Durante una conferenza dell’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto a Gerusalemme, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affrontato la questione della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza. Nel suo intervento, ha categoricamente respinto le accuse secondo cui Israele starebbe utilizzando la fame come mezzo di pressione sulla popolazione civile. Secondo il leader israeliano, non esiste alcuna crisi alimentare nella regione e le notizie in merito sarebbero false.
“Sin dall’inizio del conflitto, la nostra politica è stata chiara: colpire Hamas e non i civili. Abbiamo permesso alla popolazione di allontanarsi dalle aree di combattimento e garantito la fornitura di beni essenziali come cibo, acqua e medicinali. Questo è ciò che richiedono il diritto internazionale e il buon senso, e così abbiamo agito”, ha dichiarato Netanyahu. Ha poi aggiunto: “Abbiamo fornito 1,8 milioni di tonnellate di cibo e aiuti. È una quantità enorme. Per questo non c’è stata una carestia di massa, anzi, potrei dire il contrario.”
Nel corso del suo discorso, il premier ha anche fatto riferimento a immagini e video di prigionieri catturati a Gaza: “Quando prendiamo prigionieri, li dividiamo tra civili e combattenti e li fotografiamo. La prima cosa che facciamo è chiedere loro di togliersi la maglietta per verificare che non indossino giubbotti esplosivi. Migliaia di prigionieri si sono tolti la maglietta e non abbiamo visto nessuno denutrito. Al contrario, nei tunnel non si fa molto esercizio fisico, ma si riceve cibo.”
Tuttavia, queste affermazioni contrastano nettamente con i rapporti delle Nazioni Unite e delle principali organizzazioni umanitarie. Secondo quanto riportato dall’ONU e da diverse ONG, la situazione nella Striscia di Gaza è estremamente grave. Dall’inizio dell’operazione militare israeliana nell’ottobre 2023, è stato imposto un blocco quasi totale agli aiuti umanitari. Dal 2 marzo, l’embargo è diventato completo, bloccando l’ingresso di cibo, acqua, medicinali e carburante nella regione.
Fonti delle Nazioni Unite riferiscono che oltre 2 milioni di persone nella Striscia sono a rischio imminente di carestia. Decine di bambini sono già morti per denutrizione, secondo quanto dichiarato dagli esperti dell’organizzazione. Philippe Lazzarini, capo dell’Unrwa, l’agenzia ONU per l’assistenza ai rifugiati palestinesi, ha recentemente accusato Israele di utilizzare la fame come “arma di guerra”. Ha sottolineato come l’embargo stia causando sofferenze insostenibili alla popolazione civile.
Un rapporto dell’Integrated Food Security Phase Classification (IPC) ha confermato che circa 470.000 persone a Gaza stanno vivendo una condizione definita “fame catastrofica” (Fase 5 IPC), mentre l’intera popolazione della Striscia è colpita da insicurezza alimentare acuta. L’IPC ha avvertito che la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare se non verranno prese misure immediate per consentire l’ingresso degli aiuti umanitari.
Nonostante queste evidenze, Netanyahu ha continuato a respingere le accuse rivolte al governo israeliano, definendole “menzogne”. Ha insistito sul fatto che Israele sta rispettando gli obblighi previsti dal diritto internazionale e che non vi è alcuna intenzione di colpire i civili.
La crisi umanitaria a Gaza ha attirato l’attenzione della comunità internazionale negli ultimi mesi. Diverse nazioni e organizzazioni hanno chiesto un cessate il fuoco immediato e l’apertura di corridoi umanitari per consentire la distribuzione degli aiuti essenziali. Gli Stati Uniti hanno recentemente proposto una tregua di sessanta giorni e la restituzione di nove ostaggi in cambio di un allentamento delle tensioni nella regione.
La situazione rimane però estremamente tesa, con entrambe le parti che continuano ad accusarsi reciprocamente. Mentre Israele sostiene di agire nel rispetto delle leggi internazionali, le organizzazioni umanitarie denunciano un disastro umanitario senza precedenti nella Striscia di Gaza.
Le dichiarazioni di Netanyahu hanno suscitato reazioni contrastanti sia a livello locale che internazionale. Da un lato, i sostenitori del governo israeliano difendono le sue affermazioni, sottolineando l’impegno del paese nel fornire aiuti alla popolazione civile. Dall’altro lato, numerosi esperti e attivisti ritengono che tali dichiarazioni non riflettano la realtà sul campo.
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