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La Corte d’Assise d’Appello di Napoli riduce la condanna per Mariano Cannio da 18 a 12 anni



La terza corte d’assise di Napoli ha ridotto la pena per Mariano Cannio, ritenuto responsabile della morte del piccolo Samuele gettato dal balcone nel 2021: confermato l’omicidio volontario, escluse aggravanti. Condanna aggiornata a 12 anni.



La Corte d’Appello di Napoli, presieduta da Vittorio Melito, ha pronunciato ieri una nuova sentenza nei confronti di Mariano Cannio, in origine condannato a 18 anni per l’omicidio del piccolo Samuele, un bimbo di 3 anni precipitato dal balcone in via Foria il 27 settembre 2021. Nel processo d’appello, pur confermando la natura volontaria del gesto, i giudici hanno escluso l’aggravante della minorata difesa e riconosciuto le attenuanti generiche, riducendo la pena a 12 anni di reclusione  .

Nel primo grado, la procuratrice Barbara Aprea aveva definito il fatto come “omicidio aggravato”, sostenendo che Cannio, malgrado affetto da disturbi psichiatrici (bipolarismo e schizofrenia), fosse capace di intendere e volere al momento del fatto  . La difesa, rappresentata dall’avvocato Mariassunta Zotti, ha sostenuto la tesi dell’incidente involontario, argomentando che Cannio avrebbe potuto avere un improvviso “capogiro” mentre teneva in braccio il bambino. I legali hanno inoltre sostenuto che, nonostante le ammissioni, le condizioni psicofisiche del loro assistito avrebbero potuto influire sulla sua attendibilità  .

Il tragico episodio si verificò durante l’assenza della madre di Samuele, che in quel frangente si trovava in bagno. Cannio, nel suo ruolo di collaboratore domestico, era in casa per svolgere alcune faccende quando, secondo la ricostruzione degli investigatori, avrebbe afferrato il bambino facendolo cadere dal terzo piano del balcone  .

Durante il processo di primo grado con rito abbreviato, Cannio era stato considerato colpevole in base alle prove raccolte: la magistratura ha escluso la tesi dell’incidente ricorrendo all’omicidio volontario. Accolta la richiesta di 18 anni avanzata dalla pubblica accusa, il giudice Nicoletta Campanaro lo aveva ritenuto responsabile dell’uccisione premeditata  .

Nel corso dell’appello, la difesa ha ottenuto piena esclusione di aggravanti poiché il bambino, pur minorenne, non ha usufruito di una situazione di difesa attenuata tale da aggravare il reato. Al contempo, il tribunale ha riconosciuto le attenuanti generiche, basandosi sia sul contesto psicopatologico di Cannio sia sull’assenza di motivazioni chiare e malvage che avrebbero potuto escludere del tutto l’ipotesi di una volontarietà attenuata .

Confermando la capacità di intendere e volere al momento del fatto, i giudici hanno comunque tenuto in considerazione elementi mitiganti, tra cui uno stato emotivo alterato, ridimensionando la pena da 18 a 12 anni di reclusione. Cannio resta in carcere ed è stata rigettata la richiesta di arresti domiciliari.

La famiglia di Samuele, rappresentata in aula dall’avvocato Domenico De Rosa, ha partecipato alle udienze, rimanendo profondamente colpita dalla decisione della Corte. Il ritiro della maternità nei confronti della madre di Samuele è già stato sospeso.

La vicenda di via Foria ha scosso profondamente l’opinione pubblica di Napoli e d’Italia. La riduzione di pena mette in luce la complessità del caso: da una parte, l’esito tragico della morte del bambino; dall’altra, la disamine clinica e le implicazioni giuridiche relative allo stato mentale dell’imputato.

Resta ora da verificare se la prosecuzione eventuale verso la Corte di Cassazione potrà modificare ulteriormente la pena definitiva. L’attenzione è puntata su come verranno bilanciate, nei gradi successivi, la responsabilità penale e la valutazione dello stato psicopatologico di Mariano Cannio



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