Con queste parole, ieri Zelensky si è rivolto a Trump – “che Dio lo perdoni”, ha commentato qualcuno. Un’affermazione che suggerisce che la guerra in Ucraina possa essere fermata convincendo chi, al momento, sta avanzando sul campo.
Ma il paragone tra Gaza e Ucraina regge poco. In Medio Oriente, dopo due anni di offensiva contro Hamas, Israele ha causato oltre 67 mila morti palestinesi. Trump, per ora, sembra aver imposto uno stop – più per tutelare gli interessi americani nel Golfo e la reputazione internazionale degli Stati Uniti, che per reali intenti umanitari. Il tutto nella logica della cosiddetta “Teoria del Matto”, la sua visione secondo cui l’imprevedibilità può garantire la pace.
In Ucraina, invece, dal febbraio 2022 si combatte una guerra convenzionale tra due eserciti ben armati. Dopo l’invasione russa e l’unica vera controffensiva ucraina, è Mosca ad avanzare sistematicamente. Oggi controlla quasi il 20% del territorio ucraino – circa 115 mila km² – e nel solo 2025 ha conquistato 4-5 mila km², con un ritmo mensile di circa 500 km², superiore a quello dell’anno precedente.
Le sanzioni e gli aiuti militari occidentali non hanno indebolito la Russia, anzi: Putin sembra rafforzarsi. Al contrario, l’Ucraina è in crescente difficoltà: le perdite umane sono ingenti e difficili da rimpiazzare. Mentre Mosca arruola circa 30 mila volontari al mese e mobilita altri 135 mila coscritti, Kiev denuncia fondi esauriti per pagare i soldati. Un milione e mezzo di cittadini sfugge alla leva, almeno 150 mila sono indagati per diserzione, e il 60% dei droni prodotti in Ucraina risulta difettoso, tra corruzione e attacchi alle infrastrutture.
Ecco forse l’unico punto di contatto tra Gaza e Ucraina: due leader, Netanyahu e Zelensky, che hanno di fatto perso la guerra, ma continuano a illudersi – e a illudere – di poterla vincere, col risultato di prolungare la sofferenza e peggiorare la situazione del proprio popolo.
Non è chiaro cosa abbia risposto Trump alla richiesta di Zelensky di “fermare Mosca” – forse un invito a fornire armi più potenti, nella speranza che la minaccia basti a fermare Putin. Ma la realtà, da tre anni, non cambia: è l’Ucraina che dovrebbe iniziare a considerare un compromesso territoriale. Lo stesso Zelensky, dieci mesi fa, ammise che alcune zone non erano più recuperabili – e altre ancora rischiano di cadere se la guerra proseguirà.
A Gaza la guerra è (almeno momentaneamente) terminata perché l’Occidente ha fermato il suo alleato in difficoltà. In Ucraina, serve davvero un disegno per far capire a Zelensky chi, oggi, sta perdendo?



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