Ieri, con la consueta solennità, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato al Ministro dell’Interno per esprimere la sua solidarietà agli agenti delle Forze dell’Ordine feriti durante le manifestazioni pro-Palestina. Un gesto doveroso, si potrebbe obiettare. Tuttavia, le perplessità non mancano. E non potrebbe essere diversamente. Già, perché parliamo dello stesso Presidente che qualche mese fa, all’indomani degli scontri tra polizia e studenti a Pisa, aveva dichiarato: “Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”. Un messaggio chiaro, forse anche troppo, lanciato al Ministero dell’Interno come un avvertimento: basta con la repressione del dissenso, guai a chi tocca i ragazzi che manifestano. In sintesi, le Forze dell’Ordine ieri erano da condannare, oggi da confortare. Dipende dal momento?
Nel caso di Pisa, Mattarella fu netto: la vera autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura “sui manganelli”. L’eco delle sue parole si diffuse su tutti i principali organi di informazione. Il Quirinale intervenne addirittura con una nota ufficiale, seguita da una telefonata al Ministro Piantedosi per sottolineare che gli scontri con gli studenti erano inaccettabili. Ma oggi, di fronte a poliziotti aggrediti, feriti, insultati e demonizzati nei cortei pro-Palestina, il tono è cambiato. Nessun discorso sull’autorevolezza, nessuna frase d’effetto. Solo un “augurio di pronta guarigione” e solidarietà da far recapitare, per cortesia, tramite il Ministro. Verrebbe da chiedersi: ma allora i manganelli sono un fallimento solo quando finiscono su giovani con la kefiah? Quando invece i poliziotti vengono presi a sassate, sputi e insulti, non c’è altro da dire? O peggio: si cerca di equilibrare, di “bilanciare” le parole, come se ci fosse un mercato della morale.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è il garante della Costituzione. È noto. Ma è anche, a questo punto, il paladino indiscusso dell’equidistanza. Quando si tratta di condannare l’intervento delle forze dell’ordine a tutela dell’ordine pubblico, si esprime con fermezza. Quando invece si tratta di difendere chi quella divisa la indossa quotidianamente, con stipendi inadeguati e in mezzo a cortei accesi, arriva una telefonata di circostanza e basta. Nessuna parola sulla violenza dei manifestanti, sull’utilizzo strumentale della questione palestinese per incendiare le piazze italiane, sull’assalto sistematico all’autorità dello Stato. Nulla. Eppure proprio lui, il Presidente Mattarella, dovrebbe sapere che la libertà di manifestare – sacrosanta – non è un lasciapassare per devastare, bloccare città o aggredire agenti. Le forze dell’ordine sono presenti per garantire che le manifestazioni siano pacifiche. Ma quando queste degenerano in violenza, come si pretende che reagiscano? Con le margherite?
A seguito degli scontri verificatisi a Milano, le autorità competenti hanno proceduto all’arresto di alcuni individui, identificati come studenti universitari o liceali, di età simile a quella dei manifestanti di Pisa, il cui intervento da parte delle forze dell’ordine era stato definito dal Presidente Mattarella come “un fallimento”. Tra i maggiorenni fermati, il bilancio attuale è di tre arresti: due ragazze e un ragazzo, tutti intorno ai vent’anni. Le giovani donne sono accusate di resistenza aggravata e per loro è stata disposta un’udienza per direttissima, sebbene i legali sostengano che fossero spinte da altri individui. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, le due ragazze non sono nuove a manifestazioni di protesta, avendo già partecipato, e in seguito assolte, all’occupazione del Cinema Splendor due anni fa, in segno di protesta contro il caro affitti. Il ragazzo, invece, è accusato di resistenza aggravata e lesioni, con l’aggravante prevista dal nuovo “decreto sicurezza” in caso di aggressione alle forze dell’ordine. Il Pubblico Ministero Elio Ramondini ha richiesto al giudice per le indagini preliminari la convalida dell’arresto e una misura cautelare, disponendo la custodia cautelare in carcere per il ragazzo.
Sono inoltre coinvolti due minorenni, un ragazzo e una ragazza di 17 anni, frequentanti il liceo classico Carducci, per i quali è intervenuta la Procura per i minorenni. I due, durante gli scontri, hanno tentato di infrangere il cordone di polizia per accedere alla Stazione Centrale. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, i due ragazzi sono noti per le loro posizioni radicali e per l’adesione al collettivo «En révolte», una delle espressioni studentesche del centro sociale «Lambretta».
È necessario affrontare la situazione con la dovuta serietà. Non si è trattato di una semplice manifestazione, ma di un episodio di guerriglia urbana, come dimostrano i video attualmente analizzati dalla Digos e dalla Procura diretta da Marcello Viola. Tali filmati saranno determinanti per individuare i responsabili dei danneggiamenti aggravati. Al momento, tuttavia, non sono state formalizzate accuse nei confronti dei tre arrestati. Questo perché, nel nostro ordinamento, è necessario stabilire con precisione le responsabilità individuali. Nel frattempo, gli agenti delle forze dell’ordine vengono esposti a situazioni di pericolo, insultati, feriti e utilizzati come bersaglio. Successivamente, si assiste a un’ondata di solidarietà ipocrita, qualche titolo sui giornali e poi si torna alla normalità, in attesa della prossima manifestazione.
È importante sottolineare che l’utilizzo dei manganelli è stato oggetto di dibattito, con alcune autorità che lo hanno definito un segnale di fallimento. Tuttavia, è fondamentale garantire la sicurezza pubblica e prevenire ulteriori episodi di violenza. È necessario un approccio equilibrato che tuteli sia il diritto di manifestare sia l’ordine pubblico.



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