L’assassinio di Charlie Kirk, attivista pro-Trump ucciso nello Utah, ha acceso un dibattito che travalica i confini degli Stati Uniti, arrivando a condizionare anche la politica italiana. Se in America la destra sta già trasformando la figura di Kirk in un simbolo, in Italia il caso è stato ripreso dal governo per attaccare l’opposizione, evocando scenari che non appartengono al nostro contesto.
Il punto di partenza è la scarsità di informazioni certe sul presunto attentatore, Tyler Robinson. Non ha confessato né sta collaborando con l’FBI: del suo profilo ideologico sappiamo poco. Alcuni dettagli — i messaggi incisi sui proiettili, come «Bella Ciao» o «Hey fascista, prendi questo» — sono stati interpretati come segnali di un orientamento politico di sinistra. In realtà, spiegano diversi analisti, potrebbero essere più riferimenti a meme e linguaggi del mondo dei videogiochi che prove di appartenenza a un’area politica precisa. Anche sul suo background familiare e personale non ci sono certezze: la relazione con una persona transgender e le origini in una famiglia conservatrice non bastano a delineare un movente chiaro.
Nonostante le tante incognite, il caso è stato subito politicizzato. Negli Stati Uniti, la destra più radicale sta martirizzando Kirk: personalità come Steve Bannon, Alex Jones e l’account Libs of TikTok parlano apertamente di “guerra civile” e di “minaccia per la sicurezza nazionale” da parte della sinistra. Il rischio, evidenziato da osservatori e media, è che questa narrazione alimenti ulteriormente un clima già esasperato, anziché favorire una riflessione condivisa contro la violenza.
In Italia, il dibattito si è acceso dopo le dichiarazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha più volte citato l’omicidio di Kirk nei suoi interventi pubblici. Alla festa dell’UDC ha accusato la sinistra italiana di minimizzare l’accaduto, parlando di “giustificazionismo” e di “criminalizzazione” nei confronti della destra. Un messaggio ribadito anche alla convention di Vox in Spagna, con toni che hanno richiamato la contrapposizione frontale e lo scontro politico.
Parole che hanno suscitato critiche. Secondo diversi osservatori, compresi alcuni esponenti della maggioranza, equiparare la situazione americana a quella italiana è fuorviante. Lo stesso ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha sottolineato che il nostro Paese non presenta le condizioni di tensione politica e sociale degli Stati Uniti e che evocare scenari da “anni di piombo” non corrisponde alla realtà.
In parallelo, Fratelli d’Italia ha diffuso un dossier intitolato “Chi soffia sul fuoco”, che elenca 28 episodi di violenza politica contro la destra dal 2022 a oggi. Nel documento vengono citati anche giornalisti e iniziative editoriali, tra cui inchieste di Fanpage e dichiarazioni di personalità del centrosinistra. Una scelta che ha sollevato polemiche, perché rischia di trasformare un atto di cronaca tragico come l’assassinio di Kirk in uno strumento di contrapposizione interna.
Il nodo centrale resta la gestione della violenza politica. L’omicidio di Kirk ha messo in luce, negli Stati Uniti, quanto sia fragile l’equilibrio tra libertà di espressione e radicalizzazione, e quanto sia facile che figure carismatiche diventino simboli di martirio. In Italia, però, il pericolo maggiore sembra essere quello di importare una retorica non pertinente al contesto nazionale, alimentando un clima di contrapposizione e sospetto.
Come ricordano molti analisti, la condanna dell’odio non dovrebbe conoscere colori politici. E soprattutto, chi guida un Paese ha la responsabilità di evitare che una tragedia diventi terreno per nuove divisioni. Perché evocare nemici e trappole ideologiche rischia solo di esasperare il dibattito pubblico, anziché renderlo più sicuro e responsabile.



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