La situazione nella Striscia di Gaza si fa sempre più drammatica, non solo per la popolazione civile, ma anche per coloro che cercano di raccontare al mondo le atrocità del conflitto. Tra questi, i giornalisti locali vivono in condizioni estremamente precarie, spesso condividendo le stesse sofferenze delle persone che documentano. È il caso di Sally Abdullah Thabit, corrispondente di Alkofiya TV, che due giorni fa è svenuta durante una diretta televisiva a causa della fame.
La reporter, intervistata da Fanpage.it, ha descritto le difficoltà che affronta quotidianamente nel suo lavoro. “Due giorni fa stavo seguendo un servizio in diretta da Zekim, nel nord della Striscia, dove l’occupazione israeliana aveva appena commesso un nuovo massacro di persone affamate in cerca di cibo. Mentre parlavo in live, ho avuto un crollo fisico. Ho sentito il cuore accelerare, la pressione è calata, ho avuto nausea. Mi sono accasciata. Ho chiesto al collega di poter interrompere: non stavo bene. Stavo male per la fame. Stavo male perché erano quattro giorni che non mangiavo assolutamente niente. Stavo male perché anche io sto morendo di fame come tutti qui a Gaza”.
Le parole di Sally Abdullah Thabit offrono uno spaccato tragico della vita quotidiana nella Striscia di Gaza, dove l’assedio israeliano limita l’accesso agli aiuti umanitari e alimentari. Secondo la giornalista, la fame è diventata una vera e propria arma: “L’assedio israeliano impedisce il passaggio degli aiuti alimentari dal valico di Karam Abu Salem, anche attraverso i canali ufficiali come quello dell’UNRWA. La fame è diventata un’arma. Uccide in silenzio, senza bombe”.
La condizione dei giornalisti nella zona è particolarmente critica. Nonostante il loro ruolo cruciale nel documentare il conflitto e le sue conseguenze, molti di loro sono costretti a lavorare in condizioni estreme, mettendo a rischio la propria vita e salute. Alcuni cercano di sopravvivere bevendo acqua salata pur di restare in piedi e continuare a raccontare ciò che accade. Inoltre, il bilancio delle vittime tra i reporter è allarmante: secondo Al Jazeera, 231 giornalisti sono stati uccisi negli ultimi 21 mesi dall’esercito israeliano, un dato che rappresenta il numero più alto mai registrato in un conflitto.
L’ultimo caso tragico riguarda Walaa Al-Jaabari, una giornalista morta insieme al figlio che portava in grembo, al marito e ai suoi altri figli durante un attacco aereo che ha colpito il loro appartamento nel quartiere Tel Al-Hawa di Gaza City. La situazione è ormai insostenibile per i pochi reporter che sono riusciti a sopravvivere fino ad ora: molti stanno morendo di fame e si trovano in condizioni fisiche e psicologiche estremamente critiche.
Per Sally Abdullah Thabit, il lavoro giornalistico non è solo una professione, ma anche una lotta quotidiana per dare voce a una tragedia che coinvolge tutti gli abitanti della Striscia di Gaza, compresi gli stessi reporter. “Siamo stremati. Raccontiamo le sofferenze della nostra gente da oltre un anno e mezzo, ma ne facciamo parte anche noi. Siamo dentro la stessa tragedia. Per questo chiediamo al mondo di guardarci, di ascoltare i civili di Gaza, ma di guardare anche chi ogni giorno dà voce a questa catastrofe mentre cerca disperatamente del cibo per i propri figli”, ha dichiarato.
Essere madre in queste condizioni aggiunge ulteriore pressione e difficoltà. La giornalista ha raccontato come cerca di conciliare il lavoro con la ricerca disperata di cibo per la sua famiglia: “È una lotta quotidiana. Esco dal lavoro e vado nei mercati…”. Tuttavia, con l’assedio che blocca gli aiuti e la scarsità di risorse disponibili, questa lotta sembra sempre più impossibile da vincere.
La situazione nella Striscia di Gaza richiede un’attenzione urgente da parte della comunità internazionale. Le parole e le testimonianze dei giornalisti locali come Sally Abdullah Thabit offrono una visione diretta e toccante delle conseguenze devastanti del conflitto e dell’assedio. Tuttavia, senza un intervento concreto per alleviare le sofferenze della popolazione e garantire il diritto all’informazione, la tragedia rischia di continuare a consumarsi nel silenzio.
Add comment