A prima vista, i temi dei migranti e dell’emergenza dei centri sociali possono sembrare scollegati, ma in realtà si intrecciano in modi sorprendenti, specialmente a Roma. Un punto di connessione fondamentale in questo contesto è rappresentato da Don Mattia Ferrari, un sacerdote modenese che ha assunto un ruolo significativo nel panorama della solidarietà e dell’accoglienza. Ferrari è noto per la sua presenza attiva nello Spin Time, un esperimento di rigenerazione urbana che ha cercato di rianimare una sinistra in cerca di riferimenti, e per il suo impegno con Mediterranea Saving Humans, una delle Ong più riconosciute nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo.
Ferrari è diventato un volto noto quando si parla di sbarchi, come dimostrato dall’ultimo intervento a Porto Empedocle, dove sono state soccorse 92 persone, tra cui 31 minori. Questo episodio ha richiamato alla mente situazioni simili, come quelle vissute con la nave Open Arms. Sebbene non si possa mettere in discussione la buona fede di chi opera per salvare vite umane, Don Ferrari è considerato un simbolo di un modello di accoglienza che suscita dibattito.
Quando il sacerdote è stato oggetto di calunnie, molte figure, tra cui l’europarlamentare Ruotolo e altri esponenti del Partito Democratico, hanno prontamente difeso la sua reputazione. Ferrari, tra una missione di salvataggio e l’altra, ha sempre sostenuto chi occupa gli spazi sociali, affermando: “Nessuno di noi vuole rimanere nell’illegalità. Ma l’occupazione nasce come forma di lotta.” Queste parole risuonano con le posizioni di attivisti come Ilaria Salis, europarlamentare e sostenitrice delle occupazioni.
Il sacerdote ha utilizzato le sue relazioni nel mondo della sinistra per dialogare con il Comune e il partito, cercando soluzioni alternative per gli occupanti del centro sociale. Attualmente, lo Spin Time ospita circa 400 persone, tra cui 140 famiglie di 27 nazionalità diverse, molte delle quali sono state salvate grazie all’intervento dell’Ong di cui Ferrari è cappellano. Questo scenario solleva interrogativi su come le azioni a scopo umanitario possano, involontariamente, fungere da “ponte” per chi fugge da situazioni difficili.
Sebbene la maggior parte degli ospiti sia in cerca di aiuto, non si può escludere la possibilità che ci siano infiltrati o persone con intenti meno nobili che approfittano della situazione. È interessante notare che coloro che oggi sostengono lo Spin Time sono gli stessi che, solo pochi giorni fa, difendevano le attività di Mediterranea Saving Humans. Ci si chiede quindi quale sia il legame che unisce questi due mondi, se non semplicemente la fede cristiana.
Il “filo rosso” che attraversa Roma è costituito da un intreccio di occupazioni, migrazioni e questioni di sicurezza. Alcuni edifici, non sempre sotto controllo, possono trasformarsi in rifugi sicuri per coloro che operano nell’ombra. Questo aspetto della realtà romana è motivo di preoccupazione e di dibattito, poiché la gestione degli spazi occupati e delle persone che vi risiedono rappresenta una sfida per le autorità locali.
In questo contesto, Don Mattia Ferrari si trova al centro di una rete complessa, dove la sua figura diventa emblematica di un approccio che cerca di unire l’accoglienza e la lotta per i diritti. La sua attività non si limita solo al supporto ai migranti, ma si estende anche alla promozione di un dialogo costruttivo tra le istituzioni e le comunità vulnerabili.



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