Osteoporosi, le bufale pericolose che si diffondono sul web: 20 Ottobre giornata mondiale



Questo articolo in breve

Spesso diamo per scontata la salute delle nostre ossa, rassegnandoci a considerare l’osteoporosi una patologia da anziani, quasi inevitabile con l’andare dell’età. Si tratta solo di una delle tante bufale che ci raccontiamo, mentre fin da giovani possiamo fare tanto per prevenirla, ecco i falsi miti maggiormente diffusi in Rete.



Ne soffre una donna su quattro è un uomo su 10. Siamo parlando dell’osteoporosi. Questa patologia molto diffusa quanto silente, è completamente asintomatica, la persona con il passare del tempo si trova nella situazione in cui le sue ossa iniziano a sgretolarsi, all’amica caduta o al minimo trauma ci sono delle fratture che complicano la vita di tante persone, in particolare degli anziani. L’osteoporosi, come tante delle malattie croniche della vecchiaia, difficile da trattare ed è una delle classiche patologie che va prevenuta, ed è invece, piuttosto facile prevenirla se si comincia sufficientemente presto.

L’importanza dell’esercizio fisico giusto è fondamentale, al di là del discorso nutrizionale e l’opzioni terapeutiche, del ruolo della vitamina D e del ruolo della vitamina K2 che sono tutte pratiche fondamentali per combattere l’osteoporosi, oggi si concentreremo sull’aspetto dell’attività fisica.

Non solo vaccini, dieta e cancro. Nel mirino delle bufale e delle false notizie che circolano su web e social network c’è anche l’osteoporosi. In Italia colpisce oltre 4 milioni di donne e 1 milione di uomini; ogni anno causa più di 90 mila fratture del femore associate a fragilità ossea, ma resta ancora largamente misconosciuta e sottovalutata. In vista della Giornata mondiale dedicata che si celebra il 20 ottobre, gli specialisti di (sito che riunisce le principali società scientifiche attive nel campo dell’osteoporosi ) rilanciano un opuscolo online che svela 6 tra le principali affermazioni non vere sul ‘ladro delle ossa’.

“Se parliamo di osteoporosi – spiega Giuseppina Resmini, responsabile del Centro per lo studio dell’osteoporosi e delle malattie metaboliche dell’osso dell’Asst Bergamo Ovest e membro del board di ‘Stop alle fratture’ – dobbiamo rilevare come la maggior parte delle donne italiane tra i 50 e i 79 anni non sia consapevole di essere a rischio di osteoporosi, cioè di poter incorrere nelle fratture da fragilità ossea (soprattutto del femore, delle vertebre, del polso e dell’omero) che sono la diretta conseguenza della severità di questa patologia. Il primo elemento da rilevare pertanto è come, proprio da questa sottovalutazione, nasca la diffusione delle principali inesattezze che riguardano sia la conoscenza della patologia osteoporotica, che dei suoi principali fattori di rischio”.

Ecco dunque la ‘top 6’ delle bufale che circolano sul web in materia di osteoporosi:

1) L’osteoporosi è una condizione naturale legata all’invecchiamento. Ancora troppo spesso si tende a considerare l’osteoporosi come una conseguenza fisiologica dovuta all’invecchiamento – evidenziano gli esperti – sottovalutando la presenza di fattori di rischio come ad esempio la familiarità o precedenti fratture da fragilità ossea, che devono essere considerate campanelli d’allarme, oppure un sensibile calo staturale o la presenza di dolore lieve o moderato ma continuo a carico della colonna vertebrale, che può presentarsi dopo essere stati in piedi a lungo

2) Osteoporosi e artrosi sono la stessa cosa. Attenzione – avvertono gli specialisti – artrosi e osteoporosi non sono assolutamente la stessa cosa. La prima è una malattia degenerativa cronica che colpisce le articolazioni (anca, ginocchio, spalla) e che può arrivare a causare una grave limitazione funzionale dolorosa dell’articolazione colpita. L’osteoporosi , invece, è una patologia ossea che colpisce l’intero scheletro

3) L’osteoporosi è una malattia femminile. “Anche se negli uomini l’incidenza è più bassa – precisa Silvia Migliaccio, specialista di endocrinologia e malattie metaboliche presso l’Università Foro Italico di Roma – i danni conseguenti alle fratture da fragilità che si verificano nell’uomo sono molto più gravi: la disabilità è più frequente e il rischio di morire entro un anno dalla frattura femorale è addirittura raddoppiato”.
E ancora:

4) Il latte fa male perché ‘mangia le ossa’ e fa aumentare il colesterolo. Negli ultimi anni – osservano gli specialiti – è iniziata una campagna di disinformazione sul latte volta a convincere le persone come questo alimento sia pericoloso o inutile. Il latte è invece un alimento raccomandato, che garantisce la necessaria assunzione di calcio e aiuta a mantenere le ossa in salute

5) Basta il sole per la vitamina D: d’estate è inutile continuare ad assumerla. “La vitamina D svolge un ruolo fondamentale per la salute delle ossa e non solo – precisano gli esperti – E’ vero che soprattutto l’esposizione della cute al sole consente al nostro organismo di produrla, ma è anche vero che o per scarsa esposizione o per fattori legati al tipo di pelle questo potrebbe risultare non sufficiente, in particolare per chi soffre di osteoporosi e fragilità ossea”

6) Ho avuto una frattura di femore e sono stata operata: adesso, quindi, sono guarita. “Assolutamente no – ammoniscono gli specialisti – La frattura di femore non è altro che la manifestazione clinica della fragilità ossea che ne è stata la causa. L’intervento chirurgico stabilizza la frattura, ma non cura la malattia dello scheletro. Quindi, come in tutte le fratture da fragilità, è necessario instaurare precocemente l’idonea terapia farmacologica per ridurre il rischio di nuove fratture”.

I progressi della medicina ci permettono di capire sempre meglio le cause correlate allo sviluppo di varie patologie e queste conoscenze ci confermano quanto sia importante, ai fini preventivi, lo stile di vita che assumiamo fin dalla più giovane età, responsabilizzandoci quali veri artefici, spesso, della nostra salute e malattia L’allungamento della durata della vita, grazie alle migliorate condizioni igieniche, alimentari e farmacologiche, ci pone drammaticamente davanti ad emergenze sociali e sanitarie rappresentate da malattie croniche debilitanti quali l’osteoporosi, il diabete, l’infarto, l’ictus o i tumori .

Queste patologie rappresentano un problema ingravescente sia per il malato, che si ritrova non più autosufficiente, sia per i familiari che se ne devono far carico, sia per la collettività in quanto le malattie croniche della terza età rappresentano il maggiore onere finanziario in termini sanitari e di assistenza sociale .

Le evidenze scientifiche dimostrano che tali patologie potrebbero essere prevenute, o quanto meno molto ritardate, se negli anni si mantenesse uno stile di vita rispettoso del nostro corpo: non lo considerassimo, cioè, alla stregua di una macchina che deve rispondere alle nostre esigenze di prestazione senza crearci problemi, ricorrendo anche all’uso (e all’abuso) di medicinali per ottenerne l’efficienza che vogliamo imporgli Inevitabile, ovviamente, il peggioramento e la necessità di assumere sempre più farmaci con la conseguente perdita di qualità della vita e il manifestarsi di altre malattie

Eppure, già oltre 4.000 anni fa, le antiche culture terapeutiche, da Ippocrate all’Ayurveda, alla Medicina Tradizionale Cinese, con la semplice osservazione della natura – in cui l’uomo era inserito -, avevano capito la correlazione tra alimentazione (“che il cibo sia la tua medicina”), attività fisica (“mens sana in corpore sano”), benessere psicologico, visione spirituale della vita e salute

Nonostante queste antiche tradizioni siano tutt’oggi ampiamente conosciute e divulgate, non è comunque ancora ben radicato il concetto che, ai fini del mantenimento della salute, sia fondamentale seguire un corretto stile di vita come, ad esempio, alimentarsi in modo adeguato, mantenere il peso forma, non fumare, limitare il consumo di alcool e caffè, concedersi un sufficiente riposo notturno, tenere sotto controllo i livelli di stress, fare una regolare e costante attività fisica, ecc .

Per quanto concerne la nutrizione, questa andrebbe considerata non solo in termini di calorie, ma alla stregua di un vero farmaco in quanto gli alimenti non servono solo a darci energia ma, agendo attraverso recettori specifici, attivano o disattivano certe risposte funzionali e rappresentano precursori di ormoni, di neurotrasmettitori, di proteine di struttura (come l’osso e i muscoli); il cibo che ingeriamo è quindi fondamentale sia per il mantenimento della nostra struttura ossea che per nostro equilibrio endocrino, immu- nologico e psicologico

Questo libro rappresenta un testo di Medicina Anti-Aging, ovvero di vera Medicina Preventiva in quanto intesa, non solo nella attuale comune accezione di diagnosi precoce, ma nella più ampia visione di valutazione dei vari fattori di rischio, affinché il paziente possa acquisirne consapevolezza e, ove possibile, modificarli, con tutti i vantaggi che ne deriverebbero, in termini di qualità della vita, per lui ma anche, a cascata, per tutta la collettività

L’osteoporosi nella storia…

L’osteoporosi, la principale e più diffusa malattia dell’osso, è conosciuta da tempo immemorabile . Già 5000 anni fa i medici, osservando le ossa dei cadaveri di persone anziane, si accorsero che in certi casi esse erano più leggere e più porose del normale . Il tipico aspetto a spugna dell’interno dell’osso appariva particolarmente rarefatto, presentando ampi spazi vuoti

È proprio a questo caratteristico aspetto delle ossa colpite che si deve il nome della malattia

La prima descrizione moderna dell’osteoporosi risale al 1885, ma i primi veri studi sulla sua natura e sulle sue cause si attestano alla fine degli anni ’40 . Solo di recente però si è affermata una nuova concezione di questa malattia: infatti nella pratica medica, fino a una ventina di anni fa, l’osteoporosi non era considerata una vera e propria malattia, ma solo la naturale e inevitabile conseguenza dell’invecchiamento, pertanto senza rimedio Le fratture di vertebre o di femore degli anziani, soprattutto donne, erano reputate solo una fatalità, un rischio legato all’età avanzata e che sfuggiva a ogni possibilità di controllo .

oggi

Oggi si è capito che l’osso, pur andando incontro come gli altri tessuti e organi del nostro corpo a un processo di invecchiamento, non necessariamente deve arrivare a quel grave impoverimento della sua componente minerale, a quella grave perdita di sali di calcio che lo fa diventare tanto fragile

Ma vi è di più: ora si ha la consapevolezza che l’osteoporosi non dipende solo dall’età; infatti, anche se è nettamente più frequente negli anziani, in certe condizioni può comparire a qualsiasi età, anche giovanile o addirittura infantile . Pertanto deve essere studiata, valutata, stimata al pari di una qualsiasi altra malattia

Infatti l’osteoporosi è una condizione di anormalità dell’osso, esattamente come l’insufficienza cardiaca o la bronchite cronica lo sono del cuore e dei polmoni . Naturalmente l’osteoporosi non arriva mai di colpo, a ciel sereno . Così come l’ipertensione e l’ipercolesterolemia, l’osteoporosi è una malattia “silenziosa” che può progredire per diversi anni fino alla diagnosi o finché non avviene una frattura . Spesso però nemmeno una frattura è sufficiente affinché l’osteoporosi sia diagnosticata: infatti si calcola che solo una frattura vertebrale su tre viene riscontrata clinicamente a causa della sintomatologia dolorosa o dell’incurvamento della colonna vertebrale che ne conseguono

Questa peculiarità dell’osteoporosi, unita all’aumento progressivo dell’aspettativa di vita della popolazione in tutto il mondo, ha fatto sì che tale patologia, per le conseguenze cui può esporre, abbia assunto le proporzioni di emergenza sociale, tra le più gravi ed urgenti da affrontare nel XXI secolo .

Diffusione dell’osteoporosi

L’osteoporosi interessa una porzione elevata della popolazione italiana, soprattutto di sesso femminile, e presenta un tasso di crescita proporzionale al crescere dell’età

Alcune caratteristiche peculiari di questa malattia la rendono poco conosciuta e meno temuta di altre: tra queste, la mancanza di dati epidemiologici precisi sulla sua diffusione nel nostro paese, la sua asintomati- cità, il lungo periodo di latenza, la possibilità che i suoi effetti (fratture ossee di diversa entità) siano ascrivibili ad altre cause e la mancanza di programmi di prevenzione consolidati . Il recente interessamento al problema dal parte del Parlamento Europeo sottolinea la valenza sociale e politica di questa patologia, particolarmente diffusa in Italia, dove il quadro demografico caratterizzato da una vita media tra le più alte al mondo, deve far ritenere il nostro Paese tra le aree a maggior rischio di patologia osteoporotica . Si stima che in Italia circa 5 milioni di persone siano affette da tale patologia, anche se probabilmente esiste una larga parte della popolazione a cui la malattia non è stata diagnosticata in maniera corretta

L’osteoporosi colpisce il 33% delle donne tra i 60 e i 70 anni di età e il 66% di quelle al di sopra degli 80 anni . È relativamente meno diffusa negli uomini (20%) . Nel 2000 in tutto il mondo l’osteoporosi ha causato 9 milioni di fratture di cui la gran parte a carico di femore, polso e vertebre Le proiezioni per i prossimi anni sono ancora più allarmanti in quanto tali numeri di per sé impressionanti, aumenteranno drammaticamente Si stima, infatti, che il numero delle sole fratture di femore salirà dagli attuali 1,6 milioni annui ad un numero compreso fra 4,5 e ai 40 anni ed il 17% degli uomini di età superiore ai 60 anni è affetto da osteoporosi . In base a questi dati si stima che ad oggi in Italia oltre 3,5 milioni di donne e circa un milione di uomini siano affetti da osteoporosi . Prendendo in considerazione anche l’osteopenia, una condizione in cui la massa è ridotta rispetto alla normalità, che spesso precede l’oste- oporosi e che espone a maggiori rischi di frattura, si calcola che il 66% delle donne ed il 50% degli uomini ne siano interessati . Tali numeri per il nostro Paese sono destinati a crescere ancora più rapidamente che altrove, dal momento che l’Italia è il paese europeo con il più alto indice di vecchiaia (numero di ultrasessantacinquenni ogni 100 giovani di età inferiore ai 14 anni); se infatti nel 2000 si sono registrate 86.000 fratture di femore, la stima è che queste raddoppieranno entro il 2020, arrivando a contarne circa 150.000 .

Conseguenze dell’osteoporosi

Le fratture causate dall’osteoporosi determinano un maggiore rischio di future fratture, detto ‘effetto domino’. Infatti dopo una prima frattura vertebrale:

Il rischio di sviluppare fratture non vertebrali aumenta di 2-3 volte .

Il rischio di sviluppare una fratture di femore raddoppia .

Una donna su quattro riporterà una nuova frattura (vertebrale o non vertebrale) nell’anno successivo .

La frattura di femore, che ogni anno in Italia causa un numero di giorni di ricovero simile a quello legato all’infarto del miocardio, al tumore al seno e al diabete, è la più grave conseguenza dell’osteoporosi .

Il 20% dei pazienti che hanno subito una frattura di femore muore entro un anno

La frattura di femore causa disabilità motoria (incapacità totale o parziale di deambulare e incapacità di compiere azioni quotidiane) nel 40% dei casi dopo un anno

Il rischio di permanenza in strutture di lungo-degenza è aumentata di sei volte

Molto più lacunose sono le stime sulle fratture vertebrali . Queste sono infatti le tipiche fratture che vengono diagnosticate solo tardivamente, spesso per caso, in occasione di una radiografia per il mal di schiena Inoltre una frattura vertebrale resta il più delle volte un fatto tra medico e paziente, non passa attraverso gli ospedali e non rientra nelle statistiche . Addirittura si calcola che due fratture vertebrali su tre sono considerate dai pazienti un banale mal di schiena e non sono neppure portate all’attenzione del medico . E viceversa anche molti medici, di fronte a un mal di schiena, non pensano a una frattura vertebrale e non richiedono una radiografia.

Costi

L’onere finanziario connesso alle cure delle fratture da osteoporosi è sbalorditivo e continua ad aumentare . Nella sola Unione Europea i costi dovuti all’osteoporosi sono stati 31,7 miliardi di euro nel 2000 e si stima che nel 2050 arriveranno a 76,7 miliardi . Questo perché spesso le fratture da osteoporosi si ripresentano nel tempo: si calcola che le fratture di femore si ripetono nel 14% delle donne e quelle di polso nel 10%, mentre ben il 25% dei casi presenta fratture vertebrali multiple . Attualmente all’incirca 25.000 letti ospedalieri sono necessari per trattare le fratture da osteoporosi e nel 2050, se la situazione non si modificherà, ne occorreranno almeno 56.000 . In Italia nel 1999 le sole spese ospedaliere per le fratture di femore sono state di oltre 555 milioni di euro (1. 100 miliardi di vecchie lire) . Ma in primo piano devono soprattutto essere poste le sofferenze individuali . Dopo una frattura di femore, il 20% dei pazienti non riacquista la capacità di camminare, il 10-15% non è più in grado di uscire di casa da solo e la maggioranza non è più completamente autosufficiente . Le donne anziane, le più colpite dall’osteoporosi e dalle fratture, passano spesso dalla condizione di poter aiutare i familiari a quella di essere di grave peso Infatti, le fratture vertebrali sono causa di una certa inabilità e di dolore e le frequenti recidive possono in pochi anni portare la qualità di vita dei pazienti verso un drammatico degrado Coerentemente con il fatto che le fratture di femore sono la più grave conseguenza dell’osteoporosi, esse sono responsabili dei maggiori costi associati all’osteoporosi ed in Italia nel 2002 hanno determinato un ammontare di oltre un miliardo di euro così ripartiti:

I 40% per riabilitazione post-operatoria;

I 35% per il ricovero ospedaliero;

I 15% per costi diretti (giornate lavorative perse, mancata produttività dei familiari, dipendenza da assistenti a domicilio);

I 10% per le pensioni di invalidità ed accompagnamento per i 18.000

pazienti con disabilità permanente

I maggiori costi associati all’osteoporosi non sono quindi causati dai farmaci utilizzati per il suo trattamento, ma dai costi derivati dalle fratture e dalle loro conseguenze (ad esempio ricoveri, pensioni, invalidità) Conseguentemente i farmaci che riducono maggiormente il rischio di fratture, in particolare quelle di femore, determinano consistenti risparmi per la società, riducendo i costi da queste derivati . L’osteoporosi è una malattia a largo impatto sociale con diverse e comprovate conseguenze negative di matrice sanitaria, sociale ed economica, nonché relative alla complessità della patologia in esame

L’osso: strutturazione, costituzione e componenti

La colonna vertebrale

La colonna vertebrale è formata da 33 vertebre articolate fra loro in maniera complessa che, capaci singolarmente di minimi movimenti, lavorando insieme consentono una notevole flessibilità alla colonna Le vertebre sono composte da tre parti principali: il corpo, l’arco e i processi .

Il corpo è la parte anteriore di ciascuna vertebra e ha forma cilindrica; i corpi sono appoggiati l’uno sull’altro e sono separati da un cuscinetto ammortizzatore, detto disco intervertebrale, e costituiscono la vera struttura di supporto del tronco . Quando si parla di ‘frattura vertebrale’ o ‘crollo vertebrale’ dunque si intende una deformazione permanente del corpo di una o più vertebre . Una o più fratture determinano non solo un accorciamento della lunghezza totale della colonna, e quindi una diminuzione dell’altezza della persona, ma anche un’alterazione delle curve normali della colonna che danno luogo a seconda della sede alla lordosi cervicale, alla cifosi dorsale e alla lordosi lombare

Gli archi vertebrali, la parte posteriore delle vertebre, allineandosi uno all’altro formano il ‘canale vertebrale’, il lungo tubo in cui decorre il midollo spinale, una struttura nervosa in continuità con l’encefalo . Dal midollo spinale originano i nervi spinali che escono negli spazi fra le vertebre, alcuni dei quali causano le sensazioni dolorose . Si comprende così come la frattura di una vertebra e le alterazioni legate all’artrosi possano comprimere questi nervi e determinare dolore

I processi vertebrali sono strutture che sporgono ai lati e posteriormente alle vertebre . La loro funzione è quella di consentire l’inserimento dei legamenti che tengono insieme la colonna, e dei muscoli che permettono di mantenerla in posizione eretta in modo che possano compiersi i diversi movimenti

L’osso

L’osso è costituito da tre diverse componenti . Una componente organica, una specie di intelaiatura (la matrice ossea) formata da lunghe fibrille di una proteina chiamata collagene che conferisce elasticità e coesione alla struttura complessiva; una componente cellulare, costituita da milioni di cellule specializzate che lavorano incessantemente per controllare e mantenere il giusto livello di mineralizzazione delle ossa, distruggendo osso vecchio e rigenerando osso nuovo; una componente minerale costituita essenzialmente da cristalli di sali di calcio, fosforo, magnesio e altri elementi che si depositano sulla matrice organica, garantendo all’osso la propria robustezza e la capacità di sopportare il peso del corpo .

Se sezioniamo un osso e osserviamo la sua struttura interna, è possibile notare due diversi tipi di tessuto: l’osso corticale o compatto e l’osso trabecolare o spugnoso . L’osso corticale è la parte più esterna, la cosiddetta corteccia dell’osso, che forma uno strato continuo, uniforme, in superficie relativamente liscio, costituito da lamelle concentriche aderenti l’una all’altra, senza spazi vuoti . La parte più interna dell’osso è invece costituita dal tessuto spugnoso, formato da innumerevoli piccole cavità delimitate da sottili tralci e lamelle, le cosiddette trabecole ossee

Nell’osso vivente queste piccole cavità racchiudono il midollo osseo, un organo essenziale che provvede al continuo rinnovo dei globuli rossi e bianchi del sangue . La presenza del tessuto osseo spugnoso non solo rende le ossa più leggere, ma anche, e proprio grazie alla sua struttura trabecolare, più elastiche e meno fragili . Le varie ossa, a seconda del tipo e della funzione, contengono una percentuale diversa di osso compatto e osso spugnoso.

Le ossa lunghe, come il femore o l’omero, sono formate per lo più da osso corticale per sua natura molto spesso, tranne verso le estremità dove prevale l’osso trabecolare Nelle ossa piatte, come quelle del cranio e del bacino, e nelle ossa corte, come le vertebre, è invece più abbondante l’osso trabecolare mentre l’osso corticale è limitato solo ad uno strato sottile L’osso, lungo tutta la vita, viene continuamente distrutto e rigenerato . Questo processo, che è chiamato ‘rimodellamento osseo’, avviene a livello delle cellule, cioè a livello microscopico . Ciò vuol dire che ogni giorno, in tutte le ossa, in tantissimi punti, i sali di calcio vengono solubilizzati e la vecchia matrice proteica distrutta (fase di assorbimento) mentre in altrettanti punti viene prodotta nuova matrice e su di essa si depositano nuovi cristalli di calcio (fase di neodeposizione)

Si può quindi dire che, a livello microscopico, l’osso di oggi è diverso da quello di ieri e da quello di domani Queste fasi di riassorbimento e neodeposizione devono essere nel giusto equilibrio . Per esempio, nella prima fase della vita la deposizione prevale sul riassorbimento: in questo modo lo scheletro cresce e si sviluppa mentre nella maturità si conserva quello che si è costruito e quindi distruzione e ricostruzione più o meno si equivalgono. Nella vecchiaia, invece, quando tutti i processi vitali tendono a indebolirsi, la distruzione comincia a prevalere sulla ricostruzione e l’osso tende così a diventare più debole . Vi sono tuttavia anche condizioni particolari in cui l’impossibilità di ricostruire quello che si è distrutto può manifestarsi a qualsiasi età: è il caso di carenze alimentari, immobilizzazione prolungata, malattie o altri fattori negativi. A qualsiasi età, quando il riassorbimento diventa quantitativamente più importante della neodeposizione, pian piano l’osso si impoverirà di sali di calcio. In particolare, da un punto di vista della struttura generale dell’osso, si può dire che la parte corticale si assottiglia, mentre le cavità della parte spugnosa diventano più grandi e le trabecole che le delimitano più rade e sottili. È questo il meccanismo per cui si ingenera e si arriva all’osteoporosi.

Che cos’è l’osteoporosi

L’osteoporosi è frequentemente indicata come una singola condizione clinica quando, invece, le situazioni che si accompagnano all’osteoporosi sono multiple e sarebbe pertanto più appropriato parlare di sindrome osteoporotica oppure delle osteoporosi .

L’osteoporosi viene definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una malattia sistemica dello scheletro, caratterizzata da una ridotta massa minerale e un deterioramento microstrutturale, con conseguente aumento della fragilità dell’osso e maggior rischio di fratture .

Forme di osteoporosi

L’osteoporosi viene classicamente distinta in due grandi gruppi: osteoporosi primitiva e osteoporosi secondaria. L’osteoporosi primitiva a sua volta comprende l’osteoporosi idiomatica (giovanile e dell’adulto) e l’osteoporosi involutiva . L’osteoporosi secondaria invece è causata da malattie di vario tipo che possono con meccanismi diretti o indirettamente, attraverso l’interazione di molteplici fattori di rischio e/o concause, determinare una riduzione della resistenza scheletrica

Il riconoscimento delle forme di osteoporosi secondaria è di estrema importanza poiché se correttamente diagnosticate e trattate con una terapia eziologica, nella maggior parte dei casi sono reversibili

D’altra parte, l’impostazione di una terapia per l’osteoporosi in un paziente in cui non sia stata diagnosticata una forma di osteoporosi secondaria, può portare a una mancata risposta alla terapia, o addirittura a un danno in termini di perdita di massa ossea e di incremento del rischio di frattura . L’osteoporosi involutiva è invece una malattia multifattoriale nella quale diversi fattori, genetici, fisici, nutrizionali e ormonali (tra cui la deficienza estrogenica) possono operare da soli o in concerto nel compromettere l’integrità scheletrica .

Due sono le forme con le quali si può manifestare: la prima, l’osteoporosi di tipo I, interessa tipicamente la donna entro vent’ dalla menopausa, è dovuta principalmente a carenza estrogenica ed è caratterizzata dall’occorrenza delle fratture in siti scheletrici ricchi di tessuto trabecolare, come le vertebre ed il radio distale

La seconda, l’osteoporosi di tipo II, invece, colpisce entrambi i sessi con l’avanzare degli anni e riflette le composite influenze esercitate sul tessuto osseo dalle modificazioni ormonali conseguenti all’invecchiamento, quali l’iperpa Osso malato

ratiroidismo secondario e la compromissione della formazione ossea In questo caso le fratture riguardano principalmente siti composti da tessuto osseo sia corticale che trabecolare come il femore, l’omero, la tibia e il bacino

L’osteoporosi: malattia sistemica

Benché l’osteoporosi colpisca più di frequente alcuni tipi di ossa, quali il polso, le vertebre, il femore, l’omero e le coste che sono più impegnate nel sostegno del corpo o più esposte alle conseguenze di traumi, essa può colpire tutto il sistema scheletrico . Si tratta infatti di una malattia del metabolismo osseo, ossia un’alterazione del ciclo vitale dell’osso La componente cellulare dell’osso è costituita da due tipi di cellule: le cellule che costruiscono osso nuovo, chiamate osteoblasti, e le cellule che distruggono o meglio riassorbono l’osso vecchio, gli osteoclasti Queste cellule che costituiscono la parte viva dell’osso hanno il compito fondamentale di rinnovare l’osso un po’ per giorno lungo tutto l’arco della vita L’osso non ha infatti una struttura statica ma è costituito da tessuto che si modifica nel tempo tale da consentire all’individuo nell’arco di vent’anni di passare dalle dimensioni di un neonato a quelle di un adulto.



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