Una vita segnata da cadute e ripartenze. Qualche anno fa sembrava che Gianluca Bessegato avesse trovato una certa stabilità: lavorava per un’azienda di Silea e svolgeva anche il ruolo di custode. Poi l’impresa ha chiuso e, da lì, per lui è iniziata una lenta discesa. Rimasto senza lavoro, ha progressivamente perso tutto, fino a ritrovarsi a dormire in un furgone parcheggiato nel quartiere San Paolo. Le ultime notti, invece, le aveva trascorse nell’atrio dell’ospedale Ca’ Foncello. Martedì il suo corpo è stato trovato senza vita in un fosso di via Cendon, a Silea, vicino agli impianti sportivi: è morto di freddo. Aveva 58 anni.
«Non era un barbone. Per tre anni aveva lavorato per un’azienda di Silea, con un buon stipendio», racconta la sorella Cinzia. «Poi tutto è precipitato. Era però troppo orgoglioso della sua indipendenza per accettare facilmente degli aiuti. Martedì avrei dovuto accompagnarlo al centro d’ascolto della Caritas, per trovargli un posto dove dormire. Ero andata a prenderlo davanti all’ospedale, ma non l’ho più trovato».
La vita di Gianluca non era mai stata semplice. Nato a Treviso, fino a una decina d’anni fa viveva a Lovadina con una compagna, ma la relazione era finita e lui, in seguito, era stato seguito dai servizi sociali di Spresiano. Poi si era allontanato, senza cambiare residenza. Nel 2019 si era rivolto alla comunità di Sant’Egidio per ricevere dei pasti, salvo poi sparire di nuovo. In passato aveva avuto problemi di tossicodipendenza, superati da 17 anni, sottolinea la sorella. Ma nel tempo era subentrato l’alcolismo. Cinzia aveva sempre cercato di aiutarlo e di seguirne gli spostamenti. La famiglia, intanto, era stata colpita da più lutti: Gianluca aveva perso due fratelli, Angelo vent’anni fa e Roberto quattro anni fa. Rimanevano solo le sorelle, Cinzia e Adriana.
«Tutti sapevano che Gianluca dormiva in quel furgone a San Paolo – afferma Cinzia – ma, nonostante tutte le difficoltà, è stato abbandonato dalle istituzioni». Lo scorso marzo lui stesso aveva scritto un drammatico post su Facebook: «Sono preso male, per strada, senza una lira. Dormo sotto un portone. Ho perso tutto. Sono rimasto solo».
Ora la sorella chiede chiarezza sulle ultime ore di vita: «Non credo si sia spinto da solo dall’ospedale fino a via Cendon. Al buio ci vedeva pochissimo. Cos’è accaduto? Qualcuno lo ha accompagnato? È stato lasciato lì? Spero che venga fatta luce. Una cosa è certa: mio fratello non voleva morire». La Procura, tuttavia, ha deciso di non disporre l’autopsia.
È stata proprio Cinzia a riferire agli inquirenti gli ultimi movimenti del fratello: «Sabato, da San Paolo, aveva chiamato un’ambulanza perché non si sentiva bene. È stato portato in ospedale e dimesso la domenica. Nel pomeriggio era nella zona del bar Rok, a San Liberale. Poi aveva preso il bus della linea 9 ed era tornato a dormire al Ca’ Foncello. Lunedì era rientrato a San Paolo e da quel momento non l’ho più visto. Martedì mattina ero tornata all’ospedale per prenderlo e accompagnarlo alla Caritas, ma non c’era più».
Lunedì notte gli agenti della polizia locale lo avevano notato mentre camminava in via Macello, nella zona dell’ex Chiari e Forti, senza però rilevare nulla di anomalo. Non si esclude che possa aver avuto un malore nei pressi degli impianti sportivi di via Cendon. Sul corpo non sono stati trovati segni di violenza. La famiglia ha già avviato le procedure per il funerale, che si terrà nei prossimi giorni nella chiesa di Santa Bona.



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