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Luca Losardo denuncia un’aggressione omofoba a Torino, coinvolto un locale che respinge le accuse e annuncia azioni legali per tutelare la propria immagine



Un episodio di presunta violenza omofoba ha scosso il centro di Torino. Il protagonista della vicenda è Luca Losardo, uno studente e attivista LGBTQ+, che ha raccontato sui social di essere stato vittima di insulti e aggressioni fisiche nei pressi di piazza Vittorio Veneto. La denuncia ha generato un acceso dibattito online, coinvolgendo anche il locale Saudade, il cui personale è stato accusato da Luca di aver partecipato all’aggressione. Tuttavia, il ristorante ha smentito categoricamente qualsiasi coinvolgimento, annunciando azioni legali per difendere la propria reputazione.



Secondo quanto riportato da Luca Losardo, l’episodio si sarebbe verificato lunedì 7 luglio mentre camminava in pieno centro cittadino. L’attivista ha dichiarato di aver sentito ripetutamente la parola “frocio” pronunciata ad alta voce. Quando ha cercato di capire chi fosse stato, un ragazzo avrebbe riso, mentre un altro avrebbe rivendicato apertamente l’insulto. A quel punto, Luca avrebbe chiesto se i presenti appartenessero alla comunità LGBTQ+. La domanda avrebbe scatenato una reazione violenta: “Gli ho chiesto se facesse parte della comunità LGBTQ+ e lui mi ha risposto ‘Come ti permetti?’, cercando subito di colpirmi con un pugno. Poi sono intervenuti anche i suoi amici”, ha raccontato l’attivista.

La situazione sarebbe ulteriormente peggiorata quando, secondo la ricostruzione di Luca, un uomo legato al bar Saudade sarebbe intervenuto per allontanarlo con forza. “È stato lui a darmi la botta in faccia mentre filmavo”, ha affermato nel video pubblicato sul suo profilo Instagram. Il filmato, che mostra il momento della spinta e parte dell’aggressione, è diventato virale, suscitando reazioni contrastanti. Da un lato, molti utenti hanno espresso solidarietà nei confronti dell’attivista; dall’altro, il locale chiamato in causa ha respinto ogni accusa.

Attraverso una nota ufficiale diffusa dall’avvocato Gino Arnone, il ristorante Saudade ha negato categoricamente qualsiasi coinvolgimento del proprio personale nell’accaduto. “Le affermazioni apparse online sono gravi e infondate. Nessun membro del nostro staff è stato coinvolto in episodi di aggressione o insulti a sfondo omofobo”, si legge nella dichiarazione. L’avvocato ha inoltre sottolineato che le accuse danneggiano l’immagine di un’attività commerciale che si è sempre distinta per il rispetto e l’inclusività: “Si tratta di dichiarazioni totalmente prive di fondamento che danneggiano la reputazione, l’immagine e l’onorabilità di un’attività commerciale che si è sempre distinta per il rispetto, l’accoglienza e l’inclusività nei confronti di ogni persona, indipendentemente da genere o orientamento sessuale”.

La direzione del locale ha ribadito la propria posizione, condannando fermamente ogni forma di violenza e discriminazione. Inoltre, ha annunciato l’intenzione di intraprendere azioni legali per tutelare la propria immagine e ristabilire la verità sull’accaduto.

Nel frattempo, Luca Losardo continua a utilizzare i social come piattaforma per sensibilizzare l’opinione pubblica su temi legati alla discriminazione e alla violenza omofoba. “Dobbiamo resistere. Il marciume dell’omofobia avalla chi la perpetra. Proteggiamoci dalle aggressioni, anche riprendendo”, ha scritto nel post che accompagna il video. L’attivista ha anche sottolineato che non è la prima volta che si trova vittima di episodi simili: “Non è la prima volta che mi succede. Lasciamo marcire il patriarcato”.

La vicenda ha acceso un dibattito su temi come l’omofobia e la responsabilità sociale dei luoghi pubblici. Mentre le indagini per chiarire quanto accaduto proseguono, il caso solleva interrogativi più ampi sulla sicurezza e sul rispetto delle diversità nelle città italiane.

Il video condiviso da Luca Losardo ha generato centinaia di commenti e condivisioni, diventando virale in poche ore. Tuttavia, il clamore mediatico ha portato anche a polemiche e accuse reciproche tra le parti coinvolte. Da una parte, l’attivista chiede giustizia e sensibilizzazione; dall’altra, il locale difende la propria immagine e respinge ogni accusa.

La questione resta aperta e potrebbe evolversi ulteriormente con lo sviluppo delle indagini o con eventuali procedimenti legali. Nel frattempo, la vicenda rappresenta un caso emblematico che richiama l’attenzione su temi delicati come la discriminazione e la tutela dei diritti delle persone LGBTQ+ in Italia.



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