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Questo articolo in breve

All’Olimpico alle 15 di oggi, si sfideranno Lazio Fiorentina. La Lazio affronterà i viola dopo due pesanti sconfitte, una nel derby l’altra Europa league. Per uscire dalla crisi, la squadra capitolina deve assolutamente portare a casa tre punti.



D’altra parte la Fiorentina, nonostante le numerose polemiche per una vittoria avvenuta grazie una simulazione di Chiesa, sta ottenendo buoni risultati in questo inizio stagione.

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La Lazio contro il suo passato (Stefano Pioli) e anche contro se stessa. La Fiorentina oggi per sovvertire un trend che vede i biancocelesti reduci da due sconfitte consecutive. Simone Inzaghi lo ha capito e chiede di invertire la rotta: «Siamo arrabbiati per le sconfitte con Roma e Eintracht, per fortuna c’è subito il campo, sappiamo che incontreremo una squadra in salute che farà di tutto per renderci la giornata difficile». Il tecnico laziale ha ammesso che «le critiche sono giuste, sono ben attento ad ascoltare quelle costruttive. La verità è che nel calcio i giudizi cambiano in fretta. Dobbiamo essere bravi a ribaltare questa situazione». Un Inzaghi che difende Milinkovic e Basta, sul banco degli imputati dopo la debacle tedesca («dare la colpa al singolo è sbagliato»), per questo oggi difficilmente cambierà strategie. Probabile il ritorno dall’inizio di Luis Alberto. L’alternativa è Caicedo. Per il resto, in difesa torna Radu al fianco di Acerbi.

«Gli attacchi di Gasperini e le battute di Allegri? Premesso che a Gasperini ho già risposto, a me piace parlare della mia squadra e dei miei giocatori, non degli altri. Dobbiamo pensare alla nostra crescita, siamo giovani ma ambiziosi. E di quel che dicono i nostri avversari mi interessa davvero poco». A Pioli preme semmai conquistare la prima vittoria stagionale in trasferta dove finora ha ottenuto solo un punto: «Ma della Lazio reduce da due ko non mi fido – dice da buon ex -. So che vuol dire perdere un derby, però è una squadra forte, sarà cattiva e determinata. Noi stiamo bene, decisi a fare la nostra gara». Avrà contro Badelj («Ho provato a tenerlo, gli ho voluto bene»), ha escluso Mirallas per guai alla caviglia, stuzzica Pjaca («Giochi più entusiasta, non deve dimostrare nulla»), invita Simeone a non snaturarsi ed esalta Chiesa: «Continui così senza fermarsi mai».

Sì, adesso parlare di crisi non è più un’esagerazione. E così Simone Inzaghi si ritrova a dover gestire il primo momento veramente difficile sulla panchina della Lazio. Nei due anni e mezzo di sua gestione il tecnico ha avuto la bravura e la fortuna di vivere costantemente con il vento in poppa. Di viaggiare a ritmi sempre sostenuti, spesso più alti del valore reale della squadra. Ora, però, la musica è cambiata. Le cinque vittorie consecutive (ottenute, però, contro formazioni tecnicamente inferiori e quasi tutte con fatica) avevano regalato l’illusione che si potesse replicare la straordinaria stagione vissuta l’anno scorso. Ma, appunto, è stata solo un’illusione.

I PROBLEMI I numeri sono impietosi. La formazione biancoceleste subisce di più (14 gol incassati nelle prime nove gare tra coppa e campionato contro gli 11 della scorsa stagione) e segna molto di meno (13 le marcature, un anno fa erano già 24). La Lazio si è seduta, ha perso il furore che la caratterizzava nelle scorse annate e non ha più la brillantezza di un tempo. C’è innanzitutto un problema di natura atletica. I biancocelesti sembrano avere un’autonomia di una mezzora al massimo. È stato così a Francoforte, era successo pure nel derby. Ed anche nelle cinque gare vinte consecutivamente, nei secondi tempi la squadra è sempre calata. Il gruppo è fiacco nel suo complesso, ma lo sono ancora di più alcuni uomini- chiave. Milinkovic e Luis Alberto su tutti. Hanno dato qualche segnale isolato della loro classe, troppo poco però in relazione al rispettivo potenziale. E poi a tarpare le ali dei biancocelesti c’è una fase difensiva che resta imbarazzante.

Per i gol che la squadra subisce ed ancor di più per le palle-gol (troppe) che concede agli avversari.

RIVOLUZIONE Occorre reagire subito, perché il calendario propone domani un’altra partita delicatissima. AH’Olimpico arriva infatti la Fiorentina, una delle realtà più belle del primo scorcio di campionato. Inzaghi si ritroverà di fronte quel Pioli di cui prese il posto due anni e mezzo fa, quando l’attuale tecnico della Viola fu esonerato dopo un derby perso. Inzaghi non è minimamente in discussione, ma l’incrocio mette comunque i brividi. Il tecnico sta pensando di apportare qualche modifica al suo abituale scacchiere. Come, ad esempio, il ritorno alla difesa a quattro. Oppure il riposo forzato di qualche big (a rischio soprattutto Milinkovic). Ma è probabile che rinvìi la rivoluzione a dopo la sosta. Domani, contro la Fiorentina, concederà un’ultima chance alla sua Lazio. Intesa come modulo e come uomini.

Il consiglio è sempre valido: «Resta sempre te stesso». Linea guida di vita, ma anche suggerimento calcistico made in Pioli. Destinatario il Cholito, dentro un periodo di aridità sottoporta. «A Simeone chiedo sempre di non cambiare il suo modo di giocare – spiega Pioli – seguendo le proprie caratteristiche. Ha generosità e movimenti, continui così, non lo giudicherò mai in base ai gol. Non deve diventare motivo di nervosismo. Lui è intelligente e per fortuna lo sa». Una rete nelle ultime sei di campionato (contro la Samp), due totali in stagione. Che «Giò» pensi al gol ci sta. Guai però a trasformare il proprio gioco sperando di aumentare la produzione di centri.

NAZIONALE Quattordici gol senza rigori nel primo campionato in viola. E un obiettivo chiaro in questa Serie A: arrivare almeno a 15. Dopo un buon inizio culminato anche nella rete segnata con la sua Argentina, il calo. Tante partite, moltissimi chilometri in campo, pochi gol. Qualcuno ha attribuito alla stanchezza post Nazionale la fatica nel riuscire a segnare. Sarebbe un guaio visto che dopo la Lazio sarà ancora Argentina. La settimana di lavoro pieno, comunque, dovrebbe aver aiutato. Ed oggi dal proprio
centravanti la Viola si aspetta moltissimo.

MIRALLAS K.O. Pioli si coccola Pjaca «Voglio vederlo ancora più entusiasta e sbarazzino, provi le giocate senza pressione». Anche perché il guaio alla caviglia di Mirallas, nemmeno convocato, dovrebbe nuovamente consegnargli una maglia da titolare. A centrocampo Be- nassi ha recuperato ed è pronto a partire dall’inizio. Dietro i soliti quattro: Milenkovic, Pezzel- la, Hugo e Biraghi. Ancora Pioli: “La Lazio è forte, nel collettivo come nei singoli. Sono tecni- ci ma anche potenti fisicamente, ogni pallone può essere determinante. So quanto può pesare perdere un derby a Roma. Saranno cattivi dal punto di vista agonistico».

INVERSIONE DI TENDENZA Tredici punti in classifica, dodici dei quali conquistati al Franchi. Scherzo anche di un calendario che dopo Napoli, Samp ed Inter, consegna lontano da Firenze la Lazio. «Con queste squadre non puoi mollare un secondo, quando è successo lo abbiamo pagato a caro prezzo». Superare l’esame Lazio aprirebbe scenari diversi.

Un bivio chiamato Fiorentina. Sergej Milinkovic ci si ritrovò di fronte già nell’estate di tre anni fa, quando la Viola lo contese a lungo alla Lazio. Il Sergente, alla fine, scelse la squadra biancoceleste, scusandosi con i dirigenti del club toscano, ma fermamente convinto che quella fosse la decisione giusta. Tre anni dopo, per il tuttocampista serbo ecco un nuovo bivio chiamato Fiorentina. Un incrocio diverso rispetto a quello del 2015, perché qui non si tratta di scegliere tra una squadra e l’altra, ma di indirizzare un’annata in un senso o in un altro. E, insieme con l’annata, forse anche una carriera.

SOTTO PRESSIONE Sì, perché la prima fetta di stagione di Milinkovic non è stata affatto positiva. L’uomo-copertina dell’ultimo campionato della Lazio è apparso prima appesantito e distratto, quindi ha regalato l’illusione di poter tornare a certi livelli, salvo poi finire nuovamente vittima di una preoccupante involuzione. Se all’inizio il suo problema poteva essere soprattutto fisico (causa Mondiale, ha iniziato la preparazione solo ai primi di agosto), col passare delle settimane è diventato chiaro come, invece, il suo blocco sia essenzialmente psicologico. Ma a frenarlo non è il malumore per la mancata cessione a un top club. La scelta di restare in biancoceleste è stata condivisa da lui e dal suo staff, con tanto di rinnovo contrattuale a 3 milioni a stagione, appena siglato. Il male oscuro del serbo è piuttosto la difficoltà a reggere la nuova situazione di osservato speciale con cui deve ormai fare i conti. Sta facendo fatica a reggere la pressione di dover sempre essere il numero uno. Una situazione inevitabile dopo un’estate tra scorsa da «oggetto del desiderio» dei maggiori club europei.

ULTIMA CHIAMATA Per Milinkovic questo è probabilmente l’ultimo gradino da salire per passare dallo status di progetto di fuoriclasse a quello di fuoriclasse vero e proprio. Che avesse (ancora) qualche problema a reggere l’urto dei fari puntati addosso si era capito già durante il Mondiale. Al quale era arrivato con l’etichetta di possibile star, salvo poi non lasciare tracce significative della sua presenza. «Deve crescere, ma non meritava tutte le critiche che ha ricevuto», lo difende Simone Inzaghi. Che oggi lo conferma titolare contro quella Fiorentina cui segnò il suo primo gol in A (con Pioli sulla panchina laziale). Inzaghi aveva accarezzato l’idea di concedergli un turno di riposo. Ma gli è bastato guardarlo negli occhi per capire che SMS è pronto a lanciare nuovi messaggi. Ieri il serbo è arrivato aFormello sfrecciando a bordo del suo suv colore bordeaux. Aveva il piglio giusto e sembrava di ottimo umore. Segno che vuole ricominciare a sfrecciare pure sul campo. Finora ha segnato un solo gol (al Genoa), un bottino troppo magro per quello che è stato il centrocampista che, nella storia della Lazio, ha realizzato più reti in un campionato.

IL TRIO Per farlo tornare a ruggire, Inzaghi gli piazza davanti i soliti Luis Alberto e Immobile (l’attaccante ha un conto aperto con la Fiorentina: è l’unica squadra di A cui non ha mai segnato) . Si ricompone così il trio che ha fatto le fortune biancocelesti nell’ultima stagione. Nel momento del bisogno Inzaghi a chiede a loro e, più in generale, alla vecchia guardia di tirarlo fuori dai guai. È il bivio stagionale decisivo per Milinkovic. Ma lo è per la Lazio intera.



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