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Vietato portare a spasso i cani in Iran: considerati “impuri”, il Corano la pensa davvero così?



Camminare con un cane al guinzaglio nelle strade di Teheran e in altre città iraniane è diventato un atto rischioso a causa di un nuovo divieto che si inserisce in un contesto politico e religioso in evoluzione.



Questa decisione, che ha attirato l’attenzione dei media internazionali, è stata giustificata dalle autorità locali come una questione di “ordine pubblico” e “sicurezza”. I cani, infatti, vengono considerati “ritualmente impuri”, un concetto che trova legittimazione in alcune interpretazioni del Corano e in una direttiva della polizia del 2019, che già limitava la presenza di cani a Teheran e ora si estende anche a città come Ilam, situata nella parte occidentale dell’Iran.

Il problema della convivenza con i cani in pubblico ha radici che risalgono alla Rivoluzione islamica del 1979. Nonostante non esista una legge nazionale che vieti esplicitamente la detenzione di cani, sempre più città stanno adottando misure restrittive. Tuttavia, è importante notare che le motivazioni fornite dalle autorità non riflettono necessariamente la realtà. Si tratta, piuttosto, di decisioni ideologiche e politiche, che non sempre si basano su fondamenti religiosi solidi.

Infatti, nel Corano non si trovano passaggi che definiscano i cani come “animali impuri”. Al contrario, il versetto 5:4 menziona esplicitamente il valore positivo dei cani, affermando: “Vi è permesso mangiare ciò che catturano i vostri cani addestrati, cui avete insegnato come si insegna ai cani. Quindi mangiate ciò che catturano per voi, e dite il nome di Allah”. La percezione di impurità associata ai cani deriva principalmente da alcuni hadith, ovvero tradizioni orali che riportano le parole e le azioni del Profeta Maometto.

Queste tradizioni storicamente hanno avuto origine dalla necessità di contrastare una credenza diffusa in alcune culture, secondo cui la saliva di un cane fosse curativa. Per fermare la diffusione di malattie, le autorità religiose hanno emesso prescrizioni che hanno portato a messaggi negativi riguardanti i cani, i quali continuano a essere interpretati in modi diversi a seconda delle circostanze politiche attuali.

Analisti politici sottolineano che il divieto di portare cani in pubblico ha una funzione di controllo ideologico, mirata a promuovere una visione islamista e non semplicemente islamica. In molte nazioni dove il potere politico è dominato da esponenti religiosi, l’accettazione di animali domestici come i cani è vista come un segno di una cultura occidentale che si vorrebbe respingere. L’introduzione del concetto di “cane di famiglia” rappresenterebbe, per i governanti, un allargamento delle maglie del controllo sociale.

Tuttavia, la reazione della popolazione iraniana è stata di sfida. Molti cittadini continuano a portare i loro cani in strada, trasformando questi animali in simboli di resistenza contro leggi che vengono percepite come oppressive e liberticide. Questo atto di ribellione non solo si riferisce alla libertà personale, ma tocca anche le relazioni interpersonali e la capacità di vivere secondo le proprie convinzioni.

La situazione attuale in Iran riflette un conflitto più ampio tra ideologie politiche e libertà individuali, in cui la scelta di avere un cane può diventare un atto di dissenso. Le autorità, nel tentativo di mantenere il controllo ideologico, si trovano a fronteggiare una crescente opposizione da parte di cittadini che non intendono rinunciare ai propri diritti e alla propria libertà di scelta.



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