La Lega accusa il Comune di Roma e il sindaco Roberto Gualtieri di aver compromesso la libertà di stampa tutelata dall’art. 21 della Costituzione, dopo la richiesta di rimozione dei manifesti elettorali affissi in città.
Sintesi
La Lega denuncia un atto «grave, inaccettabile e incostituzionale», appellandosi all’art. 21 dopo che il Campidoglio ha ordinato la rimozione dei manifesti considerati contenenti stereotipi etnici e rappresentazioni discriminatorie.
Il Comune di Roma, guidato da Gualtieri, ha disposto la rimozione dei manifesti legati al Decreto Sicurezza per presunte violazioni delle norme etiche sugli spazi pubblicitari. I cartelloni mostravano slogan come «Scippi in metro? Ora finisci in galera senza scuse», associati a figure etnicamente stereotipate — come una persona di etnia rom in scena di criminalità nella metro, e immagini relative agli occupanti abusivi con una persona di colore, una di etnia rom e una “alternativa” .
La Lega ha reagito denunciando una censura politica, lamentando un presunto «bavaglio comunista». È stata definita «incostituzionale» la decisione del Comune, con il Carroccio che sollecita il rispetto dell’art. 21: «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» .
Il Comune risponde sostenendo che la rimozione sia avvenuta in seguito a segnalazioni da cittadini, e che i manifesti contenessero stereotipi etnici contrari alle norme vigenti sui contenuti delle pubblicità. Gli uffici del Campidoglio sottolineano che l’intervento è tecnico, non politico .
La Lega ha inoltre esortato il Campidoglio a pubblicare statistiche reali sui furti in metro e sulle occupazioni abusive, rifuggendo dalle “immagini artificiali” generate tramite intelligenza artificiale e proponendo l’uso di “immagini vere” . Il partito ha promosso la mobilitazione in tutte le sedi istituzionali per difendere la libertà di espressione e ha dichiarato di essere pronta a manifestare in piazza.
Le autorità romane insistono che si tratti di applicazione delle leggi sulla pubblicità etica, e invitano la Lega a concentrarsi su problemi concreti come la sicurezza nelle periferie, piuttosto che sui manifesti elettorali .
Tra i protagonisti del confronto anche i dirigenti leghisti Claudio Durigon e Alessandro Morelli, che hanno condotto l’offensiva mediatica contro il provvedimento comunale, definendo la decisione «incostituzionale» e un atto di censura verso il partito di Matteo Salvini .
Restano aperti i nodi giuridici relativi ai limiti previsti dall’art. 21 e alla Legge Mancino, che punisce l’incitamento alla discriminazione e all’odio razziale. Resta da chiarire se i manifesti contengano elementi discriminatori che giustificano l’intervento comunale oppure rappresentino effettivamente censura preventiva sul diritto di espressione politica. La Corte costituzionale ha più volte dichiarato incostituzionale ogni forma di censura preventivamente impostata sui mezzi di espressione, compresi i manifesti .
L’episodio segna un nuovo capitolo nello scontro tra Lega e amministrazione capitolina, con la campagna leghista sul dl Sicurezza messa sotto osservazione da parte del Campidoglio. La vicenda proseguirà ora nelle sedi legali e istituzionali: il Carroccio ha annunciato azioni in tutte le sedi per contestare la decisione, proponendo anche di rivendicare il diritto all’uso delle immagini reali invece di quelle “artificiali”.
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