Il giornalista Paolo Mieli è stato recentemente oggetto di aspre critiche dopo una sua affermazione riguardante Souzan Fatayer, una palestinese residente a Napoli, docente all’Università Orientale e candidata con Avs alle prossime elezioni regionali della Campania. Durante la trasmissione “24 Mattino” su Radio24, Mieli ha descritto Fatayer come una “palestinese che esalta Hamas, in leggerissimo sovrappeso”. Questa frase ha immediatamente suscitato la reazione del conduttore, Simone Spetia, che ha cercato di minimizzare il commento dicendo: “Paolo, questo però è poco importante, dai, è poco importante”.
Mieli ha quindi cercato di chiarire la sua posizione, affermando: “Però se lì la campagna è sulla fame, la carestia… non lo dico come giudizio estetico… lo dico per il fatto che Fatayer, questa signora presentata così, ‘palestinese napulitana’, suscita ironie”. Tuttavia, il suo tentativo di giustificare le sue parole non è bastato a placare le polemiche.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Rosario Andreozzi, consigliere comunale di Napoli, ha denunciato le affermazioni di Mieli come “vergognose”, sottolineando che un uomo con un “immenso potere mediatico” come lui non dovrebbe usare il suo spazio per negare il genocidio e insultare una donna. Ha definito le parole di Mieli come “sessismo, razzismo e violenza verbale”. Anche Peppe De Cristofaro, capogruppo di Avs al Senato, ha attaccato il giornalista, chiedendosi quale fosse la colpa di Fatayer: “Il fatto di essere palestinese? O di essere napoletana? E che vuol dire il riferimento al sovrappeso?”.
De Cristofaro ha continuato a criticare Mieli, affermando che le sue parole sono “vergognose” e che rappresentano un esempio di come l’Italia stia perdendo libertà di stampa. Ha inoltre messo in dubbio la veridicità delle affermazioni di Mieli riguardo alla situazione a Gaza, suggerendo che le sue parole fossero un modo subdolo per negare l’uso della fame come strumento di guerra.
Anche la Cgil Campania ha rilasciato un comunicato, affermando che “negare il genocidio, negare la carestia, negare la morte di oltre 60mila civili non fa altro che rendere l’Italia complice di tutto ciò”. La gravità delle affermazioni di Mieli ha quindi sollevato un ampio dibattito sulla responsabilità dei media e sull’uso del linguaggio nel trattare temi delicati come quello del conflitto israelo-palestinese.
In risposta alle polemiche, Souzan Fatayer ha dichiarato: “Non ho paura di Mieli né dei suoi simili. Mi ha attaccato come palestinese e come donna. Si deve solo vergognare. Se i giornalisti si sentono coerenti con il loro ‘giuramento’ dovrebbero radiarlo”. La sua reazione ha messo in luce non solo l’offesa personale, ma anche il contesto più ampio in cui tali commenti possono influenzare la percezione pubblica della comunità palestinese e delle donne in generale.
Le parole di Mieli sono state interpretate da molti come una battuta o una provocazione inopportuna, come ha notato Simone Spetia. Tuttavia, il dibattito ha preso una piega più seria, evidenziando una mancanza di senso dell’ironia e della misura in certe frange del panorama politico. Una frase considerata “scorretta” ha innescato un’ampia discussione su temi complessi come il genocidio, la violenza contro le donne e il pregiudizio nei confronti dei palestinesi, con riferimenti che a molti sono sembrati fuori luogo.
In un contesto in cui l’opinione pubblica è sempre più polarizzata, le affermazioni di Mieli sembrano riflettere una frattura profonda nel discorso pubblico. Infatti, quando una donna viene insultata da un sostenitore pro-palestinese, come nel caso di Giorgia Meloni, che è stata definita “cortigiana” dal leader della Cgil, Maurizio Landini, le reazioni sembrano essere meno intense.



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