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“Non volevano altro che quel casolare”: i vicini parlano, il comune aveva proposto una sistemazione alternativa



I tre fratelli Ramponi, noti per il loro carattere riservato e chiuso, sono stati arrestati dopo essere accusati di aver provocato un’esplosione nella loro casa di Castel d’Azzano. L’incidente, avvenuto nella notte, ha causato la morte di tre carabinieri: Marco Piffari, Valerio Daprà e Davide Bernardello, e ha lasciato ferite circa quindici persone. La comunità è rimasta scioccata da questo tragico evento, che ha messo in luce le tensioni esistenti tra i fratelli e i loro vicini.



Secondo le testimonianze raccolte, i Ramponi avrebbero riempito la loro abitazione di gas e, una volta aperta la porta da parte delle forze dell’ordine, è avvenuta la deflagrazione. Un vicino ha descritto la scena, affermando: “Hanno riempito la casa di gas, poi hanno preso qualche congegno esplosivo e quando è stata aperta la porta è scoppiato tutto.” L’esplosione è stata così potente che alcuni residenti, anche a distanza, hanno avvertito il rumore, con i vetri delle finestre che tremavano. Un altro vicino ha aggiunto che “abbiamo subito capito da dove provenisse, anche perché ultimamente ci sono stati episodi paurosi.”

La storia dei Ramponi è caratterizzata da una lunga serie di conflitti con i residenti della zona. Alcuni cittadini hanno riferito che “sono quarant’anni che la gente non parla con loro”, evidenziando il clima di isolamento in cui vivevano. I fratelli avrebbero già minacciato in passato di lanciarsi dal tetto se fosse stato eseguito lo sfratto. Nel 2024, invece, hanno scelto di ricorrere a metodi estremi per evitare di essere cacciati dalla loro casa.

Un vicino, che ha conosciuto uno dei fratelli, Dino, ha raccontato: “Ha fatto le scuole elementari e le medie con me. I Ramponi erano particolari, molto timidi.” La sua testimonianza ha messo in luce come i fratelli avessero avuto diversi problemi legali nel corso degli anni. Vivendo di agricoltura, i Ramponi lavoravano spesso di notte per evitare di attirare l’attenzione dei vicini. Questa scelta ha portato a un incidente mortale sul lavoro, che ha segnato l’inizio di una serie di guai legali, culminati con il pignoramento della loro casa, che era finita all’asta.

La decisione di riempire la casa di gas sarebbe stata presa dopo aver ricevuto la notifica dello sfratto. Nonostante il Comune avesse offerto loro un appartamento alternativo, i Ramponi avrebbero rifiutato l’offerta. Secondo i residenti, “Non vogliono una casa, vogliono solo quella casa, andare avanti lì.” La situazione era diventata insostenibile, poiché nell’abitazione non c’erano più luce o gas, e vivevano in condizioni precarie.

Dopo l’esplosione, la comunità di Castel d’Azzano si è mobilitata per supportare le vittime e le famiglie colpite dall’incidente. Gli agenti delle forze dell’ordine e i soccorritori hanno lavorato instancabilmente per gestire le conseguenze dell’esplosione, mentre i cittadini esprimono la loro solidarietà a coloro che sono stati coinvolti. Le autorità locali hanno avviato un’indagine approfondita per chiarire le circostanze dell’incidente e per garantire che simili tragedie non si ripetano in futuro.

L’evento ha suscitato anche preoccupazioni più ampie riguardo alla sicurezza nelle abitazioni e alla gestione delle situazioni di sfratto. La morte dei tre carabinieri ha colpito profondamente la comunità, che ora si trova a dover affrontare il lutto e la ricerca di risposte in un contesto di crescente tensione sociale.



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