LE CONFIDENZE delle donne, raccolte nell’anonimato, raccontano di una vita sessuale che è capace di essere autonoma. Molto complessa e variegata, e questo si sapeva. Ma più indipendente del previsto: slegata cioè dalla solidità di un rapporto sentimentale. Arricchita, quasi autoalimentata, da un autoerotismo dalle fantasie vivaci, che in quasi due donne su tre è più frequente di una volta alla settimana. “La conoscenza di sé, quasi un allenamento al piacere, facilitano l’orgasmo. Trascurare la propria dimensione sessuale, per le donne ancor più che per gli uomini, non sembra far bene al raggiungimento del piacere. Che lungi dal diminuire, almeno nelle fasce d’età che abbiamo osservato sembrerebbe aumentare con il tempo”.
Emmanuele Jannini insegna endocrinologia e sessuologia medica all’università di Roma Tor Vergata ed è past president della Società italiana di Andrologia e Medicina Sessuale. Esiste un modo per misurare l’intensità del piacere femminile?, si è chiesto insieme a un gruppo di colleghi delle università di Roma La Sapienza, L’Aquila e Firenze. “Abbiamo quindi messo a punto il primo orgasmometro femminile: un test da fare sul web, quindi anonimo, in cui le donne erano libere di dire quel che non pubblicherebbero mai su Facebook”. La struttura del test, paradossalmente, è mutuata dai questionari usati per misurare l’intensità del dolore. “Dolore e piacere hanno in comune il fatto di essere esperienze soggettive e interiori. Non esiste un termometro per misurarle” spiega Jannini.
Oggi i risultati iniziali del primo metodo “per misurare la percezione dell’intensità soggettiva dell’orgasmo nelle donne” sono pubblicati dall’importante rivista Plos One. Si tratta pur sempre di un metodo soggettivo: risonanza magnetica, doppler e altri strumenti diagnostici cominciano ad affacciarsi in sessuologia, ma con un uso ancora circoscritto. “Quel che osserviamo è solo la punta dell’iceberg di un mondo molto complesso” racconta Jannini. L’orgasmometro maschile, che esiste da tempo, ci dice per esempio che l’orgasmo, quando viene raggiunto, è sempre intenso. In genere solo l’eiaculazione precoce può causare un piacere dimezzato. Nelle donne invece i risultati dell’orgasmometro sono assai più variegati”. Alla prima tappa della ricerca hanno partecipato 526 donne, ma altri questionari saranno messi a punto in futuro. Il tema è d’altronde complesso e i primi a discuterne furono Zeus ed Era, che chiesero un parere a Tiresia su chi provasse sensazioni più intense. L’indovino, che aveva avuto il privilegio di cambiare sesso, rispose: se il piacere è diviso in dieci parti, una è riservata all’uomo e il resto alle donne.
“La maggior parte del campione aveva fra i 19 e i 35 anni. Confrontando i due estremi, l’intensità degli orgasmi aumentava con l’età” conferma Jannini. Anche se 8 donne su 10 si trovavano una relazione stabile, il loro piacere non era superiore rispetto alle single. Il 62,8% di loro si masturbava più di una volta alla settimana. Tanto più frequente era l’autoerotismo, tanto più alti i valori dell’intensità dell’orgasmo. E questo aspetto ha colpito non poco i ricercatori: “Sappiamo che il perdere il controllo, il mollare le redini, sono requisiti essenziali per il piacere femminile. Allo stesso tempo però è importante conoscersi, direi quasi allenarsi in senso fisico e mentale all’orgasmo. E questo può passare attraverso la masturbazione”. Il meccanismo sessuale delle donne è più fragile di quello degli uomini, spiega infatti Jannini: “Costruirsi le esperienze, riconoscere i segnali del proprio corpo, seguirli e abbandonarvisi, capendo quando è il momento di perdere il controllo sono gli ingredienti che permettono di avere un orgasmo intenso. L’uomo lo raggiunge quasi in ogni condizione, per le donne invece è meno scontato”. Nulla di più lontano dunque dal lazzo secondo cui è il maschio imbranato a fare la donna frigida. “Frase di un maschilismo brutale” la definisce Jannini. La donna, si scopre ancora una volta, è più padrona del proprio destino di quanto non si creda.
Fin da bambine, le donne sono immerse in un mondo maschile. Le fiabe, le tradizioni religiose, l’educazione ricevuta e la cultura dominante contribuiscono a rafforzare l’idea che regni una sorta di superiorità degli uomini, raccontata come una condizione naturale. Tutto appartiene a loro, anche la sessualità. La filosofa belga Luce Irigaray (1974), che ha dedicato molta attenzione a questo tema, ci spiega come il pensiero maschile abbia imposto l’uomo quale soggetto universale della conoscenza, inventore delle regole sociali, unico detentore del potere e della morale. Simone de Beauvoir scrisse nel 1949: «Egli è il Soggetto, l’Assoluto: lei è l’Altro!». E in effetti è l’uomo, inteso come essere umano di sesso maschile, non Dio, ad aver creato un mondo a propria immagine e somiglianza. La donna, in questo quadro, è il diverso, una creatura la cui unicità mette in crisi l’immaginario maschile, appunto fallocentrico. Alle donne non resta che offrire la rassicurante immagine invertita che gli uomini desiderano, essere uno specchio. L’altra donna, quella dello speculum, la donna che esprime se stessa, affrancandosi dal ruolo di ancella dell’uomo, semplicemente non esiste (Irigaray, 1974).
Gli uomini sono per natura capaci, tenaci, forti, potenti: creano e distruggono regni e imperi, inventano il futuro, decidono, popolano il mondo di libri e statue che li ritraggono. Le donne crescono con l’idea di farsi oggetto, di dover essere testimoni passive della propria vita e della storia. Legislatori, filosofi, scrittori si sono accaniti a dimostrare l’esistenza di una gerarchia tra i due sessi che assegni all’uomo una superiorità voluta dalla Natura, decisa da Dio, ma assai utile in terra, tra gli uomini, padri, mariti, fratelli, figli. Anche se profondi mutamenti economici e sociali, nel mondo occidentale, hanno restituito alle donne la dignità del pensiero femminile e concesso la parità dei diritti, gran parte di loro continua a desiderare di essere salvata da un principe azzurro che renda reali i sogni dell’infanzia e che possa completarla. Nonostante la rivoluzione culturale degli anni Settanta del secolo scorso, l’esperienza sessuale delle donne è ancora considerata, da molti e da molte, un riflesso del piacere maschile. D’altronde, persino Freud si rifiuta di considerare la libido femminile nella sua originalità.
Egli è convinto, infatti, che la donna si senta un uomo “mutilato” e soffra di un’atavica invidia per la sessualità maschile. La grande domanda alla quale il fondatore della psicoanalisi ammette di non essere riuscito a dare una risposta soddisfacente è: «Che cosa vuole, davvero, una donna?». Ecco perché parliamo e scriviamo di piacere femminile. Per rispondere alla domanda del padre della psicoanalisi. La sessualità femminile è sempre stata controllata, gestita, negata dal pensiero maschile dominante. Ritenuta sospetta, ambigua, deviante, colpevole e contro natura, nonché causa di malattie. Nell’Ottocento il sesso femminile era addirittura considerato la causa organica di una malattia tutta di genere, l’isteria (dal greco “hustéra”, “utero”), i cui sintomi fisici e psichici venivano ricondotti appunto alla presenza dell’utero.
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