La questione di cosa accadrebbe se l’Italia fosse coinvolta in un conflitto armato è tornata alla ribalta negli ultimi anni, stimolata dalle tensioni geopolitiche in Europa e nel Medio Oriente. I conflitti in Ucraina e le tensioni tra Israele e Palestina hanno riacceso il dibattito sulla difesa collettiva, in particolare in considerazione del fatto che l’Italia, come membro della NATO, è vincolata dall’articolo 5 del trattato, che prevede l’intervento in caso di aggressione a uno degli Stati membri.
La posizione dell’Italia in materia di guerra e difesa è chiaramente delineata nella sua Costituzione. L’articolo 11 stabilisce che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Tuttavia, questo non esclude la possibilità di difendersi. L’articolo 78 prevede che siano le Camere a deliberare lo stato di guerra e a conferire al governo i poteri straordinari necessari. Pertanto, in caso di attacco al Paese, il Parlamento avrebbe l’autorità di dichiarare ufficialmente lo stato di guerra, attivando così l’intero apparato difensivo.
In un simile scenario, le forze armate già in servizio sarebbero le prime a essere mobilitate. Ciò includerebbe l’Esercito, la Marina, l’Aeronautica militare, i Carabinieri e la Guardia di Finanza. Solo in un secondo momento si passerebbe a richiamare gli ex militari che sono stati congedati da meno di cinque anni. Infine, l’arruolamento dei civili sarebbe considerato solo se le risorse militari non fossero sufficienti a garantire la difesa nazionale. In tal caso, la legge prevede che possano essere arruolati cittadini di età compresa tra i 18 e i 45 anni, previa visita medica.
È importante notare che il sistema della leva militare, pur essendo stato sospeso nel 2004, rimane attivabile in circostanze eccezionali. Un decreto del Presidente della Repubblica potrebbe reintrodurlo, consentendo di attingere a un numero molto maggiore di persone. Tuttavia, l’obbligo di servizio non si applica indiscriminatamente a tutti: donne in gravidanza, membri di corpi come i Vigili del Fuoco, la Polizia penitenziaria e la Polizia locale sarebbero esentati. Per gli altri cittadini, le commissioni mediche avrebbero il compito di stabilire tre possibili esiti: idonei e quindi arruolabili, rivedibili con nuove visite successive, oppure riformati, cioè esclusi definitivamente dal servizio.
L’articolo 52 della Costituzione afferma che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”. Inoltre, si precisa che “il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici”. Di fatto, in caso di chiamata, non esisterebbe la possibilità di rifiutare senza conseguenze. Questa regola ricorda le fasi più drammatiche della storia italiana, come durante la Seconda guerra mondiale, quando intere generazioni furono arruolate per affrontare un nemico percepito come esistenziale.
Sebbene l’idea di un conflitto armato sembri lontana, le attuali tensioni internazionali e le dinamiche geopolitiche rendono necessario riflettere su come l’Italia si preparerebbe a una simile eventualità. Il sistema di difesa nazionale, che include forze armate professionali e potenziali risorse civili, è strutturato per rispondere prontamente a minacce esterne.



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