Ieri, intervenendo dal palco di Atreju, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha criticato la sinistra radical-chic, accusandola di snobismo e di dimenticare le proprie radici popolari, come dimostrato dal consumo di piatti tradizionali alle Feste dell’Unità, per deridere la manifestazione della destra a Castel Sant’Angelo, dove, secondo la Meloni, la qualità del cibo era superiore.
Pur non facendo nomi espliciti, la Premier ha fatto riferimento a Michele Serra, che, in un momento di crisi identitaria per la sinistra e per “Repubblica”, ha criticato Atreju paragonandola a un’ammucchiata. La Meloni ha citato un articolo di Serra, pubblicato su uno dei principali quotidiani nazionali, intitolato “Avanti, c’è posto”, in cui definiva la manifestazione in tali termini.
La Presidente del Consiglio ha poi ironizzato sull’efficacia delle critiche della sinistra, affermando che ogni volta che essa si esprime negativamente su qualcosa, il risultato è l’opposto: Atreju ottiene un successo senza precedenti, il governo guadagna consensi nei sondaggi e una casa editrice, oggetto di tentativi di boicottaggio, acquisisce notorietà.
La Meloni ha inoltre fatto riferimento alle difficoltà di “Repubblica”, in particolare alla possibile vendita del gruppo Gedi da parte della famiglia Elkann, e alle preoccupazioni espresse da giornalisti e lavoratori. Ha sottolineato il silenzio della sinistra, inclusa la Cgil, in occasione della chiusura degli stabilimenti Stellantis e della conseguente perdita di posti di lavoro, ricordando come Landini, intervistato da “Repubblica” sul tema, avesse minimizzato la questione.
Oggi, la Meloni si è trovata al centro di un comunicato sindacale dei giornalisti di Largo Fochetti, che hanno espresso disappunto nei confronti della Cgil, accusandola di non proporre soluzioni alle crisi industriali e di preferire proclamare scioperi. Sorprendentemente, il comunicato sindacale ha rivolto critiche anche alla Presidente del Consiglio.
In luogo di affrontare una crisi industriale che coinvolge 1.300 lavoratori e lavoratrici e, contemporaneamente, contribuire alla salvaguardia del pluralismo informativo, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha optato, durante il suo intervento alla kermesse, per l’adozione di una retorica propagandistica di basso profilo nei confronti di Gedi. L’attacco si è rivolto a un partito di opposizione, a un sindacato e a un articolo di Michele Serra pubblicato su questo giornale, descritto come rappresentativo di «una sinistra isolata e rabbiosa», come riportato in una nota del Comitato Direttivo di Redazione (Cdr).
Il Cdr evidenzia inoltre la ricerca di un capro espiatorio a destra da parte della Presidente del Consiglio, affermando che le sue dichiarazioni denotano una scarsa attitudine istituzionale, in quanto Meloni dovrebbe rappresentare tutti i cittadini italiani, non solo i propri elettori. Inoltre, le dichiarazioni sono state giudicate completamente false in riferimento a presunti accordi tra l’attuale editore di Gedi e Stellantis, nonché alle interviste condotte nel corso degli anni a Maurizio Landini, Segretario Generale della CGIL.
Si osserva, inoltre, che anche “Repubblica” dovrebbe rappresentare tutti gli elettori, inclusi quelli di destra che hanno partecipato all’evento Atreju. I giornalisti sottolineano, inoltre, che Meloni intrattenga ottimi rapporti sia con John Elkann che con il potenziale acquirente di Gedi. Qualora la Presidente del Consiglio ritenga di poter contribuire alla gestione di questa delicata fase, data la sua posizione istituzionale, si suggerisce di utilizzare la propria influenza per tutelare non gli interessi, prevalentemente esteri, di grandi e facoltosi imprenditori, bensì le persone che vivono del proprio lavoro in Italia. Il commento di Meloni si colloca, peraltro, in un contesto in cui lo stesso Elkann ha annunciato il rifiuto di valutare l’offerta ricevuta per l’acquisizione della Juventus.
«La Juventus, la sua storia e i suoi valori non sono in vendita», ha dichiarato. Tali concetti, tuttavia, non sembrano applicabili a Repubblica, La Stampa e alle altre testate del gruppo di cui intende disfarsi con urgenza. Confidiamo che la sua uscita dal settore editoriale si svolga con la dovuta dignità.
In secondo luogo, si consideri l’ipotesi in cui la Meloni avesse tentato di impedire la cessione del gruppo, sebbene non sia chiaro quali strumenti avrebbe potuto utilizzare, data l’impossibilità di esercitare golden power nel settore editoriale. In tal caso, non sarebbe stata forse accusata di ingerenza, autoritarismo e simili?
Inoltre, se il suo intervento avesse portato al fallimento del gruppo Gedi e alla conseguente perdita di posti di lavoro, la responsabilità sarebbe stata attribuita al governo?
Infine, in merito ai buoni rapporti con Elkann, “Repubblica” omette di menzionare che da mesi il governo, rappresentato dal Ministro Urso, è impegnato in una disputa con Stellantis per la tutela delle manovole e l’italianità del marchio e degli stabilimenti. Basterebbe consultare altre testate giornalistiche. Infatti, nelle numerose interviste rilasciate da Landini a “Repubblica”, non si trova traccia di questo argomento.



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