Minacce inquietanti sono state rivolte alla famiglia di Santo Romano, il giovane tragicamente ucciso nella notte tra il 1 e il 2 novembre scorso a San Sebastiano al Vesuvio, in provincia di Napoli. A denunciare il fatto è l’avvocato Marco De Scisciolo, che rappresenta la famiglia della vittima. Secondo quanto dichiarato dal legale, i messaggi intimidatori sarebbero apparsi su alcuni profili TikTok e sembrano indirizzati proprio ai parenti del ragazzo deceduto.
L’avvocato ha dichiarato che presenterà una nuova denuncia alle autorità competenti per questi episodi, definiti “gravissimi”. Nelle sue parole: “Su nostra denuncia, il minorenne condannato per l’assassinio di Santo Romano è stato trovato in possesso di due cellulari mentre era detenuto in due carceri minorili diversi e, in un’occasione, finanche di un coltello rudimentale”. Questi episodi, secondo De Scisciolo, sarebbero collegati alla pubblicazione dei messaggi minatori sui social.
Tra le frasi apparse online, una in particolare ha destato grande preoccupazione: “I vostri nomi sono sulle pallottole della mia pistola”. Questo messaggio, pubblicato su un profilo TikTok riconducibile al condannato o a suoi sostenitori, è stato interpretato come un chiaro segnale intimidatorio diretto alla famiglia Romano.
Il giovane responsabile della morte di Santo Romano, già condannato in primo grado a 18 anni e 8 mesi di reclusione per l’omicidio, è stato recentemente sottoposto a interrogatorio per il ritrovamento dei cellulari nelle sue celle. I dispositivi erano stati scoperti prima nel carcere minorile di Airola, dove era inizialmente detenuto, e successivamente nel carcere di Casal del Marmo, dove si trova attualmente. Durante l’interrogatorio, il ragazzo ha ammesso di aver utilizzato i telefoni per comunicare con la sua famiglia e per pubblicare fotografie sui social. Tuttavia, non gli sono state contestate le immagini pubblicate su altri profili che contenevano frasi di scherno nei confronti della sentenza emessa nei suoi confronti.
La vicenda dei cellulari in carcere ha sollevato ulteriori interrogativi sulla sicurezza e sul controllo all’interno delle strutture detentive minorili. Secondo quanto riferito dall’avvocato De Scisciolo, l’uso dei dispositivi avrebbe permesso al ragazzo di mantenere un contatto con l’esterno e, presumibilmente, di orchestrare o ispirare la pubblicazione dei messaggi minatori. “Qualche giorno dopo la scoperta dei telefoni – ha aggiunto il legale – sono comparsi post palesemente indirizzati alla famiglia di Santo Romano, verosimilmente riconducibili alle denunce che avevamo presentato per i cellulari”.
Il clima attorno alla tragedia si fa sempre più teso, con la famiglia della vittima che continua a vivere sotto una costante minaccia. La comunità di San Sebastiano al Vesuvio è scossa da questi sviluppi, mentre le autorità giudiziarie stanno indagando per risalire agli autori dei post intimidatori. La questione si inserisce in un contesto già complesso, caratterizzato da episodi di violenza e dalla difficoltà nel garantire la sicurezza all’interno delle carceri minorili.
Nel frattempo, i legali della famiglia Romano si dicono determinati a proseguire nella loro battaglia legale per ottenere giustizia per la morte del giovane. L’avvocato De Scisciolo ha ribadito: “Continueremo a denunciare ogni episodio che possa mettere a rischio l’incolumità della famiglia di Santo Romano o che rappresenti una violazione delle norme da parte del condannato”. La vicenda resta sotto i riflettori, con l’attenzione rivolta sia alla sicurezza della famiglia della vittima sia alle condizioni all’interno delle strutture detentive.
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