Giornata ad altissima tensione a Montecitorio, dove la Camera dei Deputati è stata teatro di uno scontro senza precedenti. La seduta, iniziata già in un clima incandescente, è degenerata in una rissa verbale e fisica che ha costretto il vicepresidente Sergio Costa, alla presidenza dell’aula, a sospendere i lavori.
Al centro dello scontro due temi tra i più divisivi dell’attuale panorama politico: da un lato la terza approvazione della riforma sulla separazione delle carriere tra magistrati e pubblici ministeri, dall’altro le proteste delle opposizioni contro la gestione del conflitto in Gaza da parte del governo italiano.
Il momento che ha fatto esplodere la tensione è arrivato poco dopo mezzogiorno, quando il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, si è alzato in piedi per celebrare quella che ha definito una «grande vittoria» della maggioranza. Un gesto simbolico che voleva rendere omaggio a Silvio Berlusconi, storico sostenitore della riforma. Contemporaneamente, il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto ha alzato i pugni al cielo in segno di trionfo.
Questi atteggiamenti, giudicati dalle opposizioni come una provocazione, hanno scatenato la reazione furibonda dei gruppi di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. La capogruppo del PD Chiara Braga ha attaccato frontalmente Tajani, accusandolo di alimentare la tensione con cori e manifestazioni di giubilo.
La protesta si è sovrapposta alle denunce già in corso da parte della sinistra per la «carneficina a Gaza». Deputati come Gianni Cuperlo, Enzo Amendola, Roberto Speranza, Luca Fornaro e la segretaria PD Elly Schlein hanno lasciato i loro scranni per avvicinarsi ai banchi del governo. Il gesto ha innescato un escalation verbale che in pochi minuti è sfociata in un tafferuglio fisico. Alcuni parlamentari sono venuti alle mani, costringendo i commessi della Camera a intervenire per dividere i contendenti.
Un ulteriore elemento di frizione è arrivato sul caso del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, applaudito dai banchi della maggioranza per non aver partecipato al voto della Commissione UE sulle sanzioni a Israele. Una scelta che le opposizioni hanno letto come un segnale politico di sostegno al governo israeliano, ignorando la sofferenza del popolo palestinese.
La combinazione tra la celebrazione della riforma giudiziaria e la protesta sul conflitto mediorientale ha prodotto un clima ingestibile. L’aula è diventata un’arena in cui due visioni contrapposte – la rivendicazione di una riforma storica e la denuncia della tragedia umanitaria in Medio Oriente – si sono scontrate senza possibilità di mediazione.
La sospensione della seduta è stata l’unica misura possibile per tentare di riportare l’ordine. Resta però la fotografia di un Parlamento profondamente diviso, in cui i conflitti interni si intrecciano con quelli internazionali, trasformando la dialettica politica in uno scontro aperto.



Add comment