In una lunga intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, Rolando Ravello ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera, segnata da incontri con maestri del cinema italiano come Ettore Scola e Alberto Sordi. Un percorso che lo ha visto attraversare “ere geologiche” del grande schermo, lasciando un’impronta discreta ma profonda.
La beffa della Coppa Volpi mai ricevuta
Ravello racconta con ironia un episodio che ancora oggi conserva il sapore amaro di una beffa. Gli era stato comunicato che avrebbe ricevuto la prestigiosa Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia. Emozionato, condivide subito la notizia con amici e compagna, offrendo loro viaggio e soggiorno per festeggiare insieme. Ma la mattina seguente arriva la doccia fredda:
“Mi convocano dal Festival: ‘Ci dispiace, niente Coppa. Non è mai stata assegnata a un esordiente’. Poi aggiungono: ‘Devi rientrare a Roma, la stanza d’albergo non è coperta’.”
Un colpo duro, soprattutto per le opportunità che quel premio avrebbe potuto aprirgli. Eppure Ravello non serba rancore: tra le sue consolazioni, il riconoscimento ricevuto da colleghi del calibro di Alberto Sordi – che lo omaggiò proprio sul palco di Venezia – e Vittorio Gassman.
Il trauma per la morte di Pietro Taricone
Tra i momenti più dolorosi della sua vita, Ravello ricorda la tragica scomparsa di Pietro Taricone, con cui aveva stretto un forte legame durante le riprese della serie La Nuova Squadra. Un’amicizia cementata anche dalla passione condivisa per il paracadutismo, disciplina che costò la vita a Taricone il 29 giugno 2010.
“Quel giorno ero con lui, ci lanciavamo insieme. Dopo la sua morte ho iniziato un percorso di analisi durato nove anni.”
Di Taricone conserva un ricordo profondo:
“Aveva il gusto della verità. Diceva tutto in faccia, con un’umiltà disarmante.”
Il trauma è ancora vivo:
“Dopo quell’incidente, sono tornato due volte al campo di lancio, ma non sono mai riuscito a scendere dall’auto. Non mi lancio più.”



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