ribelli”: “Fanno ciò che noi dovremmo fare, il ministro li ascolti”



Un gesto di protesta pacifica ha coinvolto alcuni studenti delle città di Padova, Belluno, Treviso e Firenze, che hanno scelto di non affrontare l’orale dell’esame di maturità, contestando un sistema scolastico percepito come eccessivamente competitivo e focalizzato sul rendimento. La loro azione ha suscitato reazioni contrastanti, tra cui la dura posizione del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che ha minacciato la bocciatura per chi non si presenta all’esame. Tuttavia, Nicola Ferrigni, professore associato di Sociologia presso l’Università degli Studi della Tuscia e direttore dell’Osservatorio permanente sui giovani “Generazione Proteo”, ha espresso solidarietà agli studenti, interpretando il loro gesto come un segnale importante.



Secondo Ferrigni, la protesta degli studenti non è stata semplicemente un rifiuto, ma un modo simbolico per evidenziare le difficoltà e le problematiche che molti giovani affrontano nel sistema scolastico. “Il loro gesto – ha dichiarato – è una forma di dissenso silenzioso ma potente. Non cercano scontri, ma aprono spazi di riflessione. È un atto che invita a riconsiderare il senso profondo dell’educare”. Il sociologo ha sottolineato che gli studenti non stanno contestando la conoscenza in sé, ma piuttosto il modo in cui essa viene trasmessa, valutata e gerarchizzata.

La protesta degli studenti arriva in un momento in cui la scuola italiana sembra attraversare una crisi di legittimità simbolica. Secondo il Rapporto annuale dell’Osservatorio “Generazione Proteo” 2023, il 36,3% degli studenti non ritiene il voto un elemento significativo, mentre il 24,7% lo considera ingiusto e arbitrario. Solo una minoranza, pari al 17,8%, lo percepisce come meritocratico. Questi dati evidenziano una disconnessione tra il sistema di valutazione tradizionale e le aspettative delle nuove generazioni.

Gli studenti coinvolti nella protesta chiedono un cambiamento radicale: una scuola che valorizzi la capacità di risolvere problemi (35,9%), la creatività (26,8%) e la collaborazione (19,3%). Vogliono un’istituzione che guardi al futuro e prepari alla vita, piuttosto che limitarsi a giudicare le prestazioni in un esame. “È una scuola che misura ma non riconosce”, ha osservato Ferrigni, aggiungendo che la protesta rappresenta una forma di maturità civica e agency giovanile.

La posizione del Ministro Valditara sulla vicenda è stata ferma: chi si rifiuta di sostenere l’esame potrebbe essere bocciato. Tuttavia, questa linea dura ha sollevato critiche e aperto un dibattito sul ruolo della scuola e sulla necessità di ascoltare le istanze degli studenti. “Il mondo della scuola – ha dichiarato Ferrigni – dovrebbe essere in grado di accogliere queste riflessioni e trasformarle in opportunità per migliorare”.

La protesta silenziosa degli studenti ha il merito di aver acceso i riflettori su questioni fondamentali legate al sistema educativo italiano. Il gesto non ha avuto l’intenzione di creare clamore mediatico, ma ha lasciato un segno duraturo, spingendo molti a interrogarsi su come le scuole possano evolversi per rispondere meglio alle esigenze delle nuove generazioni.

In un contesto in cui le parole spesso si consumano rapidamente, il gesto simbolico degli studenti assume una forza particolare. “Non bloccano strade – ha affermato Ferrigni – ma aprono riflessioni. Non alzano la voce, ma interrogano le coscienze”. Questo approccio non violento e riflessivo potrebbe rappresentare un punto di partenza per una discussione più ampia sul futuro della scuola in Italia.



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