L’Italia detiene un arsenale nucleare statunitense, sebbene non sia di proprietà italiana, all’interno dei suoi confini. Questo rende il Paese il leader dell’Unione Europea per quanto riguarda il numero di ordigni nucleari americani e l’unico con due basi operative per la condivisione nucleare. Sebbene non ci siano conferme ufficiali, il rapporto Nuclear Weapons Ban Monitor 2024, presentato a marzo alla Conferenza degli Stati Parti del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari a New York, ha rivelato che le testate nucleari sono stoccate nelle basi di Ghedi e Aviano.
La base di Ghedi, situata in Lombardia, a circa 25 chilometri da Brescia, si estende su oltre 10 chilometri quadrati ed è sede del 6° Stormo, un’unità militare incaricata di intercettare e distruggere eventuali attacchi aerei nemici. Qui sono presenti 30 nuovi caccia F-35, capaci di trasportare armi nucleari. Sebbene non sia una base della NATO, è utilizzata come deposito per le bombe atomiche americane, sotto il controllo dell’esercito italiano, grazie a un accordo di condivisione nucleare.
Anche la base di Aviano, situata in Friuli Venezia Giulia, a circa 15 chilometri a nord di Pordenone, è un aeroporto militare italiano. Dal 1955, esiste un accordo tra Stati Uniti e Italia per l’uso congiunto della base, che è anche parte della NATO. Secondo il rapporto, ad Aviano sarebbero stoccate tra le 20 e le 30 testate nucleari, mentre a Ghedi si stima un numero compreso tra 10 e 15. Queste informazioni, sebbene non confermate ufficialmente, non sono state nemmeno smentite.
Il giornalista e esperto di questioni militari Antonio Mazzeo ha spiegato che si tratta di testate B61-12, parte di un programma di modernizzazione dell’arsenale nucleare statunitense. Queste testate, progettate per essere installate sui cacciabombardieri, sono state rese regolabili, il che significa che possono avere potenze distruttive variabili a seconda dell’uso. La potenza può arrivare fino a quattro volte quella della bomba di Hiroshima. Inoltre, sono state progettate per colpire obiettivi strategici, come i depositi di Fordow in Iran, consentendo un uso limitato di armi nucleari senza innescare un conflitto totale.
Le nuove testate sostituiscono le precedenti B61, trasformandole in bombe intelligenti in grado di essere sganciate a grande distanza dall’obiettivo, grazie a un sistema di guida sviluppato da Boeing. La potenza delle testate varia da 0,3 a 50 chilotoni, ma in caso di esplosione sotterranea, possono raggiungere una potenza distruttiva di 1.250 chilotoni, circa 83 volte quella della bomba di Hiroshima.
Mazzeo ha avvertito che, sebbene le testate siano attualmente localizzate a Ghedi e Aviano, non si può escludere che altre basi in Italia possano essere utilizzate come punti di transito per armi nucleari. La situazione è allarmante, come ha sottolineato Devis Dori, deputato di Europa Verde, che ha presentato un’interrogazione a giugno per denunciare i pericoli legati alla presenza di armi nucleari nel Paese.
Il 2 ottobre 2023, diverse organizzazioni pacifiste e antimilitariste hanno depositato una denuncia presso la procura della Repubblica del tribunale di Roma, accusando l’Italia di violare norme internazionali e nazionali, inclusi gli obblighi previsti dal Trattato di non proliferazione nucleare. Nell’interrogazione, Dori ha chiesto se il governo intenda avviare il processo di adesione dell’Italia al Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) e adottare misure per rimuovere le bombe termonucleari presenti nelle basi di Ghedi e Aviano.
Dori ha messo in guardia sui rischi per la sicurezza delle popolazioni locali, specialmente in caso di esplosioni accidentali, attacchi terroristici o bombardamenti. Ha inoltre sottolineato che l’area di Ghedi è classificata come zona sismica 2, dove sono possibili forti terremoti. Questa situazione solleva interrogativi significativi sulla sicurezza e sulla trasparenza della presenza di armi nucleari in Italia, richiedendo un’attenta considerazione da parte delle autorità e della società civile.



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