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Spagna pronta a saltare i Mondiali 2026 se Israele si qualifica: decisione senza precedenti



Dopo la decisione di non partecipare all’Eurovision 2026 in caso di presenza di Israele, la Spagna sta considerando un possibile ritiro anche dalla prossima edizione dei Mondiali di calcio. Il portavoce socialista al Congresso, Patxi López, ha dichiarato che, se sia la Spagna che Israele si qualificassero per il torneo, il governo spagnolo potrebbe prendere in considerazione l’idea di ritirare la nazionale, attualmente guidata dall’allenatore Luis de la Fuente. Questa eventualità rappresenterebbe un precedente significativo per la squadra, che ha vinto la Coppa del Mondo nel 2010.



López ha sollevato un interrogativo provocatorio: “Perché con la Russia sì e con Israele no? Dov’è la differenza?” Il politico ha aggiunto che il governo spagnolo intende chiedere agli organismi sportivi internazionali di sanzionare Israele e, se ciò non fosse possibile, non esclude la possibilità di ritirare la squadra: “Stiamo lavorando in questa direzione, poi valuteremo,” ha affermato.

Dal punto di vista legale, la Spagna ha la capacità di impedire la partecipazione della propria nazionale a eventi internazionali. Un decreto pubblicato nel 1982 sulla Gazzetta Ufficiale (BOE) stabilisce che le federazioni sportive devono ottenere l’approvazione del Consiglio Superiore dello Sport (CSD) per partecipare a competizioni internazionali. Questo processo richiede una comunicazione preventiva di almeno 15 giorni prima dell’evento, che deve includere dettagli sui partecipanti e sul budget, previa consultazione con il Ministero degli Esteri.

Il regolamento, derivante dalla Legge 13/1980, conferisce al CSD il potere di autorizzare le attività sportive internazionali, senza pregiudicare le competenze delle federazioni e del Comitato Olimpico. Tuttavia, un intervento diretto del governo in un torneo come il Mondiale potrebbe creare tensioni con la FIFA, che storicamente non tollera ingerenze politiche nelle questioni calcistiche. Attualmente, l’ipotesi di un ritiro resta remota, poiché la Spagna deve ancora qualificarsi, così come Israele, e solo in quel momento si potrà aprire il dibattito.

Nella storia dei Mondiali di calcio non si registrano casi in cui una nazionale si sia ritirata esclusivamente a causa della presenza di un’altra federazione avversaria. Tuttavia, ci sono stati episodi di boicottaggi o rinunce legate a motivazioni politiche, diplomatiche o di protesta, anche se non direttamente per la presenza di un singolo Paese rivale.

Nel 1938, l’Austria non partecipò al Mondiale di Francia a causa dell’Anschluss, l’annessione da parte della Germania nazista. Nel 1950, l’Argentina, il Perù e alcuni stati europei, come la Scozia, non presero parte al Mondiale brasiliano per motivi organizzativi e interni, non legati alla presenza di un singolo Paese. Nel 1966, diverse nazionali africane e asiatiche si ritirarono dalle qualificazioni in segno di protesta contro il sistema FIFA, che garantiva pochi posti ai continenti emergenti, mentre la Sudafrica dell’apartheid poteva competere.

Nel 1974, la Corea del Nord si ritirò dalle qualificazioni per non affrontare Israele, ma ciò avvenne prima del Mondiale, non una volta qualificata. Nel 1982, l’URSS rifiutò di giocare uno spareggio di qualificazione contro il Cile dopo il golpe di Pinochet, ma anche in questo caso non si trattava di una rinuncia ai Mondiali già raggiunti.

La questione del possibile ritiro della nazionale spagnola dai Mondiali del 2026 in caso di qualificazione di Israele sta suscitando dibattiti e discussioni sia nel panorama politico che sportivo. La posizione del governo spagnolo, sebbene ancora ipotetica, potrebbe avere ripercussioni significative nel contesto internazionale, evidenziando le tensioni politiche che influenzano anche il mondo dello sport. La Spagna, quindi, si trova di fronte a una scelta delicata, in un contesto in cui le questioni politiche e sportive si intrecciano sempre di più.



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