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La Juve con gli uomini contati. Proprio per la partita più importante di questa prima fase di stagione. Stasera contro il Manchester United, infatti, Allegri dovrà fare a meno anche di Mandzukic, pedina chiave dello schieramento bianconero. L’attaccante croato si è bloccato durante la rifinitura ieri mattina a Torino, prima che la squadra si unisse al presidente Andrea Agnelli e al suo vice Pavel Nedved per volare in Inghilterra. Mandzukic – distorsione alla caviglia sinistra – ne avrà per una settimana: il suo nome potrà tornare nell’elenco dei convocati per Juve-Cagliari del 3 novembre, con vista sulla gara di ritorno di Champions allo Stadium (7 novembre).



OUT. L’assenza del centravanti titolare si aggiunge a quelle di Khedira ed Emre Can. I due mediani sono entrambi indisponibili e mettono Allegri nelle condizioni di avere una rosa ristretta anche a metà campo, con i soli Pjanic, Matuidi e Bentancur quali soluzioni di ruolo. Khedira è alle prese con l’ultima fase del recupero dopo l’elongazione ai flessori della coscia sinistra subita in due fasi, sempre in Champions, tra Valencia e Young Boys. L’ex Real può tornare disponibile tra dieci giorni, per il Cagliari. Emre Can invece, connazionale ed alter ego tattico proprio di Khedira, sta procedendo con gli esami per capire l’entità del nodulo alla tiroide che ha scoperto di avere. E’ volato in Germania per gli accertamenti: potrebbe doversi operare.

SCELTE. Allegri, visti i 20 convocati, ha sempre diverse ipotesi di formazione. Il 4-3-3 classico, il 4-2-3-1 e il 4-4-2 sono tutti moduli praticabili. La soluzione più probabile è quella con due soli attaccanti, così da avere soluzioni valide in panchina che possano cambiare ritmi e trame dello svoglimento della gara. Dybala dovrebbe far coppia con Ronaldo e sugli esterni agiranno due fra Cuadrado, Bernardeschi e Douglas Costa. Così, con Pjanic e Matuidi coppia di centrali, anche a centrocampo Allegri sarebbe coperto dalla presenza di Bentancur al suo fianco in panchina.

Lo streaming per vedere il derby tra Manchester United Juventus può essere cercato dagli utenti italiani anche sui siti delle emittenti che operano fuori dai confini italiani. Oltre ad essere un’alternativa gratis e, forse per questo, molto diffusa è anche legale visto che i diritti per le partite della Champions League vengono acquistati nei paesi di origine. Ovviamente la telecronaca non sarà in italiano e le immagini non saranno sempre limpide. L’unico intoppo reale può essere l’intervento dei blocchi geografici che non consentirebbero di vedere lo streaming agli utenti italiani. Intanto i tribunali europei non si sono pronunciati ancora in maniera univoca. Ecco qualche esempio:

  1. Cina China Central Television;
  2. Indonesia Rajawali Citra Televisi Indonesia;
  3. Cipro Cyprus Broadcasting Corporation;
  4. Australia Special Broadcasting Service;
  5. Croazia Hrvatska radiotelevizija;
  6. Honduras Televicentro;
  7. Irlanda Raidió Teilifís Éireann;
  8. Ecuador RedTeleSistema;
  9. Finlandia Yleisradio Oy;
  10. Birmania Myanmar National TV;
  11. Georgia Georgia Public Broadcasting;
  12. Bosnia ed Erzegovina Radiotelevizija Bosne i Hercegovine;
  13. Austria Österreichischer Rundfunk;
  14. Colombia Radio Cadena Nacional;
  15. Kosovo Radio Television of Kosovo;
  16. Grecia Ellinikí Radiofonía Tileórasi;
  17. Germania Zweites Deutsches Fernsehen;
  18. Lussemburgo Radio Television Luxembourg.

A precisa domanda, è scattato il sorrisone: «Mah, non so se sentirò Paul Pogba prima di Manchester-Juve…». In quel sorrisone, però, c’era tutto l’affetto che Massimiliano Allegri nutre nei confronti del francese, suo ex giocatore (dal 2014 al 2016) e ora sua prima preoccupazione in vista della sfida di Champions League in programma domani a Manchester.

Il punto è che tra i due il rapporto è ancora saldissimo e non si poggia soltanto sulla reciproca stima professionale, bensì anche su affetto e simpatia. In Allegri, del resto, Pogba aveva trovato un allenatore ma anche un insegnante di vita, un confidente. Uno che era disposto a capirlo rispettandone la sfera umana: era un ragazzino, in fin dei conti, e questo Allegri non lo ignorava. Basti pensare alle epiche sfide tra i due, a margine degli allenamenti, a tiri da fuori oppure a basket. Sfide che cementavano il rapporto e che davano sicurezza a Pogba.
Non stupisce, dunque, che Allegri speri di avere ancora a disposizione il francese, e che la Juventus stia cercando di accontentarlo. Anche grazie ad un contesto – allo United- nel quale Pogba svolge suo malgrado il duplice ruolo di giocatore trainante, eppure discusso.

A Paul Pogba la critica inglese non ha mai perdonato quei cento milioni di valutazione serviti per (ri)portarlo dalla Juventus al Manchester United nel 2016). In particolare gli ex Red Devils come Paul Scholes, Rio Ferdinand, Gary Neville, che (con qualche ragione) quando si tratta di ricordare i tempi di Sir Alex Ferguson ragionano integralisti duri e puri, non hanno mai fatto mancare le critiche non tanto al Pogba di adesso, ma al ragazzino che decise di andarsene a crescere altrove a 18 anni.
Critiche giustificate? In parte sì, perché Pogba qualche amnesia l’ha avuta. L’ultima sabato sul blocco sbagliato in occasione del gol di Antonio Rudiger. Ma per lo più esagerate. Da quando José Mourinho guida il Manchester United, Paul Pogba è il giocatore che ha partecipato a più gol e assist in totale: 18 volte ha segnato, altrettante ha fatto segnare, considerando tutte le competizioni in cui è sceso in campo. Rispetto agli 8 gol più 12 assist dell’ultima stagione bianconera, chiaramente, si tratta di un passo indietro, ma da contestualizzare tatticamente. Nel 3-5-2 allegriano Pogba godeva di libertà di colpire (e secondo Scholes: «C’era chi come Andrea Pirlo lo teneva concentrato, mentre ora deve fare da sé e sparisce»). A Manchester iniziò da mediano puro, 4-2-3-1 con ruoli per lo più difensivi. Lui non si lamentò mai: «Decide l’allenatore e io sono un centrocampista», diceva. Ma alla lunga la situazione divenne insostenibile. Vero che da un anno e mezzo, ormai, Mourinho è passato ad un 4-3-3 di fatto in cui tuttavia la squadra denota una fase difensiva molto più ballerina, ma vero anche che ritornato al suo habitat quasi naturale (mezz’ala sinistra) Pogba ha avuto una netta impennata di rendimento rispetto al primo anno. Nel 2016/17 infatti fece 8 gol e 5 assist, lo scorso anno 6 più 11, in questa stagione è già a 4 più 3. Anche se l’umore non è alle stelle. E su questo aspetto, la Juventus, può puntare parecchio.

Alla fine, Marco Fritz e Felix Brych, l’assistente di porta e l’arbitro che a Valencia avevano decretato l’ingiusta espulsione di Cristiano Ronaldo, potrebbero aver fatto addirittura un favore alla Juventus. Perché quell’assurdo cartellino rosso non aveva avuto alcun effetto sulla squadra di Massimiliano Allegri, capace di battere 2-0 il Valencia in 10 contro 11, e perché domani a Manchester contro lo United il tecnico avrà un Ronaldo più famelico che mai, dopo l’ingiusto digiuno forzato nella competizione che ama di più.

Un digiuno lungo 151 minuti, i 61 che mancavano alla fine al Mestalla e i 90 della partita con lo Young Boys saltata per squalifica, che ha impedito al fuoriclasse portoghese di regalare subito alla sua nuova squadra e ai suoi nuovi tifosi i suoi gol e le sue giocate nella competizione dove li desiderano maggiormente. Che gli ha impedito di tenere il passo di LeoMessi, già 5 gol, in quella classifica marcatori di Champions League che Ronaldo ha vinto negli ultimi sei anni. Che gli ha impedito, finora, di provare a rimontare Modric e gli altri rivali nella corsa al Pallone d’Oro.
Il digiuno però è finito: Ronaldo domani sera tornerà in Champions e a Old Trafford con tutta la sua classe, con la rabbia accumulata in quei 151 minuti di stop forzato e con quella fresca per la mancata vittoria di sabato contro il Genoa. Rabbia, quest’ultima, condivisa dai suoi compagni, soliti cancellare ogni mezzo passo falso con prestazioni strepitose. Non con la rabbia per l’accusa di stupro, invece: perché CR7 vuole, e ha dimostrato di saperlo fare, tenere quella vicenda fuori dal campo. Né elemento di disturbo, né motivazione supplementare.

Del resto, di motivazioni supplementari, non ha bisogno. La sua ossessione per la vittoria e per la perfezione come mezzo per raggiungerla è già assoluta: lo dicono la sua storia e il suo presente. «Ha portato ancor più senso di responsabilità in una squadra che ne aveva già molto», ha spiegato Allegri venerdì. Una squadra che ne aveva già molto e che sabato contro il Genoa per qualche minuto lo ha perso, pagando il caro prezzo di due punti. Un calo umano, ma questo è uno degli aspetti sotto cui Ronaldo è un marziano e può aiutare la Juventus tutta ad andare oltre certi umani e pur rari rilassamenti. Era stato uno di quei rilassamenti, l’anno scorso al Bernabeu, a consentire al Real Madrid di imbastire l’azione poi sfociata nel rigore con cui proprio Cristiano Ronaldo rese inutile l’epica rimonta bianconera, trasformando lo 0-3 nell’1-3 che qualificò il Real. Ora che ha cambiato maglia, può portare la Juventus a eliminare del tutto certi cali di tensione, che in Champions possono essere fatali anche se capitano una sola volta in tutta la stagione e durano pochi secondi.

Prima dell’infortunio di Lionel Messi, uno dei temi più battuto dai tifosi del Barcellona era che il Clásico di domenica prossima «sarà il primo senza Cristiano Ronaldo». E, del resto, il ricordo che il fuoriclasse portoghese della Juventus ha lasciato di lui nel campionato spagnolo è indelebile. Detto questo, il torneo che è riuscito a esaltare maggiormente le qualità del cinque volte Pallone d’Oro è senza dubbio un altro: la Champions League.

Ed è per questa ragione che, dopo la surreale espulsione del Mestalla e la successiva assenza contro lo Young Boys, CR7 torna a respirare aria di casa. In tutti i sensi. Da una parte, l’Old Trafford, il suo personalissimo teatro dei sogni dal 2003 al 2009. Dall’altro, la sua competizione feticcio, quella che gli ha permesso di entrare di diritto nell’Olimpo dei migliori calciatori della storia. Nessuno ha segnato più di lui, né in assoluto (120) né in una sola stagione (17). Cristiano è, inoltre, l’unico calciatore ad aver segnato in tre finali di Champions e in tutte e sei le gare della fase a gruppi.

Ma non sono i record che è già riuscito a battere – almeno non solo quelli – a suscitare l’interesse degli addetti ai lavori, dei tifosi della Juventus e, più in generale, degli amanti del calcio. E già, perché sono ancora molte le vette da scalare. Sfide sempre più appassionanti da vivere, questa volta, con la maglia bianconera. La cima più importante di tutte porta il nome di quello che, fino alla scorsa stagione, è stato il suo presidente onorario: Paco Gento. La leggendaria ala sinistra spagnola è l’unico ad aver conquistato sei titoli della massima competizione europea. Cristiano, dopo la tripletta messa a segno negli ultimi tre anni, è arrivato a quota 5. Ne manca una. Se dovesse riuscire a trascinare la squadra di Massimiliano Allegri fino alla vittoria finale, inoltre, Ronaldo eguaglierebbe anche il primato di Clarence Seedorf, l’unico giocatore ad aver alzato la coppa dalle grandi orecchie con tre squadre diverse (la Uefa non riconosce a Samuel Eto’o quella vinta nel 2000 con il Real Madrid per non aver disputato nemmeno un minuto): Ajax, Real e Milan.

La difesa del Manchester United è un colabrodo. Lo dicono i numeri: non solo i 14 gol subiti fin qui in Premier League (che fanno da contraltare agli zero in Champions) ma il gioco nel suo complesso. Se si vanno ad analizzare (attraverso la statistica dei gol attesi) tutti i tiri concessi agli avversari spicca un dato. Fatta 100 la pericolosità degli avversari nel primo anno di Mourinho, nel secondo anno questa è salita a 134 e quest’anno addirittura a 174. Cosa è successo? Nel primo anno (in Premier) la difesa subì 29 gol, abbastanza in linea con i 31,6 che era lecito attendersi in base ai pericoli creati dagli avversari. Nel secondo anno grazie ad un De Gea strepitoso i gol subiti in Premier furono solo 28, ma gli avversari producevano un gioco che ne avrebbe giustificati fino a 43-44. Emblematica fu una partita contro l’Arsenal il 2 dicembre scorso. Vinse lo United 3-1 e Mourinho gongolava: «Difesa favolosa». Ed invece i numeri dicevano: 33 tiri degli avversari di cui 17 nello specchio. 16 parate dello spagnolo, un’enormità. Se nel breve ti può andare bene, nel lungo paghi. E quest’anno con lo spagnolo in flessione, lo United ha già subito 14 gol in 9 partite, uno in più di quelli (comunque troppi) che sarebbe stato lecito attendersi.
Quest’estate Mourinho chiedeva a gran voce un difensore (almeno uno). Il primo contattato fu Bonucci, nel mese di maggio. Alla fine non gli presero nè Alderweireld né Maguire, dopo il suo ottimo mondiale. Davanti a De Gea da inizio stagione è un rebus. A destra Valencia è infortunato, Dalot (19 anni e una sola presenza in coppa di Lega) non pare pronto, Darmian viene escluso sistematicamente nonostante contro il Leicester alla prima di campionato sia stato tra i migliori. Contro il Chelsea gli è stato addirittura preferito Young, dirottato da sinistra a destra con fascia di capitano. In mezzo Smalling – Lindelof sono una scelta obbligata dopo che Bailly è stato tolto al 19’ della partita col Newcastle dopo un avvio disastroso (0-2 al 12’). Jones è rientrato dall’infortunio ma non va nemmeno in panchina. Con Rojo infortunato di lungo corso (può giocare in mezzo o a sinistra) le scelte sono risicate, e sulla mancina l’unico sempre titolare è Shaw, fresco di rinnovo. Sarebbe ingiusto, comunque, buttare tutta la croce sulla difesa. In generale la squadra fatica da quando è passata dal 4-2-3-1 al 4-3-3. Matic non ha più la brillantezza del passato e mettere Pogba accanto a lui significa perdere l’unico che crea qualche variabile offensiva di peso. Mourinho lo odia per questo, ma non può fare a meno di lui, altrimenti oltre a una difesa inconsistente avrebbe anche un attacco prevedibile.

Emre Can contro il Genoa era in panchina, ma ieri mattina non si è presentato alla Continassa: i dirigenti hanno preferito esentarlo dall’allenamento in seguito all’esito di alcuni esami medici. «Emre Can – ha spiegato la Juventus con un bollettino medico pubblicato sul proprio sito – dovrà essere sottoposto ad approfondimenti clinici e strumentali per un nodulo tiroideo che potrebbe anche necessitare di un trattamento chirurgico». Che cos’è un nodulo tiroideo? Si tratta di una formazione nodulare che si sviluppa nello spessore della ghiandola tiroide: può essere benigno o maligno. La maggior parte dei noduli non provoca sintomi clinicamente significativi e non necessita di trattamenti.

E’ un po’ come se si fosse accesa una spia nel motore del centrocampista juventino. Nelle prossime ore, il tedesco volerà in Germania per sottoporsi a nuovi accertamenti che dovranno chiarire la natura del nodulo e, di conseguenza, l’eventuale necessittà di un intervento chirurgico. Le visite specialistiche potrebbero ridurre tutto a un semplice spavento e, a quel punto, Emre Can, dopo Manchester si riaggregherebbe alla squadra. Ma, tra le ipotesi, c’è anche quella di un’operazione, che potrebbe essere immediata o al termine della stagione. La Juventus e Emre Can sperano nel primo scenario, ma in questo momento non si hanno certezze. Se l’endocrinologo riterrà necessario intervenire chirurgicamente e subito, probabilmente il calciatore dovrà restare ai box per circa due mesi. Tanto lo staff medico quanto Massimiliano Allegri e tutti i compagni, che ieri hanno rincuorato l’ex Liverpool pr mezzo di chiamate e messaggi, si augurano di evitare questa eventualità anche se, ora come ora, la priorità è soltanto la salute del ventiquattrenne di origine turche.

L’unica certezza è che Emre Can oggi non volerà a Manchester. Non ci sarà l’ex Reds e non ci sarà neppure il suo connazionale Sami Khedira, il quale continua la riabilitazione post infortunio alla coscia sinistra. Il pretoriano di Allegri, fermatosi al rientro in campo contro lo Young Boys (2 ottobre), ha fatto di tutto per recuperare in vista di Old Trafford. I tempi erano stretti e, visto il precedente infortunio, in casa Juve ha prevalso la prudenza. A metà settimana, Allegri capirà se Khedira potrà riaggregarsi alla squadra per la trasferta di sabato a Empoli o se verrà rilanciato fra il match col Cagliari (3 novembre) e il ritorno contro la squadra di José Mourinho (7 novembre). Decisioni future. Adesso, per Allegri conta il big match di domani contro Paul Pogba: per sostituire i due tedeschi, a meno di cambi di sistema o allegrate, i maggiori indiziati sono Federico Bernardeschi (in vantaggio) e Rodrigo Bentancur.

Il sorriso dice quasi tutto. Sereno, non ostentato, come la voglia di scherzare nei tempi morti della conferenza, infastidito solamente da un colletto probabilmente un po’ stretto. Un sorriso che diventa dolce quando parla di Sir Alex Ferguson e dei ricordi di Manchester e dello United. Cristiano Ronaldo non è un uomo sotto pressione per le vicende americane, le accuse di stupro e le indagini in corso. Oppure è un attore con un talento ancora più fenomenale di quello che ha da calciatore. Cristiano Ronaldo sembra un uomo consapevole: della sua innocenza nel caso Mayorga e dell’importanza che riveste come personaggio. E scandisce bene un concetto che riassume in modo definitivo la sua posizione su quello che succede al di fuori del campo.
Dice: «So, so benissimo di essere un esempio in campo e anche fuori dal campo. E ne sono felice. Sono sereno. Sorrido perché sono un uomo beato, ho la salute, una famiglia fantastica, quattro figli, gioco in un club fantastico, posso godere di un notevole benessere. Tutto il resto non mi turba». E torna a sorridere. D’altra parte ha accettato di buon grado di essere protagonista della conferenza stampa prepartita alla quale non era obbligato a partecipare. L’etichetta mediatica suggerisce di portare un giocatore rappresentativo per entrambi i club, qualora ce ne sia uno (e Cristiano è un grande ex da queste parti), ma non ci sono vincoli. Però nella mattinata di ieri, quando gli è stato proposto, ha accettato senza pensarci un attimo, sapendo benissimo di dover affrontare cronisti potenzialmente affamati di sue dichiarazioni, commenti ed emozioni sul caso che lo vede accusato di stupro a Las Vegas.
Domande che non ha schivato, ma alle quali ha dato l’unica risposta possibile per lui, quando alla fine della conferenza gli è stato chiesto in modo diretto: «Allora non avete ascoltato bene prima. Sono un uomo sereno e felice. Ho rilasciato una dichiarazione ufficiale un paio di settimane fa (nella quale si diceva «innocente e in serena attesa delle ulteriori indagini della Polizia», ndr). Io non sono qui per raccontare bugie, mi sento fiducioso e lo sono anche i miei avvocati. Mi sto divertendo a giocare a pallone, mi sto godendo la mia vita e ho persone che si occupano di questi aspetti alle quali ho demandato tutto. Poi alla fine la verità verrà fuori. La verità per me è la cosa più importante».
Paura? Ansia? Pressione? Niente di tutto ciò, insomma. D’altra parte già s’è compreso da quanto visto sul campo a Udine o contro il Genoa, le due partite disputate dopo che negli Stati Uniti è scoppiato il caso. Questa sera, poi, c’è la Champions League, la sua casa, quella dove sta più comodo e si ritrova nello stadio in cui l’ha conosciuta, l’ha vinta ed è diventato Cristiano Ronaldo. E il sorriso si allarga ancora di più.

Quelli dell’Uefa lo chiamano «Walk on the pitch» e sostanzialmente è una camminata sul terreno di gioco per consentire ai giocatori di prendere confidenza con lo stadio. Cristiano Ronaldo non ne avrebbe granché bisogno all’Old Trafford, ma il modo con cui si guarda intorno è quello di chi prova il coccolante piacere di essere in un posto famigliare, zeppo di bei ricordi e nel quale si può respirare ottimismo.

«Tornare qui è un’emozione forte, che mi tocca dentro. Qui ho vinto tutti i trofei e ho un ricordo speciale della tifoseria. Qui è incredibile, bellissima. E non posso mai dimenticarmi di Sir Alex Ferguson, una persona fondamentale per me e per la mia crescita, gli auguro tutto il meglio per la sua vita. Sì, insomma, è stata davvero una grande emozione quando ho saputo che avremmo giocato contro il Manchester». Romantico, ma anche feroce quando si tratta di pensare alla sfida sul campo di domani: «Sarà una partita difficile, lo United ha una squadra eccellente e gioca in casa. Sarà difficile, lo so. Ma noi siamo la Juventus e abbiamo le nostre armi, se giochiamo bene, se ce la giochiamo come vuole Allegri, allora credo che abbiamo ottime chance di vincere. Il Manchester merita tutto il nostro rispetto, anche perché ha un grande allenatore e non solo grandi giocatori, ma io penso che vincerà la Juventus».

C’è di sicuro una smania di rivincita che gli brucia dentro, dopo l’ingiusta espulsione di Valencia che ha compromesso il suo esordio in Champions League con la Juventus e lo ha tolto di mezzo dalla seconda partita. La sua Champions inizia, in pratica, questa sera nel suo Old Trafford, una bella coincidenza. Ma non gli parlate di complotti contro di lui, fra espulsioni e mancati premi di Uefa e Fifa: «Non è una mia ossessione vincere trofei individuali (e gli cresce impercettibilmente il naso mentre pronuncia questa frase, ndr). Io devo concentrarmi sul mio contributo alla Juve. E finora per me è stato un periodo fantastico, tutto sta andando bene, la squadra mi piace molto e mi aiuta tantissimo. Vincere qualcosa individualmente non è un ossessione. Aiuta, ma non lo è».
A essere perfidi aiuta anche la crisi del Real Madrid, che senza CR7 non riesce più a vincere e fare gol. Difficile pensare che l’orgoglio di Ronaldo non ne provi almeno un piccolo massaggino. Lui però è imperturbabile: «Non devo parlare di altri club. Tutti conoscono la mia storia nel Real Madrid e cosa è successo. Ma questo non è il momento adatto a parlarne: domani la Juventus gioca una partita fondamentale e mi devo concentrare su questa, perché se vinciamo siamo praticamente qualificati. Quindi non sono l’uomo per parlare del Real. E neppure per fare paragoni con la Juventus. Sono due società mondiali. Ho fatto il mio percorso con il Real, ora ho aperto un capitolo con la Juventus, una delle migliori società al mondo, così come lo è il Manchester dove ho giocato prima. Sono un uomo fortunato e felice di aver associato il mio nome a tre club di enorme importanza nella storia del calcio».
Ma non è tipo che ama guardarsi troppo indietro, CR7. E’ un uomo che vive forte il presente e il presente ora si chiama Juventus: «Sono felicissimo di essere qui. Mi sto ancora ambientando nel calcio italiano che è molto difficile e diverso da quello al quale ero abituato. Ma i compagni mi aiutano tantissimo, tutti mi danno una mano e mi sto divertendo molto». Per ridere davvero, però, gli servirebbe un gol: «E se segno non esulto, come l’altra volta». L’affetto per Manchester non sfiorirà mai, ma vale solo la compostezza dopo una rete, che cercherà comunque come un matto: questa è la Champions, baby.

«Mandzukic non avrebbe giocato lo stesso, quindi mi sono tolto un pensiero». Massimiliano Allegri ha girato in positivo l’infortunio nella rifinitura dell’attaccante croato (problema a una caviglia) facendo ritornare alla memoria la vigilia contro il Bayern del 2015-16, quando Super Mario, non al meglio, partì in panchina e il “Conte Max” puntando sulle ripartenze di Morata e Cuadrado andò a un passo da una straordinaria impresa. L’idea per Old Trafford è simile: al centro dell’attacco ci sarà Ronaldo. «Cristiano – ha spiegato il tecnico – è il miglior centravanti al mondo non giocando da centravanti. Quindi gli altri devono essere bravi a capire dove si mette e andare ad occupare gli altri posti». Accanto a CR7 ci sarà senz’altro Paulo Dybala, mentre Federico Bernardeschi movimenta i dubbi di Allegri. L’allenatore deciderà solo in mattinata se puntare dall’inizio sull’azzurro o impiegarlo in corsa, con la possibilità di schierarlo, in base alle necessità, nel tridente o a centrocampo. L’alternativa a Bernardeschi è Juan Cuadrado, anche se tra le varianti che Allegri sta prendendo in considerazione esiste pure una terza ipotesi: Rodrigo Bentancur in panchina con Bernardeschi e Cuadrado ad alternarsi come mezzala ed esterno d’attacco. Allegri avrebbe così un cambio vero per i titolari Pjanic e Matuidi, visto che la coperta in mezzo è corta per le assenze di Sami Khedira (vicino al rientro) ed Emre Can, in Germania per accertamenti in seguito al problema alla tiroide.

Pochi dubbi in difesa, dove invece c’è abbondanza. A meno di intuizioni notturne, Allegri sembra orientato a proporre la solita linea a quattro davanti a Szczesny. Joao Cancelo e Alex Sandro sulle fasce con il rientrante Giorgio Chiellini a far coppia al centro con Leonardo Bonucci. Il terzo pilastro della storica BBC, Andrea Bazargli, potrebbe invece essere l’arma da spendere nel finale in caso di risultato positivo da impachettare.

«Non pensiate che il Manchester United sia una squadra debole, anzi… E’ composta da grandi giocatori che a livello individuale fanno la differenza. La Juventus dovrà fare in modo che la partita non si riduca a un insieme di tanti duelli singoli perché in quel caso il rischio di bruciarsi a Old Trafford è alto». Il match analyst Andrea Maldera, tattico dell’Ucraina del ct Andrij Shevchenko e in passato anche del Milan, ha analizzato le ultime partite delle squadre di José Mourinho e di Massimiliano Allegri come se dovesse preparare qualcuno dei suoi giocatori per il big match di stasera nel “Teatro dei sogni”.

Partiamo dal Manchester United.

«Non è una squadra che ruba gli occhi o colpisce per il collettivo, però presi singolarmente sono tutti giocatori di valore. Se vai a duellare a centrocampo con gente fisica come Pogba, Matic o Fellaini rischi grosso. I vari Martial, Rashford e Lukaku sono tutti clienti pericolosi negli uno contro uno. La Juventus dovrà giocare da squadra sfruttando la maggiore tecnica e la superiore organizzazione in fase di possesso e di non possesso».

A livello pratico?

«La squadra di Allegri dovrà avere una fase di possesso molto organizzata, muovendo velocemente la palla, sfruttando la qualità di Cristiano Ronaldo tra le linee. Il Manchester United a livello difensivo è vulnerabile, spesso occupa gli spazi in modo non corretto. Chi come i Red Devils marca l’uomo, che è il loro primo riferimento, soffre gli inserimenti da dietro dei centrocampisti. Tanto per essere chiari: più tieni la palla nei piedi e più dai dei riferimenti agli avversari e nel caso del Manchester United metti la partita sul binario che loro preferiscono: quello dei duelli individuali. Più invece muovi la palla velocemente e con qualità e più la squadra di Mourinho va in difficoltà».

In quali situazioni la Juventus può sorprendere il Manchester United?

«Saranno importantissimi gli inserimenti da dietro dei centrocampisti (immagine 1: un taglio di Emre Can contro il Napoli libera lo spazio a Mandzukic per far gol di testa). E un altro aspetto fondamentale saranno le ripartenze».

Spieghi pure.  «Il Manchester United spesso va in difficoltà nelle “letture difensive” (vedi immagine 4: Bailly invece di correre all’indietro resta fermo) e la Juventus dispone di tantissimi giocatori devastanti nel ribaltare l’azione: Cristiano Ronaldo, Bernardeschi, Douglas Costa, Cuadrado… La squadra di Mourinho concede sempre delle occasioni e i bianconeri dovranno essere puntuali nel concretizzarle».

Si aspetta che Mourinho parcheggi l’autobus davanti alla difesa come ai vecchi tempi? «A Old Trafford non penso che il Manchester United disputerà una gara solamente difensiva. Detto questo, mi aspetto una squadra attenta e equilibrata che cercherà di sfruttare al meglio le occasioni cercando di non concedere troppe ripartenze alla Juventus. Però non fatevi ingannare dalle prestazioni non sempre esaltanti a livello di collettivo degli inglesi: in fase offensiva sono molto concreti. Di solito hanno poche palle gol, però grazie alle qualità individuali dei vari Lukaku, Martial, Rashford, Pogba e Mata le ottimizzano al massimo».

Il pericolo numero uno del Manchester United? «E’ una squadra molto verticale: appena recupera palla, attacca la profondità. Spesso costruisce i propri successi lasciando volutamente il possesso agli avversari. Nelle ripartenze sono velenosissimi perché possiedono enorme qualità nel passaggio: Lukaku e Martial, fantastici in contropiede, vengono trovati pure con lanci precisi di 30-35 metri (immagine 3: Pogba imbecca dalle retrovie Lukaku)».

Che precauzioni potrà adottare la Juventus? «Innanzitutto dovrà lavorare molto e con efficacia sulle “preventive”».

Cioè? «Vuol dire che i bianconeri, anche mentre attaccano, dovranno stare attenti a Lukaku e compagni per evitare di farsi sorprendere da un ribaltamento di fronte (vedi immagine 2: sulla ripartenza di Lasagna, Chiellini e Bonucci sono vicini e si danno copertura a vicenda). La Juventus dovrà prestare molta attenzione anche alle “seconde palle”, altra specialità del Manchester United. La squadra di Mourinho è molto brava nel lanciare lungo e accorciare su tutti quei palloni che, dopo una ribattuta o una sponda di Lukaku, cadono nei pressi dell’area. E nelle zone calde può far male in qualsiasi momento con un colpo di Martial, Pogba, Rushford o Mata».

Indiziato numero uno, il solito. Paul Pogba sarà uno dei giocatori più seguiti questa sera: dagli juventini in campo, perché con il francese occorre montare guardia doppia; dai tifosi bianconeri davanti alla televisione, perché il loro chiodo fisso è un ritorno del Polpo a Torino. Il campione del mondo resta l’obiettivo principale per una squadra che, dopo aver ingaggiato Cristiano Ronaldo, insegue un altro tassello per inserirsi stabilmente nell’Europa che comanda in maniera definitiva. E la dirigenza bianconera ha seguito in maniera costante quanto accadeva a Manchester, fronte United. Soprattutto la crepa progressivamente apertasi tra Pogba e José Mourinho. Un rapporto incrinatosi la scorsa stagione, con il francese che d’un tratto non compariva più nell’undici iniziale, e diventato sempre più freddo nel corso dei mesi: le critiche del portoghese giunte anche dopo la vittoria della Francia al Mondiale, le frecciatine pubbliche, la fascia di vice-capitano tolta.
Un mal di pancia evidente su entrambi i fronti, con i due a dire che «conta lo United più dei singoli» e a snobbarsi reciprocamente, anche in maniera pubblica. Segnali che la Juventus ha colto e che è pronta a trasformare in un inserimento, per riportare a casa il francese. C’è da accontentare lo United, ma non alle cifre della cessione nel 2016 (105 milioni). L’ipotesi più plausibile si aggira intorno ai 70 milioni: tanti, non troppi per un giocatore che non vede l’ora di congedarsi da un ambiente che non lo stima (vedi le critiche continue degli ex Red Devils, ma non solo) e di ritrovare Massimiliano Allegri, con cui aveva instaurato un feeling fortissimo.

Sull’asse Manchester-Juventus di questa sera c’è poi un secondo indiziato. Perché lo United (e anche il City) stanno monitorando Alex Sandro in casa bianconera e lo seguiranno con attenzione all’Old Trafford. Il laterale brasiliano piace a entrambi i club, nonostante non sia ancora tornato ai vertici di un paio di stagioni or sono, quando seppe imporsi all’attenzione generale, diventando un oggetto del desiderio al mercato 2017. La Juventus, come tutti sanno, non ritiene nessuno incedibile, l’offerta però deve essere congrua. Ovvero: non si svende nessuno, e questo vale anche per un Alex Sandro non ancora al meglio. Pertanto se una delle due Manchester facesse il grande passo (con una proposta irrinunciabile), allora la società bianconera potrebbe mettere da parte un gruzzoletto importante, quello che darebbe una mano per arrivare a Marcelo, la cui valutazione oggi si muove tra i 50 e i 60 milioni. Anche in questo caso, come per Pogba, siamo di fronte a un giocatore oggi scontento della sua situazione. Per il terzino sinistro del Real Madrid è un discorso ambientale che vale doppio, perché le logiche del mercato quest’estate gli hanno portato via Cristiano Ronaldo, il punto di riferimento a livello professionale e, soprattutto, il grande amico di tutti i giorni. Oggi Marcelo si sente un peso a Madrid, in una squadra guidata con mano incerta da Julen Lopetegui, a sua volta vicino al passo d’addio dopo i flop in serie. Una chiamata da Torino, come abbiamo scritto ieri, sarebbe accolta a braccia aperte dal brasiliano. E da CR7. Molto dipenderà, però, da Alex Sandro. E da chi busserà alle porte della Juventus per chiederne il prezzo.

La Champions League per la Juventus è diventata un obiettivo, non più un semplice sogno, e il girone di questa stagione sembra un percorso disegnato su misura per compiere questo salto di qualità. Trasferte come quella di Valencia, oltretutto in dieci per un’ora a causa dell’ingiusta espulsione di Cristiano Ronaldo, negli anni scorsi i bianconeri avrebbero faticato a portarle a casa. Tutt’altro che scontato è stato anche il modo con cui è stato regolato lo Young Boys allo Stadium: in passato le sofferenze con le “piccole” d’Europa – dal Galatasaray in giù – sono state parecchie. Questa sera arriva l’esame Old Trafford, un livello ancora superiore. Ottenere un risultato positivo anche nel tempio del Manchester United avrebbe una doppia valenza: servirebbe a rafforzare ulteriormente l’autostima europea e mettere un piede agli ottavi dopo appena tre partite. Massimiliano Allegri, allenatore pratico e pragmatico, i conti li ha chiari in testa («In caso di vittoria ipotecheremmo il passaggio del turno, altrimenti dovremo fare ancora un po’ di punti»), ma a Old Trafford cerca anche qualcos’altro: l’esplosione definitiva a livello internazionale dei vari Dybala, Bentancur, Cancelo e Bernardeschi. Mister Champions è – e sarà – Ronaldo, ma il “Conte Max” sa perfettamente che per alzare la Coppa serve un passo in avanti anche da parte dei giovani di maggiore qualità. Un po’ come è successo negli anni scorsi al Real Madrid con Asensio, Isco, Casemiro… «Paulo, Bernardeschi, Cancelo e Bentancur sono giocatori giovani che dovranno essere il futuro del calcio mondiale, come pure Pogba, Martial e Rashford. Sì, è un test importante per noi e anche per questi singoli giocatori: una partita di grande fascino in uno stadio meraviglioso».

La parola d’ordine è attenzione. La lezione di sabato contro il Genoa sarà utilissima questa sera: «Il Manchester United è guidato da un allenatore molto esperto e noi dobbiamo fare una partita giusta. Ci serve anche per rientrare meglio dentro le gare. Sabato ci abbiamo messo una pietra sopra troppo presto, ma stavolta bisognerà stare dentro la partita per 100 minuti, perché qui le partite non finiscono mai. Basti vedere cosa è successo contro il Chelsea: hanno preso gol su una palla alta in cui sono molto forti. Dovremo giocare bene tecnicamente, perché fisicamente potremmo pagare qualcosa». Già, attenzione massima ai duelli aerei, punto di forza degli inglesi e ultimamente tallone d’Achille della Juventus: «Sui cross subiti ci sono errori da parte di tutti. Bisogna dare più pressione a chi crossa e marcare meglio in area. Su 6 gol ne abbiamo presi 4 in modo simile. Sabato è stata una cosa strana perché tutti pensavamo che la palla sarebbe uscita e ci siamo addormentati. Non ci sono stati errori del singolo, ma di tutti».

Adesso fa quasi sorridere, ma nella stagione 2005-06 il fatturato della Juventus era superiore a quello del Manchester United: 251,2 milioni di euro contro 242,6. Da lì in poi è successo di tutto: Calciopoli ha devastato il club bianconero, mentre l’esplosione mondiale della Premier League, saggiamente progettata e diretta dai club inglesi, ha proiettato sempre più in alto il Manchester United, che già di suo aveva costruito un impero con la diffusione mondiale del suo marchio.
A distanza di dodici anni, però, Juventus e Manchester si possono di nuovo guardare negli occhi. Certo, il divario fra i due fatturati è ancora profondo (665,9 contro 402,3 milioni, senza contare le plusvalenze), ma la crescita costante della Juventus la sta riportando nell’élite economica europea, mentre il Manchester è in stagnazione da tre stagioni con un trend leggermente negativo. Il che non gli impedisce di fare utili e di rimanere una realtà estremamente solida: il marchio United vola anche senza grandi risultati sportivi così come la miniera d’oro rappresentata dall’Old Trafford.
Se sotto il profilo dei ricavi televisivi (che comprendono anche i soldi della Champions) i due club sono su dimensioni analoghe (200 milioni quelli della Juventus, 230 quelli dello United), la differenza si ingigantisce su due voci: ricavi da stadio e commerciali.
L’Old Trafford è un’immensa macchina da soldi. Nel vero senso della parola, perché ha il doppio dei posti dell’Allianz Stadium e rendono più del doppio: 56,4 milioni gli introiti bianconeri, 123,8 quelli dello United. Ma su questo fronte la Juventus può fare poco: ha aumentato i prezzi del 30% con l’arrivo di Ronaldo, ma non riuscirà mai a raggiungere quelle cifre.
In compenso, proprio l’arrivo di Ronaldo ha messo in moto un nuovo motore commerciale sotto la scocca bianconera. E lì la Juventus vuole copiare il Manchester: 311 milioni di ricavi contro 145, ne hanno di strada da fare i dirigenti della Continassa, ma hanno il mezzo giusto per percorrerla. E uno degli obiettivi sarà proprio avere lo stesso contratto di sponsorizzazione del Manchester United con Adidas. Adesso l’azienda tedesca versa alla Juventus circa 30 milioni di euro, mentre lo United ne incassa 70. Non è detto che l’upgrade riesca in un colpo solo, ma i bianconeri puntano a una cifra del genere per la loro maglia, soprattutto da quando è indossata da CR7. Lo stesso discorso vale per lo sponsor commerciale (Jeep per la Juventus che prende 22 milioni, Chevrolet per lo United che ne incassa 60). Quindi, sommando 40 milioni in più dallo sponsor tecnico e 40 da quello commerciale, la Juventus si ritroverebbe con 80 milioni in più. Un altro passo verso il fatturato dei Red Devils e, quindi, la possibilità di ingaggiare altri Cristiano Ronaldo, magari pure «più giovani», come ha spiegato Andrea Agnelli.



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