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Ucraina, papa Leone ignora Bruxelles e incontra Erdogan, riconoscendolo mediatore ufficiale per l’accordo di pace



Il Papa in campo contro la guerra. «Ci sono nuove e concrete proposte per la pace.
I rapporti di Erdogan con i presidenti di Russia, Ucraina e Usa possono promuovere il dialogo, il cessate il fuoco e risolvere il conflitto».



La Turchia ha un ruolo importante anche a Gaza dove l’unica soluzione sono i due Stati. Israele non la accetta, siamo voce di mediazione», dice sul volo Istanbul-Beirut.

In Libano il Pontefice evidenzia il «ruolo imprescindibile delle donne nel faticoso e paziente impegno per custodire e costruire la pace». Infatti «la loro partecipazione alla vita sociale, politica e religiosa è fattore di vero rinnovamento». I libanesi della diaspora sono il doppio dei 6 milioni che vivono nella loro terra.

In quella che un tempo era definita la “Svizzera del Medio Oriente” oggi «l’incertezza, la violenza, la povertà e molte altre minacce producono un’emorragia di giovani e di famiglie che con dolore lasciano la loro patria per cercare un futuro altrove».

Il Papa invoca così «operatori di pace» che osino «rimanere anche quando costa sacrificio e risulta più facile o conveniente fuggire altrove». Servono invece «coraggio e lungimiranza per restare o tornare nel proprio Paese», collaborando quotidianamente «allo sviluppo della civiltà dell’amore e della pace». …

Le ferite dell’Ucraina e del Medio Oriente irrompono nel viaggio papale. Tra le questioni centrali resta appunto quella di Gaza e della Palestina, con la prospettiva dei due Stati che non riesce a decollare.

«La Santa Sede già da diversi anni appoggia questa soluzione. Israele ancora non la accetta ma noi la vediamo come l’unica possibile nel conflitto che continuamente vivono.

Siamo anche amici di Israele e cerchiamo con le due parti di avvicinarci ad una soluzione giusta per tutti. Erdogan è d’accordo».

Il presidente turco gli ha anche messo a disposizione l’elicottero personale per la visita apostolica. Le campane delle chiese libanesi all’arrivo di Robert Francis Prevost suonano a festa. «Qui la pace è molto più di una parola, è un desiderio e una vocazione, è un dono e un cantiere sempre aperto. Anche in circostanze davvero complesse, conflittuali e incerte».

Il presidente della Repubblica Joseph Aoun implora il sostegno del Papa: «Nella nostra regione c’è molta oppressione. Non moriremo, né andremo via, né dispereremo, né ci arrenderemo. Resteremo qui, respireremo libertà».

Al confine i raid israeliani contro le postazioni di Hezbollah. Padre Giulio Albanese, direttore della Cooperazione missionaria al Vicariato di Roma e consigliere della Segreteria di Stato vaticana, cita la sociologa Monique Eckmann: «Si può disapprovare la politica d’Israele senza cadere nella trappola dell’antisemitismo. Quello israeliano può essere criticato come qualsiasi altro governo».

E aggiunge: «L’avversione viscerale tra le parti è un peccato contro Dio e l’uomo. Mai come oggi va oltrepassato il muro di omertà che rende complici di una geopolitica iniqua».



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