Cancro al pancreas: estratti di cannabis allungano le speranze di vita



Un componente della cannabis, il cannabidiolo, sarebbe in grado di moltiplicare per 3 la sopravvivenza dopo un cancro al pancreas trattato con chemioterapia.

Uno studio internazionale, guidato da Marco Falasca dell’università Queen Mary di Londra, a cui hanno collaborato università italiane e australiane, ha infatti dimostrato l’efficacia di questa sostanza sui topi.

Per la ricerca – pubblicata sulla rivista ‘Oncogène’ – gli scienziati hanno utilizzato topi geneticamente modificati per sviluppare il tumore e li hanno divisi in quattro gruppi. Dieci topi sono stati trattati con cannabidiolo, 8 hanno seguito una chemioterapia a base di gemcitabina, 7 hanno ricevuto le due molecole e 9 un placebo.

I risultati hanno dimostrato che il cannabidiolo impedisce lo sviluppo di una resistenza alla gemcitabina. Gli animali del gruppo placebo hanno vissuto meno di 19 giorni, quelli del gruppo cannabidiolo 25 giorni e quelli trattati con la chemioterapia 28. Con i due medicinali combinati la sopravvivenza è arrivata invece a 53 giorni.

“E’ un risultato notevole”, commenta Marco Falasca. “Abbiamo scoperto che i topi con cancro del pancreas sono sopravvissuti quasi tre volte più a lungo con il componente della cannabis terapeutica aggiunto al loro trattamento chemioterapico”.

Oltretutto il cannabidiolo è già approvato per l’uso nella clinica, “il che significa che possiamo rapidamente testarlo in studi clinici sull’uomo”, dice lo studioso. “Se riusciremo a riprodurre questi effetti nell’uomo, il cannabidiolo potrebbe essere utilizzato nelle terapie oncologiche quasi immediatamente”, sottolinea Falasca.

“L’aspettativa di vita per i pazienti affetti da cancro al pancreas è cambiata molto poco negli ultimi 40 anni perché sono disponibili pochissimi trattamenti, per lo più solo palliativi. Dato che il tasso di sopravvivenza a cinque anni per le persone con cancro del pancreas è inferiore al 7%, c’è un urgente bisogno di nuovi trattamenti e strategie terapeutiche“, spiega lo scienziato.

Il cancro al pancreas, com’è noto, è una delle neoplasie più aggressive in assoluto, e in Italia sopravvive soltanto l’8 percento dei pazienti a cinque anni dalla diagnosi. Un numero bassissimo rispetto alle percentuali conquistate per altre tipologie di tumore, come ad esempio quello al seno, ma superiore alla media europea, che si ferma al 6,9 percento. Nel nostro Paese si registra anche una sensibile differenza tra Nord e Sud nel numero di casi, col Meridione più virtuoso: le diagnosi sono infatti inferiori del 25 percento per gli uomini e quasi del 30 percento fra le donne. Il dato si spiega poiché al Sud si rispetta di più la Dieta Mediterranea e si consuma molta più frutta e verdura. La scorretta alimentazione, infatti, rappresenta uno dei principali fattori di rischio, assieme all’obesità e alla sedentarietà. Anche il fumo ha un impatto estremamente negativo, e ben 3 casi su 10 di cancro al pancreas sarebbero riconducibili proprio al vizio delle ‘bionde’.



Nel mondo i nuovi casi sono più che raddoppiati in un decennio passando da 144.859 nel 2008 a circa 365.000 nel 2017 e si stima che nel 2020 saranno 418mila. Ogni giorno a livello globale sono 1.000 le nuove diagnosi. Questi dati ci spingono a impegnarci di più sia sul fronte della prevenzione che della ricerca”. Il logo della Giornata è un aquilone di color ametista che simboleggia la speranza e la voglia di lottare. Il 16 novembre, nelle piazze centrali di quattro città (Piazza Gae Aulenti a Milano, Piazza Bra a Verona, Piazza di Spagna a Roma e Piazza Dante a Napoli), saranno presenti gli stand delle associazioni dei pazienti, che distribuiranno volantini informativi. È anche previsto un volo di palloncini viola che partirà simultaneamente alle 17 da tutte le piazze coinvolte. I palloncini porteranno legati ai cordoncini pensieri di speranza per il futuro nella lotta contro la malattia raccolti nel corso della giornata dai passanti. “A oggi non vi sono metodi per la diagnosi precoce di questa neoplasia molto aggressiva – afferma il prof. Giampaolo Tortora, Direttore Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona -. Solo il 7% dei casi infatti è individuato in stadio iniziale, oltre la metà quando la malattia è già in fase metastatica.

Spesso sintomi come dolore allo stomaco, gastrite e cattiva digestione vengono confusi con quelli di altre patologie. Il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è pari all’8%, superiore rispetto alla media europea (6,9%) e a quella dei Paesi dell’Europa centrale (7,3%) e settentrionale (4,8%), ma decisamente inferiore rispetto ai risultati raggiunti in altre neoplasie frequenti come quelle al seno e alla prostata”. “Nuove armi – continua il prof. Tortora – permettono di ottenere un controllo significativamente prolungato della malattia metastatica, inoltre sono caratterizzate da un profilo di tossicità favorevole, per questo possono essere utilizzate anche nei pazienti anziani. In particolare nab-paclitaxel (paclitaxel legato all’albumina formulato in nanoparticelle) presenta un meccanismo di trasporto innovativo che sfrutta le nanotecnologie. La molecola, grazie all’albumina, una proteina già presente nell’organismo umano, riesce a superare la barriera stromale del cancro arrivando fino alla radice del tumore: rallenta la proliferazione della malattia e, a volte, può fermarne la crescita”. Per aumentare le diagnosi precoci e cambiare la storia di questo tumore, è necessario rafforzare la collaborazione tra specialisti. “Non è accettabile che alcuni pazienti siano operati in centri che svolgono uno o due interventi l’anno – sottolinea il prof. Massimo Falconi, Direttore del Centro del Pancreas dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e docente ordinario Università Vita-Salute di Milano -.

 Solo attraverso la giusta competenza si può curare questa patologia. La chirurgia pancreatica è estremamente complessa, infatti meno del 20% dei pazienti è candidabile a un intervento con intento curativo, con una sopravvivenza a 5 anni intorno al 20-30%. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che i rischi di gravi complicanze dopo un intervento sono più alti nei centri che eseguono raramente queste operazioni: ad esempio, uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha evidenziato che il tasso di mortalità dopo il più frequente intervento di chirurgia pancreatica (la duodenocefalopancreasectomia) è maggiore nei centri ‘a basso volume’ (mortalità = 16,3%) rispetto a quelli ‘ad alto volume’ (mortalità = 3,8%). In questo studio vengono definiti ad alto volume i centri che eseguono almeno 16 interventi di duodenocefalopancreasectomia all’anno. Anche in Italia è stata confermata la relazione tra esperienza dell’ospedale e rischio operatorio: un’analisi dei dati raccolti dal Ministero della Salute ha mostrato che nel nostro Paese, in un ospedale con poca esperienza in chirurgia pancreatica, il paziente ha un rischio di morire di 5 volte maggiore rispetto ai centri con più esperienza”. Questa analisi ha suddiviso gli ospedali italiani in quattro classi, in base al volume di interventi realizzati: la mortalità operatoria si è ridotta in modo progressivo all’aumentare dell’esperienza della struttura.

È, infatti, pari al 12,4% negli ospedali che eseguono 1-5 interventi/anno, al 7,8% in quelli che ne svolgono 6-13, al 5,9% in quelli che ne eseguono 14-51, e solo al 2,6% nei due centri con maggiore esperienza (Ospedale San Raffaele di Milano e Policlinico G.B. Rossi di Verona), che effettuano, a testa, più di 350 resezioni pancreatiche all’anno. Va sottolineato che il 75% degli ospedali italiani che realizzano questo intervento rientra nella categoria “a basso volume”, cioè in quella con minore esperienza, mentre sono meno di 20 i centri in Italia che eseguono più di 13 interventi all’anno. “Così come è stato fatto con le Breast Unit – continua il prof. Falconi –, anche per il tumore del pancreas dovrebbero essere individuate strutture di riferimento certificate sulla base di chiari parametri (quantità, qualità e valutazione puntuale dei risultati clinici) e non per autoreferenzialità. Va poi sottolineato che la decisione di procedere all’intervento chirurgico non può essere affidata al solo chirurgo ma deve essere condivisa dall’intero team multidisciplinare che normalmente ruota attorno ai bisogni del malato (radiologo, endoscopista-gastroenterologo, patologo, oncologo/radioterapista). Non raramente una chirurgia poco utile o percorribile alla diagnosi può avere maggiori percentuali di successo se eseguita dopo una chemioterapia cosiddetta neoadiuvante (che precede cioè la chirurgia).”

“La Giornata Mondiale è l’occasione per accendere i riflettori su questa forma di tumore – evidenzia Rita Vetere, Vice Presidente Salute Donna Onlus –. Purtroppo per questa patologia è difficile una diagnosi in fase iniziale in quanto la sintomatologia si manifesta tardivamente. L’incidenza è pressoché identica nei due sessi ed inoltre non sono stati individuati fattori predisponenti certi. I pazienti hanno bisogno di cure efficaci che diventano disponibili solo incentivando la ricerca medico-scientifica. Attualmente il carcinoma pancreatico riceve meno del 2% di tutti i finanziamenti per lo studio del cancro in Europa. Per migliorare i bassi tassi di sopravvivenza serve una vera e propria chiamata alle armi che vada dalla ricerca alla prevenzione, intesa come attenzione agli stili di vita, fino alle terapie, in stretta collaborazione con le Istituzioni, le altre Associazioni e i clinici”.
“La nostra azienda è lieta di supportare la Quarta Giornata Mondiale sul Tumore del Pancreas – conclude il dott. Federico Pantellini, Direttore Medical Affairs Oncology di Celgene, uno degli sponsor dell’evento internazionale -. Di fronte a un’incidenza di questa neoplasia che sta crescendo fortemente in Italia, è nostro dovere sviluppare farmaci sempre più innovativi ed efficaci in grado di combattere anche le malattie più gravi per offrire una speranza ai pazienti. Celgene è impegnata sia nella ricerca clinica che nella collaborazione con diversi interlocutori coinvolti nella lotta al carcinoma pancreatico, per creare i presupposti a miglioramenti rilevanti nelle varie fasi di questa patologia, dalla prevenzione alla terapia”. Ricordiamo anche il “Celgene Research Award”, una borsa di studio destinata a programmi di ricerca di base volti a chiarire i meccanismi che portano allo sviluppo della malattia. Inoltre Celgene ha supportato il progetto Cooking, Comfort, Care promosso da AIOM e volto a fornire consigli nutrizionali alle persone colpite da tumore del pancreas, con indicazioni per una sana e corretta alimentazione “a misura di paziente”, e ha reso possibile la web app su questa patologia realizzata in collaborazione con AIOM sul Corriere della Sera, in 8 lingue e consultabile da svariati device.
In Italia la Quarta Giornata Mondiale sul Tumore del Pancreas è realizzata sotto l’egida della Fondazione AIOM, di Salute Donna, FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), Salute Uomo, Fondazione Nadia Valsecchi, Nastro Viola e My Everest.

«Il gruppo della Johns Hopkins di Baltimora è leader mondiale nell’impiego della biopsia liquida, strumento utile ad anticipare la scoperta di un tumore e seguirne l’andamento anche quando la malattia non è ancora visibile con le metodiche diagnostiche a disposizione (come TAC, risonanza magnetica, eccetera) – commenta Giampaolo Tortora, direttore dell’Oncologia universitaria e dell’Azienda Ospedaliera di Verona, esperto di questa patologia -. In questo studio (al quale hanno contribuito anche ricercatori italiani dell’ospedale San Raffaele di Milano), per aumentare il potere diagnostico, gli studiosi hanno combinato la ricerca sul ctDNA di una mutazione molto frequente dei tumori del pancreas, il gene KRAS, con l’analisi di alcune proteine riscontrate spesso in questi tumori, tra cui il marker tumorale CA19-9. Con questo approccio sono riusciti a identificare la presenza di tumori del pancreas solo nei pazienti, mentre nei 182 volontari sani usati come controllo, eccetto un caso, i test erano negativi, dimostrando la buona sensibilità e specificità (ovvero la capacità di un test di dare un risultato corretto nei soggetti sani) della metodica».

È uno Dei tumori più invasivi e letali che ci sia, stiamo parlando del tumore al pancreas. Nell’ultimo quinquennio numero di pazienti è cresciuto del 18%, vista l’elevata percentuale di scienziati che fanno ricerca stanno cercando un metodo per debellare in modo definitivo le cellule tumorali con

nuovi farmaci. Sono oltre 13.000 italiani ogni anno che si ammalano del tumore al pancreas.

Diagnosi Nel carcinoma del pancreas, i problemi della diagnosi e della stadiazione procedono di pari passo con la necessità di esprimere un corretto giudizio di resecabilità ed a tal fine sono state valutate diverse metodiche di imaging . Esame citologico/istologico: deve essere ottenuto prima dell’inizio di una terapia oncologica nei pazienti con malattia localmente avanzata e metastastica. In caso di tumore resecabile e con sospetto clinico strumentale di malignità elevato, la diagnosi cito/istologica è preferibile ma non è indispensabile, essendo l’incidenza di neoplasia benigna compresa tra il 5 e il 13% dei casi operati senza istologia.

L’esame cito/istologico può essere ottenuto sotto guida eco-endoscopica, ECO- o TAC-guidata. L’approccio ecoendoscopico è da preferire rispetto all’approccio percutaneo ECO- o TAC-mediato in quanto l’ecoendoscopia è utile anche nella diagnostica differenziale delle lesioni non neoplastiche, di difficile identificazione con le metodiche tradizionali. Peraltro, in uno studio condotto in pazienti con malattia localmente avanzata e sottoposti a trattamento neoadiuvante chemioradioterapico è stata riscontrata una minor incidenza di disseminazione tumorale peritoneale (2.2% versus 16.3%) con l’approccio ecoendoscopico rispetto all’approccio percutaneo ECO- o TAC-guidato. Per quanto non si tratti di uno studio randomizzato, il risultato suggerisce in modo chiaro che la metodica ecoendoscopica è da preferire. Al contrario, l’esame bioptico per via ecoendoscpica non è risultato essere associato ad un aumento del rischio di carcinosi peritoneale rispetto alla colangiografia retrograda endoscopica.

Infine, un recente studio che ha considerato 2034 pazienti sottoposti a chirurgia con intento curativo ha mostrato come l’accertamento bioptico ecoendoscopicamente-guidato non si associ ad un aumento del rischio di mortalità41 .  TAC multislice: attualmente rappresenta l’indagine di scelta non solo per la diagnosi ma anche per la stadiazione. Numerosi studi hanno dimostrato che il 70-85% dei pazienti considerati potenzialmente resecabili alle scansioni TAC sono realmente suscettibili di trattamento chirurgico radicale. Lo studio pre-contrastografico consente di escludere la presenza di calcificazioni, contribuendo alla diagnosi differenziale con la pancreatite cronica. La fase contrastografica precoce (dinamica) o arteriosa consente generalmente di identificare il tumore poiché in tale fase si realizza la massima differenza di contrasto tra il parenchima sano iperdenso ed il tessuto neoplastico ipodenso. In tale fase, inoltre, si ottiene la migliore valutazione dei rapporti del tumore con i vasi arteriosi venendo impiegato il minimo spessore di fetta (2 mm). La fase venosa prevede l’impiego di fette di spessore maggiore (2 mm) e consente l’esplorazione dei quadranti addominali medi e superiori con la possibile evidenziazione di focolai peritoneali e di metastasi epatiche. Nella fase di stadiazione sia della malattia resecabile che avanzata è raccomandabile estendere la TAC anche al torace, per la possibile presenza di micronoduli polmonari non rilevabili alla radiografia standard, in alcuni casi (5%) anche in assenza di metastasi addominali48.

La TAC convenzionale (non multislice) non rappresenta ad oggi la metodica da utilizzare per valutare la resecabilità. In pazienti con lesione pancreatica sospetta l’esecuzione di una TC addome +/- RMN per stadiare la malattia ed esprimere un corretto giudizio di resecabilità ottiene alti livelli di sensibilità nella diagnosi differenziale di adenocarcinoma (89%-97%) e un buon valore predittivo positivo nel valutarne la non resecabilità (89%-100%)attimo. Ecografia addominale: è di solito la metodica di imaging di primo impiego nello studio del pancreas, soprattutto quando la malattia esordisce con la comparsa di ittero, per la necessità di porre una diagnosi differenziale con altre patologie. Tuttavia, tale metodica ha la forte limitazione di essere operatore-dipendente e pertanto poco oggettiva, il che pone forti limiti nell’utilizzo di tale esame per la stadiazione e valutazione della resecabilità del tumore. La valutazione dell’eventuale coinvolgimento dei principali vasi può essere eseguita associando il controllo Doppler. L’accuratezza di questa metodica è dell’84% nello studio dell’invasione dell’asse porto-mesenterico e dell’87% nella valutazione dell’infiltrazione della parete arteriosa.

Ecoendoscopia: è una procedura invasiva basata sull’introduzione nello stomaco e nel duodeno di un endoscopio munito di una sonda ecografica a frequenza più elevata di quelle usate per l’ecografia addominale con conseguente possibilità di visualizzare le strutture a breve distanza dalla sonda stessa. Peraltro, consente di eseguire un’ecografia ad elevata definizione della parete gastroduodenale e delle strutture, quali pancreas e vie biliari extraepatiche, che si trovano a stretto contatto con lo stomaco o il duodeno. Si tratta di un’indagine altamente operatore dipendente e che richiede una strumentazione sofisticata e costosa; ad oggi l’impiego di tale metodica è ancora relativamente limitato. È una metodica complementare alla TAC ed alla RMN nella stadiazione del carcinoma del pancreas, fornendo informazioni aggiuntive circa il coinvolgimento dei vasi o dei linfonodi, nei casi in cui le metodiche tradizionali non rispondono chiaramente al quesito.

Tuttavia, la metodica risulta accurata soprattutto nell’individuare il coinvolgimento del sistema portale piuttosto che dell’arteria mesenterica superiore. Inoltre, l’eco-endoscopia si è rivelata utile anche nella diagnostica differenziale tra stenosi benigne e maligne, nella caratterizzazione delle lesioni cistiche pancreatiche e delle lesioni periampollari invasive rispetto alle non invasive52 .  Risonanza magnetica nucleare: si è dimostrata in alcuni studi equivalente se non superiore ad altre metodiche di indagine per sensibilità, specificità ed accuratezza nell’esprimere un giudizio di resecabilità. La valutazione dell’infiltrazione peripancreatica, in virtù dell’elevata risoluzione di contrasto tra la ghiandola ed il tessuto adiposo circostante, appare meglio definibile con RMN che con altre metodiche. La metodica, inoltre, può essere di ausilio alla TAC nell’individuare la presenza di malattia extraepatica nei pazienti ad alto rischio.  Tomografia ad emissione di positroni (PET): non è una metodica routinaria in considerazione dell’alto numero di falsi positivi e negativi che si riscontrano e non può essere impiegata per esprimere un corretto giudizio di resecabilità. Trova invece indicazione:  nella conferma di una remissione completa clinico-radiologica;  nella diagnosi differenziale tra tessuto cicatriziale post chirurgico o post radioterapia e recidiva di malattia54 . Colangiopancreatografiaretrogada endoscopica (ERCP): ha un ruolo limitato alla palliazione dell’ittero ostruttivo e non ha più alcun ruolo diagnostico, dal momento che la colangiowirsung RMN offre vantaggi superiori . Laparoscopia: è in grado di selezionare i pazienti da sottoporre a chirurgia radicale conservativa consentendo di evidenziare piccole lesioni epatiche o localizzazioni peritoneali non documentabili con altre metodiche, in particolare per le forme localizzate al corpo-coda. Ha un ruolo nella stadiazione per i pazienti candidati alla resezione radicale ma con un valore di Ca 19.9 (GICA) molto elevato57,58.

La radioterapia impiega radiazioni ad alta energia, puntate sulla zona interessata, per distruggere le cellule tumorali. Si cerca, nel frattempo, di non danneggiare i tessuti sani. È una valida alleata della chirurgia. Nel caso del tumore al pancreas, infatti, trova indicazioni sia in fase preoperatoria (neoadiuvante), che dopo l’intervento (adiuvante). Nel primo caso, la radioterapia serve per ridurre il cancro primitivo. Il chirurgo riuscirà così ad eseguire un intervento meno invasivo e demolitivo. Nella modalità post-operatoria, invece, ha come obiettivo la riduzione delle recidive locali. Come si esegue Innanzitutto, il trattamento viene pianificato iniziando dall’esecuzione di una Tomografia Computerizzata (TC) o di una TC associata alla Tomografia ad Emissione di Positroni (PET). Questi esami forniscono al radioterapista delle immagini a tre dimensioni (3D) dell’organo, utili per definire il volume da trattare. Si eseguono in posizione supina, immobili e durano qualche decina di minuti. Al termine, si applicano piccoli tatuaggi puntiformi permanenti sulla pelle, nella zona interessata. Sono segnali che consentono al tecnico la localizzazione del punto esatto sul quale intervenire. La seconda fase, detta “simulazione”, permette di verificare e confermare il piano di trattamento elaborato in precedenza.

Queste fasi, seppur schematiche, garantiscono l’assoluta precisione e ripetibilità della terapia. Ma aumentano anche il grado di sicurezza per gli altri organi, anatomicamente molto vicini al pancreas: intestino, fegato, milza, reni, stomaco. La radioterapia si somministra in sedute quotidiane da pochi minuti l’una, per cinque giorni la settimana. In totale, il trattamento dura circa un mese e mezzo. Non esitare ad informare il tuo radioterapista in caso si noti che qualcosa non va: potrà prescriverti farmaci in grado di alleviare o risolvere i disturbi. In linea di massima, gli effetti collaterali possono essere gestiti grazie a una corretta alimentazione: • preferisci pasti piccoli e frequenti • non mangiare nulla due ore prima e in seguito al trattamento • non consumare caffè, alcolici e alimenti troppo caldi o freddi, fritti, piccanti e molto grassi La radioterapia a fasci esterni non rende radioattivi: una volta a casa, quindi, non rappresenti affatto un pericolo per gli altri, nemmeno per i bambini.

I farmaci chemioterapici, detti anche citotossici o antiblastici, vengono utilizzati per distruggere le cellule tumorali. Bloccano la loro divisione e riproduzione, consentendo quindi una regressione della malattia. I trattamenti per il tumore del pancreas, così come per tutte le altre tipologie di cancro, prevedono la somministrazione di un solo medicinale o di combinazioni di prodotti differenti. Così come per le altre modalità di intervento sulla neoplasia, la decisione sulla chemioterapia appropriata dipende da molti fattori: tipologia e stadio del tumore, condizioni biologiche, età, sesso, condizioni generali, ecc. Purtroppo, i farmaci antiblastici colpiscono anche le cellule sane adiacenti a quelle malate. Sono quindi comuni spiacevoli effetti collaterali come: caduta di capelli, nausea, vomito, stanchezza, stomatiti, stipsi, diarrea, ecc., che variano comunque da persona a persona. La chemioterapia può inoltre determinare la diminuzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Per questi motivi, negli ultimi anni è stata data moltissima importanza alle terapie di supporto, che permettono di controllare le spiacevoli conseguenze del trattamento. Si tratta di farmaci che salvaguardano la qualità della vita. Così come la radioterapia, anche la chemioterapia può essere impiegata prima o dopo l’intervento chirurgico.

Le innovazioni nella chemioterapia Per lunghi anni l’unico trattamento possibile per un paziente con carcinoma pancreatico è stata la gemcitabina. Recentemente una combinazione di farmaci (FOLFIRINOX), 5-FU, leucovorin, oxaliplatino e irinotecan, ha determinato un significativo vantaggio, raddoppiando quasi la sopravvivenza dei malati. Purtroppo, solo una piccola frazione di loro può giovarsi di questo trattamento che è aggressivo e va riservato solo a persone in buone condizioni generali, senza ittero e protesi biliari. Gli ultimi progressi nel campo della ricerca hanno permesso di compiere ulteriori e promettenti passi avanti. Le protagoniste assolute di questa rivoluzione sono le nanotecnologie. Come il nab paclitaxel, un chemioterapico legato in nanoparticelle all’albumina, una proteina del plasma. Questo farmaco, associato alla gemcitabina, già utilizzata di norma contro il tumore al pancreas, ha dato risultati incoraggianti, aumentando significativamente la sopravvivenza e permettendo di avere a 3 anni e mezzo pazienti lungosopravviventi. La nuova terapia con un meccanismo di trasporto innovativo permette di arrivare alla radice del tumore arrestandone così la crescita. Gli altri medicinali utilizzati finora, invece, avevano difficoltà a superare lo spesso tessuto connettivo presente attorno all’organo.

Trovi di seguito un elenco di alcuni comuni effetti collaterali dei trattamenti, con semplici consigli sulla loro gestione. Ricordati che è comunque importante riferire i sintomi al personale medico o infermieristico, così come qualsiasi altro dolore, bruciore o fastidio dovesse verificarsi durante o dopo un trattamento. Disturbi gastro-intestinali Molti farmaci chemioterapici possono indurre nausea o vomito. Prima di ogni seduta, generalmente, vengono però somministrati in endovena medicinali (antiemetici) in grado di contrastare questi fastidiosi sintomi. Inoltre, per prevenire i disturbi: • non mangiare nelle due ore precedenti e successive alla chemioterapia • evita di assumere alcolici • non consumare cibi piccanti, troppo caldi o freddi • possono essere di aiuto bevande alla menta o al limone • preferisci spuntini leggeri (con poco sale e grassi) a pasti abbondanti In caso di episodi di diarrea dopo i trattamenti, è necessario introdurre alimenti ricchi di potassio come patate, riso integrale, frutta secca, albicocche e banane o ricorrere ad integratori. Almeno una volta al giorno andrebbero consumati riso, patate o pasta.

Fatigue Con il termine fatigue si indica l’insieme di sintomi fisici e psichici tra i più debilitanti e meno considerati nei malati di tumore (ne soffre fino al 90% dei pazienti). Per combattere la fatica è utile programmare le attività da svolgere nell’arco della giornata e stabilire alcune priorità in base a come si vogliono impiegare le proprie forze. Per ridurla è utile trattare l’anemia, spesso causa principale della stanchezza; praticare un moderato e regolare esercizio fisico; osservare una dieta povera di grassi e di combinazioni difficili da digerire; adottare tecniche di rilassamento e di gestione dello stress. Dolore Il dolore può essere causato direttamente dal tumore oppure dagli effetti collaterali delle terapie. È importante che tu riferisca sempre al medico i sintomi riscontrati. A seconda dell’intensità vengono utilizzati medicinali sempre più potenti, classificabili in: non oppioidi (antinfiammatori non steroidei, ecc.) o oppioidi minori (come la codeina), per sedare il dolore da lieve a moderato; oppioidi maggiori (morfina, metadone) per problemi severi o nel momento in cui risultino inefficaci le terapie antidolorifiche più blande. Se ti viene consigliato l’utilizzo di oppioidi non temere di sviluppare una dipendenza: si tratta di un rischio minimo e del tutto secondario rispetto all’esigenza di controllare il dolore.

Nei primi cinque anni dall’intervento va pianificato un attento programma di controllo (follow-up). Questo permette di intervenire in tempo in caso di ricaduta o di metastasi. Le recidive di tumori al pancreas rappresentano un importante problema clinico, vista la complessità della malattia. Ma, più in generale, il follow-up permette di monitorare la risposta al trattamento impiegato. I protocolli possono differenziarsi anche in modo significativo in base al tipo e allo stadio del cancro, oltre che alle caratteristiche del paziente. Tutti questi fattori vengono analizzati dal medico, per decidere ogni quanto programmare le visite e per monitorare il tuo stato di salute, diagnosticando così velocemente eventuali riprese della malattia. Non è dimostrato che gli esami di follow-up riducano l’incidenza delle metastasi. È possibile però diagnosticare la progressione della malattia in una fase spesso asintomatica, permettendo in alcuni casi di sottoporsi a trattamenti tempestivi. Non preoccuparti se, parlando con altri pazienti, noterai differenze significative negli intervalli fra una visita e l’altra. Nel caso di neoplasia al pancreas, la sorveglianza post-chirurgica si avvale dell’esame clinico, dell’utilizzo di marcatori tumorali e di procedure radiologiche. Siccome l’esame da solo non è generalmente in grado di evidenziare precocemente le recidive, l’aggiunta del marcatore in combinazione consente di confermare il sospetto di ricaduta. Gli esami strumentali utilizzati con maggior frequenza sono: TC, ecografia addominale, Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) e PET. I

Fumo L’associazione tra fumo e cancro del pancreas è stata dimostrata da quasi tutti gli studi pubblicati a partire dal 1966. Sebbene tale associazione non sia così forte come per il cancro del polmone, in cui vi è contatto diretto tra tessuto polmonare e prodotti del tabacco, il fumo di sigaretta è responsabile di circa il 70-100% di aumento del rischio di cancro pancreatico. Il fumo rimane un fattore di rischio modificabile: dopo aver smesso di fumare, il rischio diminuisce gradualmente, senza però ritornare ai livelli di base prima di almeno dieci anni . Anche il tabacco da pipa e sigari aumenta il rischio di tumore pancreatico e recenti studi hanno indicato anche il tabacco da masticare come fattore di rischio . Sulla base della frequenza del fumo nella popolazione, il rischio attribuibile a questo fattore di rischio (cioè la riduzione complessiva delle percentuali di tumore pancreatico se il fumo fosse completamente eliminato) è di circa il 25%.

Alcool L’alcool è un noto fattore di rischio per tumori insorti in diversi organi, compreso l’esofago ed il fegato, ma può essere un fattore di rischio anche per cancro del pancreas? Poiché esiste una forte relazione tra fumo ed alcool, ogni rischio attribuito/correlato all’alcool può essere causato da fattori di confondimento legati al fumo. La maggior parte degli studi non hanno evidenziato una relazione tra alcool e tumore pancreatico o solo una lieve associazione probabilmente dovuta a fattori di confondimento da parte del fumo. In una recente analisi di 14 studi è stata riscontrata solo una bassa associazione per i soggetti appartenenti alla categoria di consumo più elevata di alcool, e solo nelle donne . Alimentazione Esistono naturali differenze nelle abitudini alimentari a livello regionale e nazionale, per cui spesso si tende ad attribuire all’alimentazione parte delle differenze osservate nella frequenza di questa patologia tra i diversi Paesi. E’ comunque difficile definire un legame tra alimentazione e cancro a causa di problemi metodologici nella raccolta e valutazione delle informazioni sulle abitudini alimentari. In studi di coorte, le informazioni di tipo alimentare raccolte prima della comparsa dei sintomi si sono dimostrate migliori rispetto agli studi caso-controllo.

Tuttavia, negli studi di coorte, non è stato dimostrato che l’alimentazione sia costante nell’intervallo di tempo che intercorre tra la raccolta dei dati e la diagnosi del tumore. Diversi studi suggeriscono che monitorando il consumo calorico complessivo e/o l’obesità si può prevedere l’insorgenza del tumore pancreatico . Il meccanismo può essere costituito dall’insorgenza diretta o indiretta del tumore per mezzo di un legame tra obesità e risposte infiammatorie . E’ stato più difficile trovare un particolare responsabile tra i tanti e diversi prodotti alimentari. Ad esempio, un elevato contenuto glicemico causato da eccesso di carboidrati non sembra portare a questa patologia . Una maggiore assunzione di proteine è stata considerata un fattore di rischio in alcuni studi, ma non ha trovato conferma in altri . Sembra che i flavonoidi, antiossidanti naturali ampiamente presenti nelle piante, riducano il rischio di alcuni tumori.

Non ci sono evidenze sufficienti che dimostrino che questi possono agire come fattori di protezione alimentare nel CP . Negli Stati Uniti, circa la metà della popolazione adulta consuma vitamine supplementari. Queste sostanze od altri micronutrienti possono avere un ruolo nel ridurre il rischio di cancro del pancreas? Diversi studi hanno esaminato i folati, che possono svolgere un modesto ruolo di protezione, in particolare nei fumatori . Anche la vitamina D può proteggere contro il tumore del pancreas per il suo ruolo di supporto nel metabolismo del calcio od attraverso altri meccanismi. E’ difficile una valutazione precisa del ruolo della vitamina D, per la possibile interferenza con la luce del sole e con l’alimentazione; tuttavia, alcuni studi sostengono un suo effetto protettivo (6,30). Secondo alcuni ricercatori un altro micronutriente, la metionina, potrebbe avere un ruolo protettivo contro il tumore pancreatico (26,31,32). La metionina, un aminoacido essenziale che contiene zolfo, è presente nella carne, nel pesce e nei legumi. L’interazione tra metionina ed altri componenti alimentari come i folati, può ridurre ancor più il rischio di questo tipo di tumore .

Esistono anche altri fattori di rischio, con un peso sicuramente meno rilevante rispetto a quanto vi abbiamo detto finora, ma che possono comunque giocare la loro parte. Alcuni riguardano ancora gli “stili di vita”, altri invece non sono purtroppo modificabili. Diabete In Italia vivono circa 3 milioni di persone con diabete, malattia metabolica che risente moltissimo della sedentarietà e dell’alimentazione scorretta. Recenti studi, condotti su pazienti affetti dalla patologia da lungo tempo (oltre 10 anni) hanno rilevato un aumento del 50% di rischio di tumore al pancreas. Gruppo sanguigno In un ampio studio prospettico, su circa un milione di persone/anni di osservazione, è emersa una correlazione tra gruppo sanguigno e tumore del pancreas. In accordo con diverse ricerche precedenti, avere un gruppo sanguigno di tipo non-0 sarebbe responsabile del 17% delle neoplasie al pancreas. Però, l’esatto meccanismo che collega il cancro del pancreas ai gruppi sanguigni non è ancora noto. Malattie genetiche ereditarie Sindrome multipla atipica familiare del melanoma (FAMMM), sindrome di Peutz-Jeghers (PJS), pancreatite ereditaria (HP), cancro colorettale ereditario non poliposico (HNPCC), sindrome di carcinoma familiare della mammella e dell’ovaio (FBOC), fibrosi cistica (FC), poliposi adenomatosa familiare (FAP), atassia telangiectasia (AT) e anemia di Fanconi (FA).

EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO

Il carcinoma pancreatico presenta un basso tasso di incidenza in quasi tutte le popolazioni e pertanto viene considerato un “cancro orfano”. Questa patologia sarebbe di scarso interesse se il tasso di mortalità non fosse così elevato. Inoltre, poiché il tasso di mortalità si avvicina a quello di incidenza, il cancro pancreatico (CP) rappresenta la quarta o quinta causa più comune di morte per tumore, nella maggior parte dei Paesi occidentalizzati. Alla fine degli anni ’90, la stima del numero di tumori pancreatici in tutto il mondo era di 110.000. Purtroppo, la maggior parte dei pazienti affetti da questa patologia muore a causa della malattia e, per coloro che sopravvivono più a lungo, una diagnosi errata può essere un problema . Grazie alla chirurgia, circa il 20% dei pazienti sopravvive a 5 anni, ma solo il 20% dei pazienti può essere sottoposto alla resezione del pancreas.
Fattori demografici
Nei Paesi occidentali, l’età media dei pazienti alla diagnosi è di circa 70 anni e, come per quasi tutti gli altri tumori diagnosticati in età adulta, i tassi di incidenza e mortalità sono fortemente in relazione all’età. Solo circa il 5-10% dei pazienti sviluppa il cancro al pancreas prima dei 50 anni. Questo gruppo potrebbe però comprendere pazienti affetti da un disturbo genetico congenito. La probabilità cumulativa di sviluppare un tumore del pancreas nell’arco della vita è di circa l’1% negli uomini ed un po’ più bassa nelle donne. Sembra ci sia correlazione minima, se non nessuna, con fattori di rischio ormonali legati al sesso , mentre il fumo è il principale fattore responsabile per gli elevati tassi osservati nella popolazione maschile.
Sono state riscontrate notevoli differenze razziali nella frequenza di cancro del pancreas, con percentuali sensibilmente superiori nei neri rispetto ai caucasici, mentre le percentuali più basse sono state registrate in alcune popolazioni asiatiche. I motivi non sono chiari: le differenze nel numero di fumatori non spiegano l’elevato tasso di tumore pancreatico nei neri, tuttavia ci potrebbero essere differenze genetiche in relazione alla razza nel processo di detossificazione delle sostanze carcinogeniche prodotte dal tabacco. Un altro fattore importante potrebbe essere l’elevata prevalenza di insufficienza di vitamina D nella popolazione nera.

Distribuzione globale
La distribuzione del cancro pancreatico mostra una curiosa distribuzione geografica, con tassi più alti osservati man mano che ci si allontana dall’equatore. Ciò potrebbe essere correlato ai bassi livelli di vitamina D, fortemente legato all’esposizione alla luce del sole e ai raggi ultravioletti . I tassi di mortalità in Italia sono intermedi rispetto agli altri Paesi europei con la presenza di variazioni tra Nord e Sud, più elevati nell’Italia settentrionale, intermedi nell’Italia centrale e bassi nell’Italia meridionale.

Time trend
Con l’aumentare della durata della vita, la frequenza assoluta di questa patologia è destinata ad aumentare. Questo avviene soprattutto in Cina, India e nelle Regioni asiatiche dove le popolazioni stanno invecchiando. Un altro fattore che porta ad un aumento del numero di casi in queste regioni è che, al contrario dei Paesi occidentali, sempre più persone iniziano a fumare. In Italia, mentre i tassi standardizzati per età sono stati relativamente stabili negli ultimi 20 anni, il numero di morti è raddoppiato a causa dell’invecchiamento della popolazione.

Fumo
L’associazione tra fumo e cancro del pancreas è stata dimostrata da quasi tutti gli studi pubblicati a partire dal 1966 . Sebbene tale associazione non sia così forte come per il cancro del polmone, in cui vi è contatto diretto tra tessuto polmonare e prodotti del tabacco, il fumo di sigaretta è responsabile di circa il 70-100% di aumento del rischio di cancro pancreatico. Il fumo rimane un fattore di rischio modificabile: dopo aver smesso di fumare, il rischio diminuisce gradualmente, senza però ritornare ai livelli di base prima di almeno dieci anni. Anche il tabacco da pipa e sigari aumenta il rischio di tumore pancreatico e recenti studi hanno indicato anche il tabacco da masticare come fattore di rischio. Sulla base della frequenza del fumo nella popolazione, il rischio attribuibile a questo fattore di rischio (cioè la riduzione complessiva delle percentuali di tumore pancreatico se il fumo fosse completamente eliminato) è di circa il 25%.
Alcool
L’alcool è un noto fattore di rischio per tumori insorti in diversi organi, compreso l’esofago ed il fegato, ma può essere un fattore di rischio anche per cancro del pancreas? Poiché esiste una forte relazione tra fumo ed alcool, ogni rischio attribuito/correlato all’alcool può essere causato da fattori di confondimento legati al fumo. La maggior parte degli studi non hanno evidenziato una relazione tra alcool e tumore pancreatico o solo una lieve associazione probabilmente dovuta a fattori di confondimento da parte del fumo. In una recente analisi di 14 studi è stata riscontrata solo una bassa associazione per i soggetti appartenenti alla categoria di consumo più elevata di alcool, e solo nelle donne .
Alimentazione
Esistono naturali differenze nelle abitudini alimentari a livello regionale e nazionale, per cui spesso si tende ad attribuire all’alimentazione parte delle differenze osservate nella frequenza di questa patologia tra i diversi Paesi. E’ comunque difficile definire un legame tra alimentazione e cancro a causa di problemi metodologici nella raccolta e valutazione delle informazioni sulle abitudini alimentari. In studi di coorte, le informazioni di tipo alimentare raccolte prima della comparsa dei sintomi si sono dimostrate migliori rispetto agli studi caso-controllo. Tuttavia, negli studi di coorte, non è stato dimostrato che l’alimentazione sia costante nell’intervallo di tempo che intercorre tra la raccolta dei dati e la diagnosi del tumore. Diversi studi suggeriscono che monitorando il consumo calorico complessivo e/o l’obesità si può prevedere l’insorgenza del tumore pancreatico. Il meccanismo può essere costituito dall’insorgenza diretta o indiretta del tumore per mezzo di un legame tra obesità e risposte infiammatorie. E’ stato più difficile trovare un particolare responsabile tra i tanti e diversi prodotti alimentari. Ad esempio, un elevato contenuto glicemico causato da eccesso di carboidrati non sembra portare a questa patologia. Una maggiore assunzione di proteine è stata considerata un fattore di rischio in alcuni studi, ma non ha trovato conferma in altri.
Sembra che i flavonoidi, antiossidanti naturali ampiamente presenti nelle piante, riducano il rischio di alcuni tumori. Non ci sono evidenze sufficienti che dimostrino che questi possono agire come fattori di protezione alimentare nel CP.
Negli Stati Uniti, circa la metà della popolazione adulta consuma vitamine supplementari. Queste sostanze od altri micronutrienti possono avere un ruolo nel ridurre il rischio di cancro del pancreas? Diversi studi hanno esaminato i folati, che possono svolgere un modesto ruolo di protezione, in particolare nei fumatori . Anche la vitamina D può proteggere contro il tumore del pancreas per il suo ruolo di supporto nel metabolismo del calcio od attraverso altri meccanismi. E’ difficile una valutazione precisa del ruolo della vitamina D, per la possibile interferenza con la luce del sole e con l’alimentazione; tuttavia, alcuni studi sostengono un suo effetto protettivo.
Secondo alcuni ricercatori un altro micronutriente, la metionina, potrebbe avere un ruolo protettivo contro il tumore pancreatico. La metionina, un aminoacido essenziale che contiene zolfo, è presente nella carne, nel pesce e nei legumi. L’interazione tra metionina ed altri componenti alimentari come i folati, può ridurre ancor più il rischio d



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