La giornata di domani vedrà il Parlamento europeo impegnato in un voto decisivo sulla mozione di sfiducia nei confronti di Ursula von der Leyen. L’esito della votazione non è scontato: pur non dati numeri certi, è evidente che l’iniziativa sia stata un test per valutare la solidità della sua leadership e del suo sostegno all’interno delle principali famiglie politiche europee.
La mozione – trascinata dagli eurodeputati di estrema destra e guidata dal rumeno Gheorghe Piperea – punta il dito contro la presunta opacità nei rapporti con la Pfizer e l’assenza di trasparenza nella gestione delle text‑message con il CEO del colosso farmaceutico. Il caso, noto come “Pfizergate”, ha portato la Corte di giustizia dell’Unione Europea a stigmatizzare la Commissione, dichiarando che non ha fornito spiegazioni “plausibili” sulla mancata disponibilità dei messaggi e ha annullato la decisione di mancata divulgazione .
Durante le discussioni del dibattito a Strasburgo, von der Leyen ha definito la mozione come “teorie del complotto” e “strumentalizzazione da parte degli estremisti”, rivendicando di non aver fatto nulla di illegittimo, ma ammettendo comunque la necessità che gli MEP pro‑europei restino uniti ().
La mozione richiede una maggioranza qualificata (due terzi dei votanti) per passare. Al momento, Ppe, Socialisti & Democratici, Renew Europe e Verdi/Efa hanno già dichiarato che respingeranno l’iniziativa . Nonostante questo schieramento, nel centro‑sinistra e nei liberali emergono forti segnali di scontento: molti temono un’eccessiva centralizzazione del potere alla Commissione e criticano la scarsa trasparenza delle decisioni, in particolare nel campo della difesa e delle politiche ambientali ().
Nel gruppo dei Conservatori e Riformisti (Ecr), invece, la spaccatura è evidente: delegazioni polacche e rumene appoggiano la sfiducia, mentre Fratelli d’Italia, rappresentata da Nicola Procaccini, voterà contro definendo la mozione un “regalo agli avversari politici” .
Anche l’ala sinistra del Parlamento, “The Left”, è divisa: Movimento 5 Stelle, i belgi del Partito del Lavoro e i portoghesi di Bloco de Esquerda voteranno a favore; altre formazioni, come Linke e La France insoumise, opporranno resistenza a un’intesa con le destre ().
Pur conscia del fatto che il voto sarà superato, la presidente percepisce la forte pressione: un’alta percentuale di astensioni o voti contrari all’interno del blocco pro‑Europeo potrebbe trasformarsi in un segnale politico significativo, minando la credibilità della Commissione ().
Negli ultimi mesi, la leadership di von der Leyen è stata messa in discussione su più fronti: dalla gestione dell’energia e dell’agricoltura alla risposta alla crisi migratoria, passando per la strategia sull’Ucraina e il Green Deal. Il dibattito a Strasburgo ha evidenziato il contrasto tra coloro che chiedono una visione più pragmatica e chi la accusa di aver favorito alleanze pericolose con forze euroscettiche ().
A livello istituzionale, oltre al “Pfizergate”, vi sono contestazioni per possibili interferenze elettorali in Germania e Romania, e l’uso controverso del trattamento d’urgenza S.A.F.E. per finanziare la difesa . Per i promotori della mozione, queste vicende denotano una gestione “opaca e discrezionale” che mina la fiducia nei confronti dell’Ue .
Il voto di domani non è solo un momento politico, ma una verifica dell’equilibrio tra coesione istituzionale e accountability democratica dell’Unione Europea. von der Leyen dovrà dimostrare non solo di avere la maggioranza numerica, ma anche di possedere legittimità politica per guidare la Commissione. In caso contrario, la sua posizione rischia di diventare insostenibile, aprendo scenari di rimpasto istituzionale e ridefinizione del progetto europeo.



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