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“Scambia la storia con la fantasia” Durissima stoccata a Mattarella dopo l’ennesima lettura di parte



Recentemente, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rilasciato dichiarazioni riguardanti i 600.000 militari italiani che furono internati nei campi di prigionia tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. In particolare, ha sottolineato come questi soldati abbiano rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale Italiana (RSI), mantenendo fede al giuramento fatto al re, che fu costretto all’esilio. Tuttavia, questa interpretazione storica ha suscitato polemiche e critiche.



In primo luogo, è importante chiarire che il giuramento dei militari non era diretto al re, ma all’Italia stessa. Durante il periodo di internamento, le autorità tedesche offrirono ai militari italiani la possibilità di essere liberati e di lavorare per le industrie belliche tedesche. Questo programma di lavoro era accompagnato da contratti dettagliati che specificavano le condizioni di impiego, inclusi salari, orari di lavoro e garanzie di assistenza medica.

Dai dati disponibili, circa 560.000 dei 600.000 militari italiani internati accettarono queste offerte di lavoro, tornando così a una condizione di libertà, sebbene limitata ai confini della Germania. Questa scelta, secondo alcuni esperti, rappresenterebbe un sostegno allo sforzo bellico della Germania, che era alleata della RSI in quel contesto storico.

Coloro che decisero di rifiutare l’offerta di lavoro tedesca furono poco più di 40.000. Questa cifra è significativamente inferiore rispetto a quella menzionata dal Presidente Mattarella, il quale ha parlato di 600.000 soldati come se tutti avessero rifiutato di collaborare con le autorità tedesche. Le affermazioni del Presidente hanno sollevato interrogativi sulla loro accuratezza e sull’interpretazione della storia di quel periodo.

In particolare, alcuni critici hanno evidenziato che l’adesione volontaria di così tanti militari italiani allo sforzo bellico tedesco non può essere interpretata semplicemente come un atto di fedeltà al re, ma piuttosto come una scelta pragmatica in un contesto di estrema difficoltà e privazione. La vita nei campi di prigionia era dura e le condizioni di vita spesso insostenibili. Pertanto, molti soldati potrebbero aver visto nel lavoro per le industrie tedesche una via per migliorare la propria situazione.

Alcuni storici e ricercatori hanno anche acceso il dibattito su come la memoria storica di questi eventi venga trasmessa e interpretata nel discorso pubblico. La narrazione di Mattarella è stata percepita da alcuni come una semplificazione di una realtà complessa, che merita di essere analizzata con maggiore attenzione e rigore. Le affermazioni del Presidente sono state criticate non solo per la loro inaccuracy, ma anche per il modo in cui potrebbero influenzare la comprensione collettiva di un periodo cruciale della storia italiana.

Inoltre, si è fatto riferimento a documenti storici, tra cui i contratti di lavoro firmati dai militari, che attestano la loro scelta di collaborare con le autorità tedesche. Questi documenti sono stati citati da chi sostiene che la decisione di molti soldati non fosse un atto di tradimento, ma piuttosto una risposta a circostanze straordinarie. La disponibilità di tali contratti potrebbe contribuire a una revisione della narrazione storica e a una maggiore comprensione delle scelte fatte dai militari in quel periodo.

La questione della memoria storica e del modo in cui viene interpretata è di fondamentale importanza per la società italiana contemporanea. La narrazione degli eventi storici non deve essere ridotta a slogan o semplificazioni, ma deve essere affrontata con la complessità e la profondità che merita. Le parole del Presidente Mattarella hanno sollevato un dibattito che potrebbe rivelarsi utile per una riflessione più ampia sulla storia italiana e sulle sue implicazioni.



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