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Confermate le condanne per Bidognetti e Santonastaso: minacciarono Capacchione e Saviano



La giornalista Rosaria Capacchione e lo scrittore Roberto Saviano, entrambi sotto scorta da anni, furono minacciati durante il processo “Spartacus” nel 2008. Sono state confermate in Appello le condanne a Francesco Bidognetti e all’avvocato Michele Santonastaso.



Un anno e mezzo di carcere per il boss dei Casalesi Francesco Bidognetti (detto “Cicciotto ‘e mezanotte”) e un anno e due mesi di carcere per l’avvocato Michele Santonastaso. La sentenza d’Appello riguarda le minacce, risalenti al 2008, ai danni dello scrittore Roberto Saviano e della giornalista Rosaria Capacchione, entrambi sotto scorta. Il fatto avvenne durante il processo di appello “Spartacus” a Napoli nei confronti del clan dei Casalesi: un editto vero e proprio, pronunciato dall’avvocato del boss in Aula, fu subito etichettato come minaccia grave ai danni dei due giornalisti casertani. Nel procedimento sono parte civile la Federazione nazionale della Stampa, ovvero il sindacato dei giornalisti, e l’Ordine dei giornalisti.

Il procedimento giudiziario si è protratto a lungo, non privo di rinvii che hanno generato frustrazione: nel 2016 la Corte di Appello di Napoli ha dichiarato nulla la sentenza di primo grado per incompetenza territoriale, trasferendo il procedimento a Roma. Nel 2021 è stata emessa la sentenza di primo grado. Oggi, a 17 anni dai fatti, giunge la condanna in Appello. La vicenda riguarda il noto “proclama”, l’editto contro Saviano e Capacchione letto durante il processo Spartacus del 2008. Si trattò di un procedimento penale avviato nel 1998 e conclusosi nel 2010, che vide coinvolte 115 persone e gran parte del clan dei Casalesi, tra cui il boss Francesco Schiavone (detto Sandokan).

Fin da allora, la natura e la pericolosità delle parole pronunciate in Aula da Santonastaso risultarono evidenti. Fu definito editto poiché faceva esplicito riferimento ai giudici, i quali – secondo tale discorso – sarebbero stati “influenzati” da ciò che avevano scritto “i giornalisti prezzolati”.

Immediatamente dopo la lettura della sentenza, Roberto Saviano è scoppiato in lacrime, dichiarando: «Mi hanno rubato la vita. Sedici anni di processo non rappresentano una vittoria per nessuno, ma ho la dimostrazione che la camorra, in un’aula di tribunale, pubblicamente ha espresso la sua interpretazione: è l’informazione a incutere timore. Ora abbiamo la prova ufficiale, in questo secondo grado, che dei boss, con i loro avvocati, hanno firmato un appello in cui hanno preso di mira chi raccontava il potere criminale. Non hanno attaccato la politica, ma il giornalismo, insinuando che avrebbero ritenuto i giornalisti, e il mio nome e quello di Rosaria Capacchione sono stati menzionati, i responsabili delle loro condanne. Non era mai successo in un’aula del tribunale, in nessuna parte del mondo».

Rosaria Capacchione, prima della sentenza, ha affermato: «Ci sono tre sentenze di merito ora».

Rosaria Capacchione, giornalista di lungo corso che ha dedicato la sua carriera alla cronaca, in particolare alle stragi e alle faide di camorra, soprattutto in Terra di Lavoro, si è espressa con la sua consueta sobrietà, come se stesse annotando informazioni su un taccuino: «Personalmente, mi interessa poco come si concluderà il processo in Cassazione. Perché? Perché ci sono tre sentenze di merito, una annullata e due di condanna per minacce. Se domani in Cassazione qualcuno troverà un cavillo, non mi interessa. Quella era una minaccia reale».

Una minaccia che ha avuto gravi conseguenze per la Capacchione: «Sì, mi ha cambiato la vita, in vari modi. Sicuramente perché oggi ho la scorta, il che rappresenta una limitazione. Ma mi ha anche danneggiato professionalmente. Conosci qualcuno che oggi mi chiederebbe di parlare di qualcosa di diverso dal clan dei Casalesi? Sono una giornalista, eppure non posso raccontare altri fatti. Le vicende mi hanno relegata in un ruolo stereotipato, come una “madonnina sul comodino”, e io non sono mai stata così. Questo è il danno peggiore che si possa infliggere a un giornalista. E non si torna indietro». tutti gli effetti, presentata come iniziativa della difesa di Bidognetti. Tale episodio cambiò la vita di Rosaria Capacchione, una delle giornaliste più affidabili operanti sul territorio casertano e memoria storica dei fatti del clan dei Casalesi: fu assegnata alla scorta. Roberto Saviano, già sotto protezione dopo il successo del suo libro “Gomorra”, vide rafforzare il dispositivo di sicurezza a sua tutela.



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