Dalla morte del marito, ogni fine settimana Irina si recava al cimitero. Puliva con cura la lapide, strappava le erbacce cresciute intorno e portava sempre fiori freschi.
Una mattina, però, notò qualcosa di insolito. Accanto alla tomba del marito, c’era una donna che non aveva mai visto prima. Sulla quarantina, curata nell’aspetto, stava delicatamente spolverando la lapide e, con una mano poggiata sulla fotografia, sembrava voler chiedere perdono.
Irina rimase impietrita. Avrebbe voluto avvicinarsi, ma qualcosa la trattenne. Rimase ad osservare da lontano, senza trovare il coraggio di intervenire. Dopo quell’incontro, trascorse un intero anno senza che la sconosciuta facesse più ritorno.
Ma il giorno del compleanno del marito, Irina tornò al cimitero. E la vide di nuovo.
— Mi scusi… — disse con voce incerta — conosceva mio marito?
Era convinta di trovarsi di fronte all’amante del defunto. Ma la verità che stava per emergere era molto più dolorosa.
La donna si voltò. Nei suoi occhi si leggeva un misto di ansia e dolcezza.
— Sì. Mi scusi se ho invaso il suo spazio — disse. — Non riuscivo a non venire qui.
— Chi è lei? — sussurrò Irina. — Era… vicina a lui?
La voce le tremava. La sconosciuta tirò fuori un foglio stropicciato dalla tasca e glielo porse con mano esitante.
— Ero al volante. Di quell’auto. Quando… è accaduto.
Il mondo parve crollare attorno a Irina. Un ronzio le riempì le orecchie. Non riusciva a proferire parola.
— Non sono fuggita — continuò la donna. — Sono rimasta sul posto, ho chiamato i soccorsi, sono stata interrogata, ho affrontato un processo. Mi hanno assolta: stava attraversando fuori dalle strisce pedonali. Ma tutto questo non conta. Convivo con quel giorno ogni singolo istante. Volevo solo… fare qualcosa. Qualcosa che potesse dare un senso a tutto questo dolore, se mai fosse possibile.
Irina rimase in silenzio a lungo. Il foglio tra le mani tremava. Era il referto ufficiale dell’incidente. Ricordava bene: allora non erano mai riusciti a individuare il responsabile.
— È venuta qui per tutto questo tempo? — chiese sottovoce.
— Sì. Spesso. A volte anche di notte. Non ho mai cercato il perdono — rispose la donna.
Irina si avvicinò lentamente alla tomba, si fermò accanto al marmo ancora umido di rugiada e rimase in silenzio. Poi, con voce calma, disse:
— Era testardo. Gliel’ho detto mille volte di non attraversare tagliando la strada…
Poi si voltò verso la donna.
— Se ne vada — aggiunse con tono pacato. — Non perché la odio. Ma perché lui non mi avrebbe mai perdonata se avessi permesso che lei continuasse a soffrire per sempre.
La sconosciuta accennò un gesto, come per voler replicare, ma si trattenne. Fece un cenno con il capo e si allontanò in silenzio, senza mai voltarsi.
Add comment