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Stasera Cristiano riabbraccerà l’ex compagno dei tempi madridisti Gonzalo Higuain: l’ultima volta si sono visti al J Medical in agosto, prima che l’effetto domino mercataro spingesse il Pipita a Milano. Guidare la Juventus al successo sarebbe il modo più veloce ed efficace per evitare due settimane di sosta all’insegna del ritornello “Ronaldo è più forte, ma con Higuain la Juve era più concreta”. Per Ronaldo è uno stimolo, non una pressione. Ma la priorità è un’altra: vincere per tenere a distanza le rivali e cancellare la beffa subita con il Manchester United.

L’ultima estate è stata quella del gentlemen’s agreement sul mercato. Juventus e Milan hanno preferito fare affari affari tra di loro piuttosto che buttarsi in una corsa concorrenziale. Leonardo Bonucci voleva tornare in bianconero? Nessun problema. Gonzalo Higuain sentiva che il suo tempo a Torino volgeva al termine? Pronta la sponda rossonera. In sovrannumero, ecco Mattia Caldara dirigersi verso Milano nell’operazione Bonucci, senza aver giocato neppure un minuto ufficiale in maglia juventina e senza averne ancora disputato uno pure in rossonero, tra scelte di Rino Gattuso e infortuni che lo hanno martoriato.

Ma in futuro le strade dei due club sono destinate a incrociarsi. Vuoi perché il Milan vuole crescere in fretta, una volta archiviata l’esperienza cinese; vuoi perché la Juventus, oltre a investire, cerca sempre affari a parametro zero. Una condizione tenuta in grande considerazione dai rossoneri che, tra le varie eredità della gestione precedente, hanno raccolto il mancato rispetto del fair play finanziario. E quindi attendono le decisioni dell’Uefa, che potrebbero incidere sulla libertà di movimento sul mercato.

Tra i parametri zero uno dei più ambiti in Europa è oggi Adrien Rabiot. Il centrocampista è in scadenza a giugno, del suo contratto si è parlato in lungo e in largo, tra le certezze di chi punta al rinnovo sicuro e quelle di chi sostiene che ci sarà congedo. L’unica sicurezza è che tutto è nella mani della volitiva Véronique, mamma di Rabiot che gestisce gli aspetti contrattuali del figliolo. Leonardo, dg rossonero, vanta un solido rapporto con la signora, instaurato negli anni parigini, e su questo conta. La Juventus, dal canto suo, ha iniziato da tempo il corteggiamento, per un’operazione in stile Emre Can. Oggi ha il vantaggio di poter presentare Cristiano Ronaldo come biglietto da visita e il fatto di essere stabilmente presente in Champions League, torneo che Rabiot non vuole abbandonare.

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In uscita è anche Aaron Ramsey, che non rinnoverà dopo undici stagioni di Arsenal. A chi lo prende, il gallese assicura solidità e idee in mezzo al campo, con una buona propensione a farsi trovare puntuale in zona gol. Anche in questo caso il Milan mette sul campo un rapporto personale, quello con Ivan Gazidis, che si appresta a diventare ad rossonero dopo quasi dieci anni da ceo dei Gunners. La Juventus, rispetto a Rabiot, appare più defilata, ma pronta a entrare in gioco. Lo scoglio, al momento, sono le richieste economiche di Ramsey.
Un ulteriore fronte vede invece il Milan defilato. È quello di Federico Chiesa, su cui la Juventus sta confrontandosi con l’Inter: i bianconeri vantano i rapporti riallacciati con la Fiorentina, i nerazzurri quello tra Luciano Spalletti ed Enrico, papà di Federico. Milan defilato perché Chiesa costa e si attendono le decisioni dell’Uefa per capire come poter muoversi. Un problema che non si pone per Medhi Benatia. Se il marocchino chiederà a gennaio di andare via dalla Juventus per poter giocare, il Milan è pronto a un prestito con eventuale obbligo di riscatto. Un tema reso ancor più attuale dal fresco (e serio) infortunio di Mateo Musacchio.

In nome, due giocatori. Il nome è quello di Mino Raiola, agente di Paul Pogba e Matthijs De Ligt, obiettivi dichiarati della Juventus. È questa la chiave delle mosse più attese da parte dei bianconeri al mercato, sia quello di gennaio sia quello estivo: fare forza sul rapporto con l’agente per arrivare ai giocatori che gestisce. Pogba è segnalato come l’obiettivo immediato, quello che potrebbe rafforzare il centrocampo bianconero alla ripresa del campionato nel 2019. Non solo il settore appare bisognoso di un rinforzo, ma il francese campione del mondo era un nome su cui si ragionava già nell’ultima estate. Lui non aveva mai nascosto l’amore per la Juventus come, allo stesso modo, non aveva mai nascosto l’insofferenza verso José Mourinho.

La vittoria di mercoledì sera a Torino in Champions League ha confermato la pace armata tra i due e l’affetto di cui gode Pogba allo Stadium: lo si è visto dal modo in cui i tifosi lo hanno esaltato prima del match e lo hanno salutato alla fine. La situazione è molto fluida, perché tanto dipenderà da quali saranno gli obiettivi stagionali del Manchester United. In Premier il distacco da chi guida è già pesante e il meno 9 dai cugini del City potrebbe essere ulteriormente dilatata dal derby in programma domani all’Etihad Stadium. E in Champions il passaggio agli ottavi è più vicino, ma non certo. Uno United estromesso dalla corsa dai due obiettivi stagionali più importanti potrebbe convincere Pogba al passo d’addio.
Differente il discorso riguardante De Ligt. Il 19enne centrale dell’Ajax è uno dei talenti emergenti del calcio olandese. La richiesta del club di Amsterdam è conseguente: 50 milioni, una cifra importante ma che potrebbe comunque non scalfire le certezze della Juventus, che fin da giugno ha avuto modo di far vedere al ragazzo in che contesto andrebbe a finire. Difesa che resta uno dei settori che il club bianconero monitora con maggiore attenzione. Vuoi per il vicino congedo di Andrea Barzagli dal calcio giocato, vuoi per le voglie di trovare maggiori spazi di Medhi Benatia (e proprio il Milan si è messo in corsa con United, Arsenal e Marsiglia per averlo a gennaio), vuoi perché Giorgio Chiellini avrà un anno in più. De Ligt, ma non solo (occhio soprattutto al doriano Joachim Andersen), è tra le alterniva giuste.

Fosse per Leonardo e Maldini, il mercato dovrebbe aprire oggi. Il Milan in corsa Champions si trova in piena emergenza con infortuni lunghi che toglieranno a Gattuso titolari in posizioni nevralgiche del campo. Il problema per il Milan è che il mercato aprirà a inizio gennaio e nel frattempo il club conoscerà il verdetto della Camera Giudicante dell’Uefa, che potrebbe limitare il raggio d’azione nelle prossime finestre. Il 20 novembre il Milan avrà udienza a Nyon, poi dovrà attendere i primi giorni di dicembre per la decisione. Il club ha messo in conto di ricevere una multa per il triennio 2014-17 (potrebbe aggirarsi sui 20 milioni, alcuni condizionali), ma bisognerà capire se arriveranno ulteriori sanzioni che potrebbero condizionare i movimenti di gennaio – e successivi -, visto che il Milan dovrà rientrare nei paletti del Fair Play Finanziario e rispettare determinati parametri nel monte ingaggi e ammortamenti.
Leonardo, intanto, ha già comprato Lucas Paquetà, ma il suo innesto, trattandosi di un giovane in arrivo dal Brasile, difficilmente potrà bastare per rinforzare nell’immediato il Milan. Serviranno rinforzi in tutti i reparti e il dg punterà anche su prestiti (con diritto di riscatto) e affari possibilmente low-cost ,non potendo sfruttare appieno la forza economica di Elliott. In difesa il sogno è Benatia, ma occhio a Rodrigo Caio del San Paolo (è comunitario) e Bailly del Manchester United (extracomunitario, il Milan ha ancora un posto libero). In mezzo al campo servirà un regista in virtù del lungo stop di Biglia: il preferito è Paredes dello Zenit, ma il club russo lo valutano almeno 30 milioni e difficilmente acconsentirà a prestiti senza obbligo (che per la Uefa equivalgono ad acquisti a titolo definitivo). Alternative? Intriga Lobotka del Celta, ma costa tanto, mentre Ramsey rimane un’idea per giugno a parametro zero.
Il focus in attacco al momento è su due ex rossoneri ovvero Ibrahimovic (che ieri a “L’Equipe” ha dichiarato: «Penso che sia più probabile che torni io al Milan rispetto a Wenger. Non ce lo vedo proprio a intraprendere questa sfida») e Pato: entrambi, però, per risposare il rossonero dovranno liberarsi rispettivamente da Los Angeles Galaxy e Tianjin Quanjian.

Qualcosa si era rotto o quantomeno incrinato fra la Juventus e Higuain ben prima che il club mettesse in piedi l’affare del secolo, acquistando CristianoRonaldo. Nella notte della finale di Coppa Italia, con Higuain che rimuginava in panchina e Allegri che scherzava a fine partita («Effettivamente, non l’ha presa bene»), il divorzio era stato già deciso. Ma cos’era successo? Niente di particolare, ovvero non c’era stato un episodio particolarmente grave o una causa scatenante, più un logorio fra il centravanti e il club, inteso come unita monolitica di dirigenti e allenatore. Qualcosa non convinceva del tutto i vertici bianconeri che, probabilmente, si aspettavano da Gonzalo Higuain un rendimento più efficace e decisivo nelle partite più importanti. Non che il Pipita non avesse segnato gol fondamentali per la vittoria dei due scudetti conquistati in bianconero (uno su tutti: la zampata di San Siro che ha fatto svoltare l’ultimo campionato), ma a livello internazionale erano poche le prestazioni eccellenti e, soprattutto, trascinanti. Il fatto che, oggi, al suo posto c’è un certo Cristiano Ronaldo può dare un’idea chiara di cosa volesse la Juventus. In più, l’età di Higuain spingeva a una riflessione: questa era l’ultima estate in cui provare a venderlo senza registrare minusvalenze, se si faceva passare l’occasione, il Pipita (considerato anche il maxi ingaggio) poteva diventare un peso per il bilancio in vista di nuovi investimenti sul mercato.

 Così, quando si decidono i destini del campagna acquisti estiva, fra marzo e aprile, Higuain era finito nella lista dei partenti con varie soluzioni. Fra queste spiccava l’idea di scambiarlo con Mauro Icardi, che faceva le bizze per il rinnovo e aveva (e ha tuttora) una clausola valida solo per l’estero che faceva tremare l’Inter. Alla clamorosa operazione c’è chi ha lavorato per un mese, senza riuscire a chiudere per tre ragioni: l’Inter tentennava timorosa della reazione dei tifosi, Icardi non voleva assumersi reponsabilità personali ma voleva che l’Inter facesse la prima mossa e, fondamentalmente, l’operazione Ronaldo stava piano piano prendendo corpo e la Juventus pregustava un boccone decisamente più appetitoso e importante.
A quel punto Higuain è diventato un problema di mercato da risolvere per la Juventus. Quando l’arrivo di Ronaldo era uno scenario solo ai supervertici bianconeri, questi sapevano che la convivenza con Higuain non era possibile né dal punto di vista tecnico, né sotto il profilo economico. Si cerca un acquirente e spunta l’ipotesi Chelsea, dove MaurizioSarri era convinto di avere più potere d’acquisto: ne nasce una lunga e infruttuosa attesa che sfocia nell’operazione Milan. Uno scambio di – per così dire – problemi: i rossoneri avevano quello di Bonucci (che voleva tornare alla Juventus) e i bianconeri vedevano il tempo scorrere senza aver ceduto il Pipita. E così nasce una delle operazioni più contestate dai tifosi (ora però pienamente soddisfatti del ritorno del difensore, per quanto sempre affezionati al centravanti) che comporta il prestito oneroso di Higuain al Milan per 18 milioni di euro con l’opzione di riscatto fissata a 36 milioni. E se il Milan non la esercitasse? Higuain tornerebbe alla Juventus, che tuttavia non potrebbe certamente tenerlo e tornerebbe il problema di trovare una squadra. Scenario possibile? Al momento poco probabile visto il feeling fra il Milan e Higuain, ma proprio l’assenza di obblighi nel contratto era stato un particolare assai poco gradito al Pipita in estate.

Gonzalo Higuain si è regolarmente allenato in gruppo senza avvertire problemi. Un raggio di sole sotto il cielo plumbeo di Milanello. Ieri è finito in bacino di carenaggio pure Musacchio che ha dato ufficialmente l’arrivederci all’anno che verrà. Un problema in più per il povero Gattuso che in questi giorni vede i suoi cadere come foglie. Per fortuna c’è una quercia a cui aggrapparsi stretti nella Grande Notte di San Siro. Una quercia chiamata Pipita. «Lo reputo in assoluto tra i primi cinque goleador più bravi che ci siano nel mondo in questo momento», la sentenza di Fabio Capello, l’allenatore che lo volle a Madrid, nel suo intervento a “L’uomo della domenica” in onda oggi e domani su Sky. Teoria che poggia saldamente sull’aritmetica: a Milano l’argentino ha segnato 7 gol in 12 partite a cui va aggiunto l’assist da tre punti a Patrick Cutrone nella gara con la Roma. Dovesse Gattuso decidere di proseguire sulla strada del 4-4-2, sarebbe quest’ultimo il partner di Gonzalo che – non poteva essere altrimenti – nonostante gli acciacchi alla schiena che l’hanno costretto ad alzare bandiera bianca a Udine, resta stella polare di ogni soluzione d’attacco da proporre contro la Juve. Perché Gattuso potrebbe anche decidere di tenersi Cutrone come jolly per dare una scossa alla gara in corso d’opera e, in quel caso, si spalancherebbero due ulteriori opzioni: il ritorno al 4-3-3 con Suso e uno tra Castillejo e Calhanoglu (pure lui ammaccato) in qualità di scudieri di Higuain, oppure si potrebbe vedere un Milan con un 4-4-1-1 con Suso ancorato ai centrocampisti e il solo Castillejo a muoversi alle spalle del centravanti. Questo perché, viste le oggettive difficoltà che presenta la gara (al di là del valore dell’avversario, vanno gestite le scorie accumulate nel match di Europa League a Siviglia) il primo obiettivo del Milan deve essere quello di rimanere saldamente dentro la partita, anche perché se hai Higuain al centro dell’attacco, una gara bloccata (basta andarsi a rivedere il match con la Roma) può anche essere decisa con una giocata.

La visita di André Silva nell’hotel della squadra a Siviglia ha rivitalizzato i fantasmi dell’ultima stagione, quando il Milan è stato azzoppato dal fatto di non avere un centravanti degno di tal nome. L’impatto di Higuain in tal senso è stato fondamentale. I suoi gol infatti sono stati tutti decisivi: ha pareggiato la partita a Cagliari, ha messo il piede nel 2-2 con l’Atalanta, ha matato il Chievo con una doppietta (3-1 il finale) e ha ripreso la Sampdoria prima che Suso firmasse il definitivo 3-2. Il Milan però non ha trovato solo gol, ma un leader a cui appoggiarsi: un centravanti in grado di far giocare meglio la squadra e di capire le varie fasi all’interno della partita. In più – fattore per nulla secondario – il fatto che Higuain per ora non rientri nei piani della Nazionale argentina, permette allo staff tecnico di utilizzare ogni sosta di campionato per ricaricare le batterie a un giocatore che il 10 dicembre taglierà il traguardo dei 31 anni ma che, soprattutto, in carriera – sin dai tempi del River, ha sempre vissuto ogni partita come una battaglia. La prossima, sarà contro la Juventus che l’ha sedotto e abbandonato per far posto a Cristiano Ronaldo senza dissanguare il bilancio. E dire che i due avevano giocato cento partite in coppia a Madrid. Dove però il fair play finanziario non è mai stato di casa.

Non c’è pace per il Milan. Nel giorno in cui Higuain rientra in gruppo dando così la sua disponibilità al big match contro la Juventus, ecco arrivare una pessima notizia su Mateo Musacchio, uscito anzitempo giovedì sera a Siviglia per un colpo preso in uno scontro fortuito con Kessie. Inizialmente si pensava che il problema del difensore argentino fosse alla testa (trauma cranico, esito negativo), ma gli accertamenti svolti ieri hanno evidenziato un «trauma al ginocchio destro che ha comportato la lesione del legamento crociato posteriore, infortunio – si legge nel comunicato del club rossonero – che richiederà un trattamento conservativo di 6-8 settimane». Una mazzata vera e propria per il giocatore, che dovrà rimanere fermo un paio di mesi senza avere poi la certezza di tornare subito in campo (non è da escludere l’intervento se la terapia non sarà efficace), ma un durissimo colpo anche per Gattuso alle prese già con il lungo stop di Caldara che il 27 ottobre ha riportato una lesione parziale del tendine achilleo ed una lesione della giunzione mio-tendinea del muscolo gemello mediale del polpaccio destro per uno stop valutato in almeno tre mesi. Di fatto al tecnico rossonero per i dieci impegni fra campionato ed Europa League che lo attendo da domani al 29 dicembre avrà a disposizione i soli Zapata e Romagnoli come difensori centrali di ruolo più l’adattabile Rodriguez (ma più in una linea a tre) e il 23enne ceco Simic, in questa stagione mai impiegato. Un’emergenza totale che si allarga anche al reparto di centrocampo visto che domani sera il tecnico non potrà contare su Bonaventura (fermo per un’infiammazione al ginocchio) e Biglia che giovedì è stato operato in Finlandia per ricostruire una lesione della giunzione miotendinea del gemello mediale del polpaccio destro e che ne avrà per almeno quattro mesi. Non al top Kessie (giocherà), Calhanoglu (in dubbio) e pure Cutrone.

Non è più infortunato Andrea Conti, squalificato per tre giornate per le proteste animate nel post partita di Milan-Chievo Primavera dello scorso weekend. Il Milan ha fatto ricorso, ma è stato rigettato e Conti così non potrà ritrovare la condizione in Primavera (ma potrà essere convocato da Gattuso). Ieri sera però il club rossonero ha pubblicato un comunicato «per fare chiarezza» e prendere le difese di Conti. Il Milan chiede «che i fatti vengano accertati con particolare riferimento alla condotta del direttore di gara. Vogliamo evitare che questo caso venga chiuso attraverso una semplice sentenza».

«Milan-Juventus? Sarà un partitone». Gli occhi di Paolo Scaroni si illuminano quando, dopo le domande di finanza, si inizia a parlare di calcio. Il presidente del Milan, ospite ieri pomeriggio nella sede di Confindustria Vicenza a un dibattito su temi economici promosso da Banca Intesa San Paolo, è un grande appassionato e grande tifoso sia della squadra rossonera sia del Vicenza, città dove è nato e di cui è stato presidente per un anno alla fine degli Anni Novanta con la proprietà Enic e Francesco Guidolin in panchina. Flash lontani, ricordati con nostalgia, ma è il presente ad elettrizzarlo e gasarlo. Il “countdown” è già iniziato e lui non nasconde l’attesa che cresce di ora in ora.

Presidente, che partita si aspetta?  «Un formidabile match, ma sono convinto anche un super evento sportivo, tra due squadre che hanno scritto e fatto la storia del calcio italiano e mondiale».

Come si immagina la sfida?  «Una grande partita, tra due squadre che scenderanno in campo per vincere, prevedo spettacolo in campo. Match aperto a tutti i risultati».  Lei come lo vivrà?

«Con emozione ma anche con un grande peso sullo stomaco. Io dico sempre una cosa: è bello fare il presidente di una squadra di calcio, peccato ci siano le partite. Uno soffre talmente tanto, ed è il mio caso, che praticamente quasi non non ci diverte soprattutto nelle grandi sfide. Sa che cosa arrivo a dirle?».  Dica pure … «Che se rinviassero Milan-Juventus quasi lo preferirei. Scherzi a parte, contro la Juve sarà una sfida difficile, ma sono convinto che i nostri giocatori, in uno stadio pieno, daranno il massimo e anche di più, come successo nelle ultime partite».

Milan-Juventus è anche Higuain contro CR7… «Mi auguro che Gonzalo sia della sfida: si è allenato in gruppo, speriamo bene. Sono due campioni, entrambi vivono di gol».  Che momento sta vivendo la sua squadra?  «Un periodo non facile, visto che sono quasi più i giocatori infortunati che quelli disponibili, bisogna stringere i denti. Ma nelle ultime partite i ragazzi hanno mostrato grande cuore e voglia di vincere, i successi arrivati nel finale conferma che ci credono sempre».

Come vede Gattuso?  «Bene. Lui è un uomo tutto Milan, anche in virtù della lunga militanza come giocatore. E’ un tecnico molto determinato, mi pare che il Milan di oggi abbia preso la sua grinta». Gli obiettivi della squadra restano gli stessi?

«Diciamo che siamo fiduciosi». Presidente Scaroni, cosa ci può dire del L.R. Vicenza, di cui lei è grande tifoso? «Ero allo stadio Menti per la sfida contro il Monza, sicuramente la partita più bella della stagione: mi sono divertito come un matto, il Vicenza sembrava il Real Madrid. E Giacomelli ha segnato un gol che si vede di solito solo in serie A, una rete strepitosa al volo».

Il progetto di patron Renzo Rosso come lo vede?  «Non è stato facile fondere due club come Bassano e Vicenza, ma alla fine ce l’ha fatta e credo sia contento di come vanno le cose. Di certo la tifoseria biancorossa (oltre novemila al Menti per Vicenza-Monza, ndr.) non è da serie C1, merita categorie superiori».

Proprio Rosso ha detto che sogna di vedere affrontarsi un giorno Milan e Vicenza… «E’ un sogno di tutti, anche il mio: sul Vicenza abbiamo grandi ambizioni, oltre alla proprietà c’è un asset formidabile rappresentato per l’appunto dal pubblico. Per quanto riguarda lo stadio Meazza, è più facile che venga a giocare il Monza, vedremo cosa succederà».

Tre cambi, uno per reparto: è questo il turnover che Massimiliano Allegri sta pensando di varare per la trasferta di San Siro contro il Milan rispetto alla sfida di Champions League. Joao Cancelo al posto di Matteo De Sciglio, a sorpresa schierato mercoledì sera contro il Manchester United proprio per far rifiatare il portoghese, non al top dopo un leggero affaticamento; Blaise Matuidi a centrocampo per Sami Khedira o Rodrigo Bentancur, che si giocano una maglia da titolare; Mario Mandzukic al posto di Juan Cuadrado dovrebbe invece guidare l’attacco bianconero con Paulo Dybala e Cristiano Ronaldo ai lati del tridente.
Non saranno le uniche novità perché dovrebbero ritornare tra i convocati anche Federico Bernardeschi e Douglas Costa, entrambi reduci da problemi muscolari (all’addome per l’azzurro, agli adduttori della coscia sinistra per il brasiliano) che li hanno costretti a seguire la Champions League dalla tribuna. Per loro non sarebbe pronto un posto da titolare, ma l’idea potrebbe essere quella di lanciarli eventualmente a partita in corso con il solito ruolo di spaccapartite: nel caso la sfida non si sblocchi garantiscono quel mix di tecnica e forza in grado di spostare gli equilibri. Al pari di Cuadrado, anche lui destinato alla panchina ma assai utile da subentrante, come ha dimostrato in questi anni.

Se Cancelo è chiamato a giocare terzino destro completando così la linea a quattro della difesa insieme con la coppia di centrali Leonardo Bonucci-Giorgio Chiellini e l’altro terzino Alex Sandro (Allegri punta sui titolarissimi della retroguardia per fermare la furia di Gonzalo Higuain e la costanza di Suso), a centrocampo il dilemma è semmai su chi tenere fuori con il ritorno di Matuidi.
Bentancur sta infatti vivendo un momento di grande spolvero visto che anche contro lo United ha mostrato il suo crescendo in termini di personalità, sicurezza e giocate. Quindi sarebbe un peccato escluderlo, sebbene l’uruguaiano abbia giocato da titolare le ultime sei partite tra campionato e Champions e probabilmente ha bisogno di rifiatare. D’altro canto, il rientro di Khedira (mercoledì è stato in campo un’ora) è un’ottima notizia per Allegri, che stravede per il tedesco e lo considera un intoccabile quando sta bene. In questo momento va però gestito perché è reduce da un infortunio che lo ha tenuto fermo più di un mese: se il giocatore se la sente, sarà lui il titolare, tanto più che potrà riposare perché anche stavolta non andrà in Nazionale, escluso dal ct della Germania Joachim Loew.

È ovvio che non vi si possa attribuire un significato politico, ma è anche altrettanto pacifico che non si può dimenticare come queste siano le prime convocazioni diramate da Roberto Mancini con il nuovo presidente federale in carica. Quelle, insomma, che avviano l’era post-commissariale e dei dirigenti che lo hanno scelto e voluto alla guida della Nazionale. Gabriele Gravina, l’uomo che ha riportato il calcio alla guida della Figc, si è espresso a favore del ct con un appoggio un poco… forzato («Non l’ho scelto io, ma devo difenderlo: è il mio allenatore e un ottimo tecnico») che comunque permette a Mancini di lavorare in prospettiva Europei 2020. Nel frattempo, Gravina va avanti nel progetto di dare vita al “Club Italia” e, verificata l’impossibilità di affidarne la responsabilità a Beppe Marotta, ora la scelta potrebbe cadere su Rinaldo Sagramola, 64 anni, dg di lungo corso tra Vicenza, Palermo e Brescia.
Quanto alle convocazioni, Mancini continua nel suo progetto di “mini stage” accanto ai giocatori più di attuale concretezza, favorito anche dalla vittoria contro la Polonia che ha escluso qualsiasi rischio di retrocessione nella serie B della Nations League. A far discutere, però, sono più gli esclusi che i convocati soprattutto riguardo alle reiterate rinunce a Mario Balotelli e ad Andrea Belotti. Al loro posto arriva la prima chiamata per Leonardo Pavoletti, l’attaccante livornese del Cagliari protagonista di un buon inizio di stagione e, in questo fase, tatticamente adatto al nuovo modulo con gli esterni che si inseriscono e con la seconda punta che gira” intorno alla prima. Ancora attacco per segnalare la conferma di Kevin Lasagna (l’uomo assist nel gol vittoria contro la Polonia) e Ciro Immobile che pure ha vissuto un’ultima parentesi azzurra assai tesa con tanto di messaggio social infuriato contro il mondo che non comprende il suo valore. Quanto alle novità, ecco Sandro Tonali, promettente centrocampista del Brescia, dopo Pellegri del 2001 un altro classe 2000 dell’Italia (definito “nuovo Pirlo” per una certa somiglianza nella capigliatura, più che nel tipo di gioco); Stefano Sensi del Sassuolo e Vincenzo Grifo, esterno d’attacco dell’Hoffenheim. A proposito di Grifo, già il mese scorso segnalammo come gli osservatori azzurri avessero cominciato a setacciare i campionati europei alla ricerca di giocatori figli di italiani di seconda generazione che potessero ampliare l’area di reclutamento azzurra: prima risposta.

La bomba di Empoli e la perla assoluta contro lo United. Nel giro di dieci giorni. Cristiano Ronaldo ha messo i sigilli che più gli piacciono sulla sua conquista della Juve. Perché questa è la sua Juve. Sarà cambiata, avrà difetti, dovrà correggere qualche tratto, ma non c’è dubbio sul fatto che si tratti della squadra di CR7. E’ lui che l’ha resa ancora più forte, che ne incarna il temperamento, che se non ci fosse stata l’ingiusta espulsione a Valencia sarebbe l’unico ad averle giocate tutte e tutte intere. Un leader vero, anche con i comportamenti. Uomo squadra con gol e assist (oggi siamo a quota 8 e 6), con professionalità e disponibilità. Significa, aggiungendo 100.000 follower in più al giorno sui profili del club – media pazzesca dal suo arrivo! – che l’affare torna in tutte le sue forme.

SPERANZA. Così, mostrando l’addome scolpito, ha ripreso definitivamente il filo. Anche del Pallone d’Oro, perché se per la prima volta in dieci anni non parte primo o secondo, a poco meno di un mese dall’assegnazione il rush con i francesi campioni del mondo Griezmann e Mbappé è sicuramente più vivo. E stasera il nuovo obiettivo. Perché così vanno avanti i supercampioni, a suon di traguardi. Fungono da stimolo e generalmente ti fanno entrare nella storia. Dei 666 gol segnati finora in carriera nemmeno uno, in partita, a San Siro. Può essere mai? Non è roba da Cristiano e il Milan è avvisato. Finora 5 partite a Milano (con Manchester United e Real Madrid) e niente timbro. Ci ha vinto la Champions, segnando ai rigori nel derby con l’Atletico, ma nei 480 minuti di partita (30 di supplementari in finale 2016) nada.

RIFERIMENTO. Stasera Ronaldo ripartirà da Mandzukic, nel senso che l’attacco della Juve è pronto ad indossare il vestito con il punto di riferimento. Non tre attaccanti di movimento, ma Cristiano e un altro alle spalle di un centravanti. La formula gli piace parecchio e lo ha manifestato anche ad Allegri in avvio di stagione. Così le botte le prende Mandzukic e lui può dedicarsi a creare calcio. E a finalizzare. La teoria delle ultime settimane racconta che CR7 non sia ancora sfruttato al massimo dai compagni. Ma Allegri guarda avanti: «E’ unico, deve essere sfruttato per le sue caratteristiche, ma intanto segna gol splendidi». E che gli vuoi dire?

CAMBIO. Oggi dall’altra parte avrà quell’Higuain già suo compagno al Real e ex bianconero più o meno come lui. Nel senso che prima dei 117 milioni per comprare lui la Juve ne aveva investiti 90 due anni prima per avere il Pipita. «Poi l’estate scorsa abbiamo fatto una scelta…» commenta Allegri. Che per ora sta pagando. Alla grande. Perché dovrà crescere ancora, correggere qualche difetto, lavorare al meglio sulle proprie doti. Ma tra campo verde e campo marketing non c’è dubbio che questa sia la Juve di Ronaldo. Anche senza gol a San Siro. Però il piede è caldo. Per maggiori informazioni chiedere a De Gea.

Le buone notizie annegano sotto il diluvio che continua a imperversare su Mi- lanello, ma se non altro ci sono. E allora partiamo da quelle, ovvero dalla più importante: domani sera Higuain ci sarà. Ieri Gonzalo ha abbandonato cure e palestra per scendere in campo assieme a chi non aveva giocato a Siviglia, sostenendo tutto l’allenamento. Dove per tutto si intende dal riscaldamento alla serie di partitelle finali a campo ridotto, pare anche giocate su ottimi ritmi. Questo significa che il Pipa è recuperato e potrà assecondare il grande desiderio di sfidare il passato che l’ha sedotto e abbandonato. Il Milan però in questo periodo sta viaggiando a ritmi ospedalieri che hanno dell’incredibile e ieri è caduta su Gattuso l’ennesima mazzata: il tecnico perde anche Musacchio, che ha riportato «la lesione del legamento crociato posteriore del ginocchio destro, infortunio che richiederà un trattamento conservativo di 6-8 settimane». In pratica, tutti a preoccuparsi della botta alla testa – gli accertamenti hanno dato esito negativo – dopo il violento scontro con Kessie, mentre il vero problema era al ginocchio. Un problema per Mateo e ovviamente un problema per il Milan, che perde un altro pezzo importante per un paio di mesi circa, assenza resa ancora più dolorosa da quella concomitante di Caldara. In questo momento gli unici centrali di ruolo sono Romagnoli, Zapata e Si- mic, che fin qui langue a minuti zero.

PROSPETTIVA Un altro lungodegente dunque, che si somma all’assenza di Biglia, fuori per circa quattro mesi. Occorrerà intervenire sul mercato e sul taccuino di Leonardo c’è il nome di Stefano Sensi, da tempo in evidenza e in queste ore tornato d’attualità. Ancora non c’è stato un contatto ufficiale con il Sassuolo, ma la candidatura del centrocampista di Urbino sta prendendo quota. In questa stagione si è ben disimpegnato anche da mezzala e ha mezzi tecnici di primo livello. Nell’immediato può sopperire all’assenza di Biglia, ma ha la duttilità per ricoprire più ruoli a centrocampo. Messosi in luce nel Cesena, è al Sassuolo dalla scorsa stagione. Dopo un lungo infortunio ha trovato continuità, tanto da meritare la convocazione in Nazionale. In prospettiva Sensi può essere prezioso in vari ruoli, considerando che molti centrocampisti rossoneri sono a fine contratto: Montolivo, Bertolacci e José Mauri. Anche per questo Leonardo ci sta pensando in maniera concreta. Già a Reggio Emilia, il 30 settembre, si era complimentato per la sua prestazione contro i rossoneri.

RICADUTE Tornando all’infer- meria, da registrare il rientro a pieno titolo di Calabria, ma anche i numerosi punti di domanda sugli acciaccati vari. Premesso che Bonaventura non ce la fa, per quello che è filtrato Kessie stringerà i denti ancora una volta e dovrebbe esserci, e lo stesso dovrebbe accadere per Calhanoglu, che ha preso l’ennesima botta sul piede destro ma ieri camminava abbastanza bene. Dubbi su Cutrone, anche lui alle prese con una ricaduta alla solita caviglia sinistra che lo tormenta da due mesi. Gattuso dovrebbe tornare alla difesa a quattro, con il resto del sistema da valutare oggi: può essere 4-4-2 (con Castillejo che si candida con forza) o 4-2-3-1.

Se si considerano i minuti di assenza dal campo, Riccardo Montolivo è il più «infortunato» della squadra: l’ultima partita giocata risale al 13 maggio scorso, in casa dell’Atalanta, e finita anzitempo per un’espulsione a un quarto d’ora dal 90’. Un lunghissimo periodo che avrebbe fiaccato chiunque: un conto è allenarsi, un altro mettere alla prova fisico e mente in partite vere. Il discorso vale per tutti, per chi si è sempre mantenuto in buona forma e a maggior ragione per chi, come l’ex capitano, in questi mesi ha risentito di un fastidio al polpaccio che richiederebbe un ritorno in gruppo graduale. Ecco perché nonostante gli infortuni veri e gli impegni ravvicinati che favorirebbero il turn over, anche contro la Juve Montolivo andrà in panchina. Convocato – perché Gattuso non l’ha mai escluso a priori – ma a sedere tra le riserve. Così la mediana sarà ancora composta dall’insostituibile guerriero Kessie, ormai abituato al super uso, e pronto alla battaglia di domani sera. Al suo fianco ancora Bakayoko, che effettivamente sta crescendo: a Gattuso sono molti di meno quelli che danno del pazzo. «Ha giocato bene anche col Genoa, solo chi non fa, non sbaglia. Ma quando l’ho detto mi avete preso per matto. Ora deve continuare su questa strada e ci darà grandi benefici». Di tutta la rosa solo Tiemoué, del resto, può vantare due partite da titolare contro la Juventus in semifinale Champions: magari qualcosa vuol dire.

IN DIFESA DI CONTI Infine il club difende Conti, squalificato tre turni in Primavera: «Un provvedimento severo che ne intacca la reputazione inappuntabile. Chiediamo, nel pieno rispetto delle autorità giudicanti, che i fatti vengano accertati con particolare riferimento alla condotta del direttore di gara. Vogliamo evitare che il caso venga chiuso con una semplice sentenza, senza fare chiarezza su tutto».

In comune hanno due punti chiave: il ruolo, attaccante, e il passato a Milanello. Ibrahimovic e Pato alimentano i sogni di mercato dei tifosi rossoneri, sostenuti dal fatto che un nuovo ingresso in attacco è ritenuto opportuno anche dalla società e dall’allenatore. Se il modulo che sceglierà Gattuso in futuro è quello a due punte, è evidente la mancanza di un altro elemento in rosa. Zlatan è senza dubbio una figura ingombrante e a 37 anni l’investimento va ben ponderato: Leonardo aveva ammesso di averlo cercato durante l’estate scorsa e anche di recente non ha chiuso categoricamente la porta. Anche perché poi a riaprirla ci pensa sempre lui, Ibra. Stavolta, se la suggestione si fa più concreta, è per una conferma – più o meno indiretta- dello svedese. In un’intervista rilasciata all’Equipe ha replicato alla domanda di un possibile ritorno in rossonero con una frase che lascia aperta alle interpretazioni. L’assist che Ibra raccoglie arriva in realtà da…Arsene Wenger: «Lui al Milan? E’ più probabile che torni io… Comunque non so ancora cosa farò. So che molti club europei sono interessati a me».

DIFFERENZA Se l’età può essere un freno per chi riflette sul suo possibile ingaggio, di certo non lo è per Zlatan che a -3 dai quaranta si sente sempre in ottima forma: «Io e la mia famiglia amiamo molto la vita qui a Los Angeles ma ho bisogno di una sfida, di una ragione per continuare a giocare a calcio. Non voglio andare in una squadra solo perché sono Zlatan Ibrahimovic. Voglio fare ancora la differenza, come ho sempre fatto». Pato dalla Cina la pensa allo stesso modo: in Oriente è osannato ma l’energia della Serie A è un’altra cosa.

Un sogno mai realizzato, quello di Ramon Calderon. Il presidente del Reai Madrid dall’estate del 2006 al gennaio 2009 ha preso prima Gonzalo Higuain e poi Cristiano Ronaldo, però non è riuscito a vederli giocare insieme. A Un grande rammarico, provocato dalle sue dimissioni dalla Casa Bianca per irregolarità in un’assemblea, col ritorno di Fiorentino Perez nell’estate del 2009 e la faraonica campagna acquisti che ne seguì, con gli arrivi tra gli altri dello stesso Ronaldo, di Kakà, Benzema, Xabi Alonso, Albiol.

Andiamo per gradi, e iniziamo da Higuain.

«Lo prendemmo insieme a Gago e a Marcelo per una cifra che ora con i prezzi assurdi che circolano può sembrare ridicola: 9 milioni di euro. Io non lo conoscevo però Franco Baldini e Pedja Mijatovic mi assicurarono che sarebbe diventato un grande giocatore, e non si sbagliavano. Il Madrid da Gonzalo ha avuto tantissimi gol e poi l’ha venduto bene».

La sorprese? «In pieno, perché arrivò da noi quando aveva appena compiuto 18 anni e s’inserì subito bene, cosa non scontata. Fabio

Capello non riteneva compatibile Ronaldo, il Fenomeno, con Ruud van Nistelrooy, mi convinse a cederlo al Milan in gennaio e Higuain ebbe più spazio, contribuendo in maniera importante alla grande rimonta sul Barcellona che ci portò alla vittoria della Liga all’ultimo respiro. Segnò un gol importantissimo nel derby con l’Atletico e uno decisivo nel 4-3 al- l’Espanyol nell’incandescente finale di stagione. Poi progredì al meglio negli anni successivi, con noi crebbe tantissimo».

Intanto però lei voleva Cristiano Ronaldo. «Sì. Impiegai quasi due anni per prenderlo. Era legatissimo allo United, e lo United a lui. Alla fine mi diede il suo sì però nell’agosto del 2008 quando eravamo a Bogo- tà per un’amichevole mi chiamò e mi chiese di farlo restare un altro anno a Manchester, per un debito di riconoscenza nei confronti del club e di Sir Alex Ferguson. Acconsentii e in dicembre firmammo il ■ contratto per l’estate successiva».

Furono Perez e il Madrid a goderselo. «No, io sono madridista e in questi 9 anni me lo sono goduto, eccome. Insieme a Di Stefano è stato lo straniero più importante della storia del Madrid, e non solo per i 450 gol. La sua mentalità ha trascinato la squadra ai trionfi di questi anni. Non ho mai conosciuto un giocatore così, uno che a un talento enorme unisce una forza di volontà ferrea, guidato dall’ossessione di migliorarsi giorno dopo giorno».

Con Higuain hanno convissuto 4 anni. «E in maniera più che positiva a mio avviso. La nostra idea era quella di formare un attacco con Robben, Higuain e Ronaldo, però Perez aveva altre idee. Fiorentino ha fatto grandi cose per il Madrid, però ha sempre avuto una grande difficoltà nel gestire i giocatori che non ha preso lui. È stato così con Casillas e Raul, con Robben e Sneijder. Stava per rinunciare anche a Marcelo e persino a Ronaldo, però nel caso del portoghese se non l’avesse preso avrebbe dovuto pagare la penale da 30 milioni di euro che avevamo fissato con lo United in dicembre in caso di rinuncia da parte del Madrid. Una cosa che Ronaldo seppe e che non gradì, la considerò come un insulto. Perez prese Benzema (e Kakà, del quale a noi avevano detto che aveva un problema al ginocchio di difficile risoluzione) e da lì cominciò una convivenza che ha terminato col logorare Higuain, che alla lunga ha deciso di andar via perché avvertiva che non aveva spazio. E mi dispiace, perché in Italia con Napoli e Juventus ha fatto bene in Serie A ma meno in Europa».

Ora è andato via anche Ronaldo. «Un errore storico, determinato sempre da quella difficoltà di Perez nell’accetta- re giocatori ereditati. Ronaldo è un calciatore impossibile da sostituire che farà ancora più grande la Juve: ha davanti a sé ancora diversi anni al massimo livello. La Juve vincerà sicuramente lo scudetto ed è la massima candidata al trionfo in Champions, perché la fame di Ronaldo è inesauribile e contagiosa. Il Madrid in questo inizio di stagione è stato 9 ore senza far gol, è evidente che la cosa ha a che fare con la partenza di Cristiano. Ripeto, uno così è insostituibile. Sono contento che stia facendo bene con la Juve, la cosa mi riempie d’orgoglio».

E Milan-Juventus?

«La registrerò e la guarderò dopo, perché è in contemporanea a Celta-Real Madrid. Spero che Higuain e Ronaldo segnino entrambi, e che vinca il migliore»



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