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Il biglietto sotto il tergicristallo



Quando ho trovato il biglietto sotto il tergicristallo, la prima cosa che ho pensato è stata: qualcuno mi ha rigato la macchina.



Era un lunedì mattina, cielo lattiginoso, caffè ancora sullo stomaco, e io stavo per uscire dal parcheggio aziendale.

Non sono una di quelle persone che si segnano tutto, ma ricordo ogni dettaglio di quel momento: l’odore di umidità dell’asfalto, il rumore secco delle suole sul brecciolino, la sensazione che l’aria fosse più pesante del solito.

Il biglietto era piegato in due, tenuto fermo dalla lama del tergicristallo destro. Carta bianca, nessuna busta, nessuna scritta esterna.

L’ho aperto lì, appoggiato con la schiena allo sportello, aspettandomi il solito “Scusa, ti ho toccato il paraurti” o una pubblicità di qualche corso di yoga.

Dentro, poche parole scritte a penna:

“Non andare a casa stasera. Fidati.”

Non c’era firma.

Non c’era altro.

Ho riletto tre volte, poi ho guardato intorno: parcheggio semi vuoto, due colleghi che parlavano vicino all’ingresso, il suono lontano di una moto che passava sulla strada.

La prima reazione è stata ridere. Non era una risata vera, più un riflesso nervoso. Ho messo il biglietto nel cruscotto e ho guidato via, pensando che forse era uno scherzo scemo.

Ma quando sei solo in auto, con una frase del genere davanti agli occhi, cominci a rigirarla. Chi potrebbe averlo scritto? Perché proprio a me? E soprattutto, cosa potrebbe esserci “a casa” che dovrei evitare?

Il resto della giornata al lavoro è scivolato via in modo strano. Non riuscivo a concentrarmi: continuavo a guardare fuori dalla finestra, a controllare il telefono, a chiedermi se il biglietto fosse per qualcun altro e avessero sbagliato macchina.

A pranzo ho provato a fare finta di nulla, ma un collega ha notato che ero più silenziosa del solito.

— Tutto bene, Marta? — mi ha chiesto mentre mescolava il riso in insalata.

— Sì, solo un po’ di mal di testa. — Ho mentito.

Alle 17:00, mentre sistemavo la scrivania, mi sono resa conto che non avevo deciso cosa fare.

Tornare a casa come sempre?

O… no?

Ma dove avrei potuto andare, se non lì?

Abito sola, in un bilocale al quarto piano di una palazzina anni ’80, zona tranquilla. Non c’è nulla di particolarmente “pericoloso” nella mia vita: nessun ex violento, nessun parente instabile, nessun debito con persone sbagliate.

L’unica anomalia recente era una serie di rumori notturni nell’appartamento sopra il mio: passi pesanti, sedie trascinate, un ticchettio irregolare come di qualcosa che batteva contro il muro.

Ma la mia vicina, una donna sulla sessantina, mi aveva detto che era colpa del nipote che si era trasferito da poco. Nulla di inquietante.

Eppure, quando alle 18:15 ho spento il computer e sono uscita dall’ufficio, le gambe hanno preso da sole una direzione diversa. Ho camminato verso il parcheggio… ma invece di salire in auto e puntare verso casa, ho infilato la tangenziale in direzione opposta.

Non avevo un piano. Ho guidato finché mi è venuto in mente un bar sul lungofiume dove andavo anni fa, quando vivevo dall’altra parte della città. Ho ordinato un tè caldo e mi sono seduta in un angolo, cercando di convincermi che stavo solo “prendendo tempo” per capire cosa fare.

Alle 19:32 il mio telefono ha vibrato.

Era un messaggio da un numero sconosciuto:

“Bene. Continua così.”

Ho sentito un brivido partire dalla nuca e scendere lungo la schiena.

Come facevano a sapere che non ero a casa?

Ho guardato fuori dal vetro appannato del bar. La strada era illuminata dai lampioni, un paio di biciclette legate alla ringhiera. Non vedevo nessuno sospetto.

Ho risposto solo: “Chi sei?”

Nessuna risposta.

A quel punto avrei potuto ignorare tutto, tornare a casa e smascherare il cretino che mi stava facendo uno scherzo. Ma qualcosa — forse la curiosità, forse la paura — mi ha spinta a restare ancora lì.

Ho ordinato un panino che non avevo fame di mangiare, guardando la gente entrare e uscire, cercando facce familiari.

Alle 21:05, un altro messaggio:

“Sei salva. Non chiedere altro.”

Ho sentito il cuore accelerare. Salva… da cosa?

A quel punto ho deciso che era abbastanza. Ho pagato e sono andata verso l’auto. Ho guidato fino a casa, cercando di non farmi paranoie. La strada era vuota, i semafori tutti verdi, il portone del mio palazzo al suo posto.

Ma quando ho infilato la chiave nella serratura dell’appartamento, qualcosa mi ha bloccata.

La porta era già aperta.

Solo di qualche millimetro, appena percettibile, ma io la chiudo sempre a doppia mandata. Sempre.

Ho spinto piano. L’aria dentro aveva un odore diverso, come di legno bruciato. Ho fatto un passo, poi un altro, e ho visto:

il tappeto del soggiorno era spostato, e sotto c’era una striscia scura, larga pochi centimetri, che non avevo mai notato. Sembrava… bruciata.

Ho acceso la luce, ma in quel punto la lampadina ha tremolato e poi si è spenta, lasciando solo la penombra della cucina. Ho fatto per avvicinarmi al tappeto quando un rumore, secco e breve, è arrivato dal corridoio della camera da letto. Come un passo.

Ho bloccato il respiro.

E poi… silenzio.

Non so cosa mi abbia preso, ma invece di urlare o chiamare qualcuno, sono uscita all’indietro, piano, come se avessi paura di svegliare qualcosa. Ho chiuso la porta, sono scesa di corsa le scale e sono salita in macchina.

Ho guidato senza meta per mezz’ora, poi mi sono fermata in un parcheggio vuoto e ho chiamato un amico che non vedevo da mesi. Gli ho detto solo: “Posso dormire da te stanotte?” Non ho spiegato nulla.

Il giorno dopo, quando sono tornata a casa, la porta era chiusa a doppia mandata. Nessun segno di effrazione, nessun tappeto spostato, nessun odore. Come se niente fosse mai successo.

Il biglietto sul cruscotto, però, non c’era più.

E il telefono… non ha più ricevuto messaggi da quel numero.

Non so se qualcuno mi abbia davvero “salvata” quella sera, o se sia stato tutto frutto di un elaborato scherzo.

Ma da allora, ogni volta che entro in casa, faccio una pausa di due secondi sulla soglia, ad ascoltare.

E a volte, giuro, mi sembra di sentire quel passo nel corridoio.



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