Pensioni d’oro ultime notizie: ecco cosa ha previsto il Governo nella Legge di Bilancio 2019



Questo articolo in breve

Negli ultimi mesi, si è tanto parlato di Pensioni d’oro o meglio dei possibili tagli alle pensioni d’oro. Per chi non lo sapesse, le pensioni d’oro sono quelle pensioni più alte della media, anche se effettivamente non esiste un criterio univoco per potere stabilire se una pensione è d’oro o meno. In tanti però, considerano le pensioni d’oro quelle di importo superiore ai €3.000 mensili, mentre altri reputano che questo parametro sia del tutto sbagliato. Secondo quanto emerso, tenendo conto di questo dato, ovvero 3 mila euro, si stima che in Italia siano oltre 800 mila le persone che percepiscono questo tipo di pensione d’oro. Nei mesi scorsi, il ministro del lavoro Luigi Di Maio ha preso un impegno con il suo popolo, sostenendo di voler presentare un disegno di legge per tagliare le pensioni d’oro, ovvero quegli assegni INPS superiore ad un determinato importo. Nello specifico, l’intento del MoVimento 5 Stelle, sarebbe quello di tagliare quelle pensioni il cui importo non è proporzionato ai contributi versati.



Ma effettivamente quali assegni verranno tagliati e quanti soldi potrà lo Stato recuperare con questa misura? Inizialmente, si pensava di decurtare tutti quegli assegni di importo superiore ai €5000 Netti, ma visto che le pensioni di questo importo non sono poi così tante, si è pensato di agire su quelle pensioni superiori ai €4000 Netti. Ad ogni modo, al giorno d’oggi sia il MoVimento 5 Stelle che la Lega pare abbiano delle idee differenti per poter ridurre le Pensioni d’oro. Nel prossimo disegno di Legge di bilancio, che sarà presentato alla Camera entro la fine di ottobre, saranno vagliate diverse soluzioni. Al momento sembra che sul tavolo del lavoro, ci siano ben tre soluzioni al vaglio dei tecnici.

  1.  Decurtazione in base ad una riduzione delle quote retributive
    Questa soluzione è contenuta nel disegno di legge 1071 D’Uva-Molinari e riguarderebbe le disposizioni per favorire l’equità del sistema previdenziale, attraverso un ricalcolo di quei trattamenti pensionistici che risultano essere superiori a € 4.500. Il ricalcolo viene effettuato secondo il metodo contributivo. Si tratterebbe questa di una soluzione che andrebbe qualche modo a penalizzare coloro che si sono ritirati in netto anticipo, sfruttando tutti quei requisiti di pensionamento favorevoli in quel dato momento.
  2. contributo di solidarietà
    Si tratta di una soluzione che prevede la reintroduzione del contributo di solidarietà sugli assegni pensionistici che sono superiori ad una determinata cifra. Questa soluzione è stata già adottata dal governo Letta con la finanziaria 2014. È prevista, dunque, una minima trattenuta del 0,35% e andranno a superare la cifra minima stabilita, arrivando al 15% per tutte le pensioni più elevate. Stando alle prime indiscrezioni, si ipotizza che questo contributo scatti a partire dai €91000 lordi all’anno e avrebbe una natura progressiva, visto che si decurta soltanto la quota di pensione che risulta in più alla cifra predetta.
  3. ricalcolo con il sistema contributivo
    Si tratta di una soluzione che consiste proprio nel ricalcolo sulla base contributiva dell’assegno. Questo verrebbe ricalcolato proprio sulla base dei contributi che effettivamente sono stati versati dal pensionato, durante gli anni attivi di lavoro, tenendo conto quindi della carriera lavorativa. Si tratta di una soluzione che però rischia l’incostituzionalità e che per poter essere attuata, rischia di andare incontro a diversi problemi.


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