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Il grande obiettivo stagionale del Milan rimane l’accesso alla prossima edizione della Champions League. Per centrarlo e arrivare al mercato di gennaio ancora pienamente in corsa, sarà necessario che la squadra, nelle prossime sei partite, non perda di vista la targa della Lazio, che oggi dista ancora un punto. Il calendario, almeno sulla carta, non sembra essere impossibile per gli uomini di Gattuso, nonostante permanga il problema legato agli infortuni in difesa. Ma l’allenatore non si piange addosso e in attesa dei rientri di Romagnoli e Musacchio, previsti per la partita di Europa League contro l’Olympiacos, andrà avanti con quello che ha a disposizione. L’altro fattore sarà il mercato. IvanGazidis, da oggi, prenderà possesso del suo ufficio a Casa Milan e della carica di amministratore delegato e sarà lui a dare a Leonardo e Maldini i limiti economici entro i quali i due potranno operare nella finestra di gennaio. Preso Paquetà, ecco che alla rosa attuale serviranno almeno altri tre innesti, uno per reparto.



Nelle ultime ore sono aumentati e di parecchio i rumors attorno al nome di CescFabregas. Il centrocampista del Chelsea ha manifestato i sintomi classici del mal di pancia e mai come questa volta sembra essere arrivato al punto di andare via da Londra tanto è vero che ha dichiarato: «Sto bene a Stamford Bridge, ma è chiaro che ogni calciatore vorrebbe giocare di più. Il futuro? Non ho parlato con nessuno. È ovvio che se non avrò firmato il rinnovo, da gennaio posso accordarmi con chiunque e questo attirerà tanti club. Resterò fino a fine stagione? Per adesso posso dire di sì». Già, per adesso perché il Milan ha già effettuato più di qualche chiacchierata con il suo agente, facendogli capire che i rossoneri vorrebbero anticipare a gennaio lo sbarco di Fabregas. Per farlo, però, ci vorrà la collaborazione del ragazzo, che dovrà chiedere al Chelsea di essere liberato a zero con sei mesi d’anticipo rispetto alla scadenza del contratto e poi dovrebbe anche rinunciare a una grossa fetta, diciamo la metà, del suo attuale ingaggio che ammonta a 9 milioni di euro netti a stagione. Sullo sfondo rimangono i nomi di Paredes e Sensi, oltre a quello di DenisSuarez, in uscita dal Barcellona: l’operazione si potrebbe fare in prestito con diritto di riscatto.

Per quel che concerne il reparto offensivo, il nome caldissimo è quello di ZlatanIbrahimovic, con il quale sembra ormai esserci un accordo di base per sei mesi di contratto a 2,8 milioni più una promessa di ridiscutere il prolungamento per la stagione ’19-’20 al termine del campionato. Per la difesa, il Milan guarda con interesse al profilo di Christensen del Chelsea, ma il danese è il terzo difensore centrale nella gerarchia di Sarri ed è difficile che se ne possa privare. Ne va da sé che rimane in auge la candidatura di MedhiBenatia della Juventus. La trattativa per il marocchino potrebbe sbloccarsi nel caso in cui i bianconeri dovessero regalare ad Allegri un altro centrale a gennaio.

Sette partite in 28 giorni. Tutte nel mese di dicembre. Un periodo di tempo in cui il Milan di Gattuso dovrà conquistare i sedicesimi di finale di Europa League, cercando quanto meno di scavalcare la Lazio per insediarsi al quarto posto in classifica. Ma Ringhio come ha intenzione di affrontare questo tour de force? «Bisogna fare meno danni possibile, riuscendo a fare più punti possibile, passando il turno di Europa League e poi vedremo – ha detto -. Pensiamo partita dopo partita e pensiamo a recuperare energie. È vero che abbiamo subito tanti infortuni, ma vedo un gruppo che si è ricompattato nelle emergenze. Ho visto la squadra che riesce a fare una corsa in più a livello difensivo, ognuno cerca di mettere una pezza. Dobbiamo continuare con questo spirito. Poi si vedrà dove arriveremo prima della sosta». Quindi Gattuso ha fatto chiaramente capire che il mercato invernale sarà importante, fondamentale, considerata l’attuale limitata competitività della sua squadra. Sempre che le sanzioni dell’Uefa (previste per la prossima settimana) non siano troppo severe.

UMILTÀ. Ma i modesti lussemburghesi ospiti giovedì scorso qui a San Siro hanno evidenziato che questo Milan soffre ancora di cali di tensione. Gattuso ha messo in guardia la sua squadra. «Se giochiamo come contro il Dudelange, contro il Parma non si vince – ha avvertito -. Però ci sta che quando si cambia tanto possano verificarsi prestazioni al di sotto delle aspettative. Sapevo a cosa andavo incontro con il Dudelange, però ho preferito dare minutaggio ai giocatori che ne avevano meno. In campionato serve una prestazione totalmente diversa. Quello che mi fa ben sperare è che sull’1-2 per i nostri avversari ho visto facce diverse: la mia squadra aveva capito che non poteva fare una figuraccia simile. Dobbiamo continuare con questa umiltà».

RONALDO YES! Ormai “sdoganato” il mercato invernale, Gattuso ha confermato che Cristiano Ronaldo è stato nel mirino del Milan prima che la Juventus riuscisse nell’impresa di acquistarlo. «Se Mirabelli (l’ex diesse del Milan cinese, ndr) l’ha detto vuol dire che è vero, lo sapevo anche io! C’è stata la possibilità, è tutto vero. Poi ci sono di mezzo tante cose…» ha ammesso Rino. Ma sul fronte dei possibili rinforzi, il tecnico ha datio la sua “benedizione” a un acquisto importante. «Fabregas? È normale che mi piaccia, come Modric, Kanté e tutti i grandi, ma sono domande per Leonardo e Maldini – ha tagliato corto -. Parlo di queste cose con loro solo quando si possono fare all’80-90%. Stanno uscendo tanti nomi, mi piace Fabregas, ma non c’è nulla di concreto». Sull’asse Milan-Chelsea si potrebbero sviluppare già a gennaio le cessioni del centrocampista catalano e del difensore Christensen. Con Higuain che, non riscattato dal Milan, si potrebbe ricongiungere all’amico Sarri a Londra. Godin e Cahill sono gli altri canditati alla difesa rossonera. Intanto Ibrahimovic è sempre più vicino, quasi giunto alla meta…

Ecco una breve lista che potrebbe risultare utile ai fini delle ricerche:

  1. Portogallo con Rádio e Televisão de Portugal;
  2. Svizzera con Schweizer Radio und Fernsehen;
  3. Turchia con Turkish Radio and Television Corporation;
  4. Serbia con Radio-televizija Srbije;
  5. Paesi Bassi con Sanoma Media Netherlands;
  6. Paraguay con Sistema Nacional De Television;
  7. Slovacchia con Slovenská Televízia;
  8. Suriname con Surinaamse Televisie Stichting;
  9. Repubblica Ceca con Ceská Televize;
  10. Svezia con Modern Times Group.

DOVE VEDERE MILAN PARMA IN TV

Per vedere Milan Parma in TV hai bisogno di un abbonamento Sky con il pacchetto Sky Calcio. Se soddisfi questo requisito, la gara sarà visibile con ampio pre partita e post partita su Sky Sport HD e Sky Sport Serie A, canale 202.

Nel caso in cui non fossi un abbonato Sky purtroppo non potrai vedere la partita in TV ma puoi sempre usufruire di alcuni servizi alternativi per vedere Milan Parma in streaming. Altrimenti puoi approfittare dell’occasione per sottoscrivere un abbonamento Sky.

DOVE VEDERE Milan Parma IN STREAMING

Il match Milan Parma sarà trasmesso anche in streaming su diverse piattaforme, tutte rigorosamente di Sky. Anche qui se avete un abbonamento Sky potete utilizzare l’applicazione SkyGo (gratuita) che permette la visione del match anche in streaming. SkyGo infatti permette di vedere su PC, Smartphone, Tablet e non solo tutti i programmi Sky sfruttando il proprio abbonamento di casa.

Sette partite in 28 giorni. Tutte nel mese di dicembre. Un periodo di tempo in cui il Milan di Gattuso dovrà conquistare i sedicesimi di finale di Europa League, cercando quanto meno di scavalcare la Lazio per insediarsi al quarto posto in classifica. Ma Ringhio come ha intenzione di affrontare questo tour de force? «Bisogna fare meno danni possibile, riuscendo a fare più punti possibile, passando il turno di Europa League e poi vedremo – ha detto -. Pensiamo partita dopo partita e pensiamo a recuperare energie. È vero che abbiamo subito tanti infortuni, ma vedo un gruppo che si è ricompattato nelle emergenze. Ho visto la squadra che riesce a fare una corsa in più a livello difensivo, ognuno cerca di mettere una pezza. Dobbiamo continuare con questo spirito. Poi si vedrà dove arriveremo prima della sosta». Quindi Gattuso ha fatto chiaramente capire che il mercato invernale sarà importante, fondamentale, considerata l’attuale limitata competitività della sua squadra. Sempre che le sanzioni dell’Uefa (previste per la prossima settimana) non siano troppo severe.

UMILTÀ. Ma i modesti lussemburghesi ospiti giovedì scorso qui a San Siro hanno evidenziato che questo Milan soffre ancora di cali di tensione. Gattuso ha messo in guardia la sua squadra. «Se giochiamo come contro il Dudelange, contro il Parma non si vince – ha avvertito -. Però ci sta che quando si cambia tanto possano verificarsi prestazioni al di sotto delle aspettative. Sapevo a cosa andavo incontro con il Dudelange, però ho preferito dare minutaggio ai giocatori che ne avevano meno. In campionato serve una prestazione totalmente diversa. Quello che mi fa ben sperare è che sull’1-2 per i nostri avversari ho visto facce diverse: la mia squadra aveva capito che non poteva fare una figuraccia simile. Dobbiamo continuare con questa umiltà».

RONALDO YES! Ormai “sdoganato” il mercato invernale, Gattuso ha confermato che Cristiano Ronaldo è stato nel mirino del Milan prima che la Juventus riuscisse nell’impresa di acquistarlo. «Se Mirabelli (l’ex diesse del Milan cinese, ndr) l’ha detto vuol dire che è vero, lo sapevo anche io! C’è stata la possibilità, è tutto vero. Poi ci sono di mezzo tante cose…» ha ammesso Rino. Ma sul fronte dei possibili rinforzi, il tecnico ha datio la sua “benedizione” a un acquisto importante. «Fabregas? È normale che mi piaccia, come Modric, Kanté e tutti i grandi, ma sono domande per Leonardo e Maldini – ha tagliato corto -. Parlo di queste cose con loro solo quando si possono fare all’80-90%. Stanno uscendo tanti nomi, mi piace Fabregas, ma non c’è nulla di concreto». Sull’asse Milan-Chelsea si potrebbero sviluppare già a gennaio le cessioni del centrocampista catalano e del difensore Christensen. Con Higuain che, non riscattato dal Milan, si potrebbe ricongiungere all’amico Sarri a Londra. Godin e Cahill sono gli altri canditati alla difesa rossonera. Intanto Ibrahimovic è sempre più vicino, quasi giunto alla meta…

Ivan Gazidis ci ha preso gusto, il suo approccio al Milan sta avvenendo in maniera calibrata, attenta, rispettosa nell’affrontare tutte le tappe più importanti. Non a caso l’approdo a Milano è avvenuto con largo anticipo (un mese) rispetto all’inizio della sua nuova avventura manageriale. Non potrebbe essere diversamente essendo Gazidis, oltre che un manager di acclarate capacità, anche un grande appassionato di calcio. Il nuovo ad rossonero ieri si è presentato a Milanello, “scortato” da Maldini e Leonardo, nel suo primo giorno di servizio effettivo a Casa Milan. L’ex Arsenal sarà ovviamente presente anche quest’oggi a San Siro insieme a oltre 60.000 tifosi (un migliaio quelli del Parma). Tutti spingeranno il Milan verso un successo che potrebbe valere doppio nel caso Lazio, Napoli, Roma e Inter (di fronte nello scontro diretto) non dovessero fare risultato pieno.

MADE IN ITALY. La visita di Gazidis presso il quartier generale rossonero è cominciata a metà mattina quando il manager ha voluto incontrare i dipendenti del centro sportivo. Ai quali ha chiesto di parlare tranquillamente in italiano perché il nuovo ad rossonero ha iniziato a studiarlo ed è già a un buon livello di apprendimento. Del resto si tratta di una strategia importante per inserirsi con rapidità ed efficacia in un nuovo contesto professionale. I dettagli e la cura dei particolari sono punti di forza dello stesso Gazidis. Il quale ha visionato tutte le strutture di Milanello incontrando e parlando con i responsabili dei singoli settori. Fra i principali compiti del nuovo ad c’è anche risolvere il problema dello stadio. La comunione di intenti ottenuta con il nuovo accordo stabilito con l’Inter non dovrebbe precludere la costruzione di un secondo impianto a Milano.

WELCOME. Il benvenuto al manager è stato molto cordiale, a testimonianza dell’importanza di una figura societaria che dovrà fare la differenza e procurare importanti risultati come la squadra allenata da Gattuso. Il tecnico milanista ha confessato di essere rimasto particolarmente colpito dal carisma del manager sudafricano. «Gazidis è un uomo di calcio, per tanti anni ha rappresentato l’Arsenal, facendo buone cose a livello di risultati sportivi ed economici – ha sottolineato Gattuso -. Abbiamo pranzato insieme a Paolo Maldini e Leonardo, insieme a loro ha visto l’allenamento. Quando l’ad parla affascina, lo ascolto volentieri. Si vede che è un uomo di esperienza e può essere un valore aggiunto per questa società». Gazidis verrà presentato ufficialmente in società mercoledì a casa Milan, in occasione del cda che avrà anche il compito di ratificare la sua nomina quale amministratore delegato.

E’ il giorno del Milan, quinta contro sesta, sfida quindi con sfumature color Europa. Ma Roberto D’Aversa, tecnico del Parma, getta acqua sul fuoco degli entusiasmi: «Siamo consapevoli della nostra dimensione e conosciamo tutte le difficoltà di questa partita. Dobbiamo affrontarla con la massima umiltà, quella che ci ha portato a fare cose importanti, ma anche con l’ambizione di mettere in difficoltà l’avversario. Abbiamo una posizione di classifica che ti fa stare più sereno, ma dobbiamo essere bravi a non perdere umiltà, determinazione e voglia di portare a casa il risultato al di là del valore dell’avversario».

Un avversario che il tecnico crociato si aspetta diverso da quello visto in Coppa: «Il Milan giovedì ha giocato con il 4-4-2, mentre a Roma ha schierato il 3-4-3, probabilmente per i problemi numerici di formazione mi aspetto più un 3-4-3 ma come dico sempre il sistema è più che altro indicativo. In Europa League molti giocatori sono rimasti a riposo, dunque è più probabile usino il modulo del match di Roma».

D’Aversa ha ancora un po’ di Milan nel cuore dopo averci fatto le giovanili: «Mi fa piacere tornare a San Siro, il Milan è stato una seconda famiglia, ci sono rimasto sei anni e ritrovo persone a cui sono molto legato: Gattuso è arrivato al primo anno al Milan quando io ero lì per curarmi da un infortunio, giravamo con la mia macchina e mi portava nei ristoranti di sua conoscenza. Con Maldini ho avuto l’onore di allenarmi in prima squadra, è stato un grandissimo giocatore ma è anche un grande uomo. Pure Leonardo faceva parte di quel gruppo. Mi fa piacere ritrovare queste persone, che adesso rappresentano un club di alto livello».

La sua prima “partita” a Milanello è durata quasi tre ore, 270 minuti per conoscere il cuore pulsante del Milan e far capire a dirigenti, allenatore e giocatori quanto sia importante raggiungere l’obiettivo Champions. Ieri è iniziata l’avventura del sudafricano Ivan Gazidis, nuovo ad milanista (la nomina ufficiale arriverà mercoledì nell’assemblea dei soci): l’ex manager dell’Arsenal ha varcato i cancelli del centro sportivo di Carnago intorno alle 11.30 (arrivato in macchina da solo, senza autista) ed è uscito poco prima delle 14.30 dopo una full immertion a tinte rossonere. E’ stato il battesimo a Milanello per Gazidis, già visto a San Siro in due occasioni (con Juve e Dudelange) e incrociato nelle ultime due settimane dai dipendenti del club a Casa Milan, dove ha preso possesso dell’ufficio più importante del quarto piano. Ma a Milanello, l’erede di Galliani e Fassone, ancora non si era visto. Gazidis – che non dovrebbe essere presentato, preferisce mantenere un profilo basso (sta studiando l’italiano e chiede di conversare con lui con la nostra lingua) – è arrivato un’ora prima che iniziasse l’allenamento e a Milanello ha trovato ad accoglierlo Leonardo e Maldini che gli hanno fatto da Cicerone.

Gazidis ha voluto vedere tutte le strutture prima di arrivare nello spogliatoio e salutare la squadra e Gattuso. A quel punto ha assistito all’allenamento e poi si è riunito a tavola con i due dirigenti e con Gattuso: «Gazidis è un uomo di calcio, ha rappresentato per tanti anni l’Arsenal, portando risultati economici e sportivi molto buoni – ha sottolineato il tecnico rossonero in conferenza -. E’ un piacere stare con lui, ha visto l’allenamento e poi abbiamo pranzato insieme con lui, Paolo e Leo. Oggi è stato il suo prima giorno, è uno che quando parla affascina, io lo ascolto volentieri perché si vede che ha grande esperienza. Può essere un valore aggiunto per la società».

Per questo è stato scelto da Gordon Singer, che da tifoso dell’Arsenal ha potuto tastare con mano il lavoro del manager che dal 2008 ha fatto lievitare i ricavi dei Gunners (fatturato passato da 263 a 487 milioni). Per strapparlo all’Arsenal, Elliott ha messo sul piatto un contratto da top player – 4 milioni – e gli ha dato le chiavi della parte amministrativa del Milan. L’obiettivo è far sì che il club rossonero torni a respirare assiduamente l’aria della Champions, ma anche che cresca fuori dal campo: sarà difficile raggiungere in tempi brevi i numeri che Gazidis ha ottenuto all’Arsenal, ma la società confida che il dirigente sappia sfruttare al massimo il brand e ottenga anche contratti migliori dagli sponsor.

E venne il momento di José Mauri. Quasi a sorpresa, il centrocampista italo-argentino troverà una maglia da titolare oggi contro il Parma, squadra che l’ha lanciato nel calcio dei grandi nella stagione in cui poi fallì la società emiliana. Gattuso, infatti, ha deciso di rispolverare il 4-3-3 come sistema di gioco e per completare la mediana ha deciso di puntare sull’ex di giornata, autore di un’ottima prova contro il Dudelange giovedì dopo esser subentrato a un evanescente Bertolacci. Mauri ha sempre goduto della stima di Gattuso, che in estate ne ha bloccato la partenza, anche se non è mai stato utilizzato con costanza dall’allenatore milanista. Le sue uniche apparizioni, in questa stagione, sono individuabili nelle due partite con i lussemburghesi in Europa League mentre in Serie A non mette piede da 469 giorni, ovvero dal minuto numero 78 di Crotone-Milan, quando prese il posto di Locatelli. L’ultima da titolare in Serie A risale a Cagliari-Empoli del 14 maggio 2017. Con ogni probabilità giocherà come mezzala, perché al centro del trio di centrocampo dovrebbe agire Bakayoko, con Kessie – che ha sulla testa la spada di Damocle della diffida – che completerà il reparto.

Nelle prove tattiche effettuate ieri a Milanello, Gattuso ha provato a lungo la linea a quattro con Ignazio Abate al fianco di Cristian Zapata al centro della difesa. Una soluzione nuova che potrebbe anche variare a gara in corso se la difesa milanista dovesse mostrare segni di inceppamento. È dunque ipotizzabile che ci possa essere un eventuale accentramento di Rodriguez al fianco di Zapata, con Abate terzino e Calabria dirottato a sinistra. Nella storia recente del Milan non è il primo caso in cui si verifica che un terzino venga adattato come difensore centrale di destra nella linea a quattro. Zaccardo ci ha giocato cinque partite nella stagione 2013-14 mentre De Sciglio, in Milan-Siena del gennaio 2013, fece coppia con Acerbi. Ieri la squadra si è allenata alle 12.30, con brunch alle 9.30 per abituarsi agli orari di oggi. Poi i giocatori hanno avuto qualche ora libera per poi ritrovarsi a Milanello alle 20.15 per la cena.

Emozioni, brividi e ricordi lunghi 27 anni. Roberto D’Aversa torna a “casa”, dopo 4 stagioni passate nelle giovanili del Milan a inseguire il sogno di una maglia da titolare. Sogno mai avveratosi, sebbene nel 1994 firmò il primo contratto da professionista con i rossoneri. «Il Milan è stata una seconda famiglia per me, sono arrivato quando avevo 15 anni – racconta D’Aversa -. Ritrovo persone a cui sono molto legato». E con Gattuso c’era un rapporto speciale: «Rino è arrivato al Milan quando io ero lì per curarmi da un infortunio al ginocchio, lui era alle prese con una pubalgia; giravamo con la mia macchina e mi portava nei ristoranti di sua conoscenza a mangiare il pesce». Il presente è un’altra cosa ed emana una luce abbagliante: il Parma è lanciatissimo, reduce da 2 vittorie di fila contro Torino e Sassuolo, e ha il morale a mille. Tra l’altro in questa stagione ha già sbancato San Siro (0-1 contro l’Inter). «Siamo consapevoli della nostra dimensione e conosciamo tutte le difficoltà di questa partita. Dobbiamo affrontarla con la massima umiltà che è quella che ci ha portato a fare cose importanti, ma anche con l’ambizione di mettere in difficoltà l’avversario e cercare di fare punti in un contesto così importante». Ambizioni e buona condizione spingono D’Aversa a non firmare per un pareggio, che sarebbe comunque un risultato positivo: «Quando si parte contro il Milan con il pensiero di un punto poi difficilmente lo porti a casa. Dobbiamo affrontare la partita in maniera compatta e con determinazione per cercare di metterli in difficoltà, senza pensare che sia più semplice perché hanno delle assenze o perché hanno già giocato giovedì». Due i ballottaggi: a centrocampo Stulac o la conferma per la terza partita consecutiva di Scozzarella; mentre sulla fascia destra del tridente offensivo Biabiany sembra in vantaggio su Ciciretti. Resta a casa Siligardi che ha accusato un risentimento muscolare e ha saltato la rifinitura di ieri. Rientrano Gobbi e Di Gaudio, ma partiranno dalla panchina.

Tecnica e velocità. Fantasia e inserimenti. Dribbling e sovrapposizioni. Possiamo fermarci qui: è più che sufficiente per spiegare che oggi, all’ora di pranzo, ci saranno zone del campo in cui il piatto si annuncia particolarmente ricco. Il sapore europeo di questo Milan-Parma passerà anche – e soprattutto – sulle zolle più laterali: quelle di Suso, Calhano- glu, Biabiany e Gervinho. Sulla carta, le quattro ah offensive di Gattuso e D’Aversa, al netto del sistema di gioco. Il Milan per esempio balla fra 4-3-3 e 3-4-3, ma il punto non è questo. Il punto è che rossoneri e giallo- blù proveranno a scardinarsi affidandosi non solo a Cutrone e Inglese, ma ai loro uomini capaci di spaccare la partita.

SPINTA ROSSONERA Suso per esempio sta vivendo la miglior stagione della carriera. In questo momento non potrebbe chiedere di più: è una delle stelle della squadra, è tornato nel giro della nazionale e tre settimane fa è diventato papà. L’apporto stagionale alla squadra è massiccio: 5 gol, 7 assiste una media voto di 6,65 che lo colloca – per ampio distacco – al primo posto delle pagelle rossonere. Non solo numeri, comunque, per Jesus.

Ma anche chiari indizi da leader, se è vero che il Milan giovedì scorso si è svegliato dall’incubo dell’1-2 col Dudelange grazie al suo ingresso. Una scarica di adrenalina che ha dato coraggio ai compagni in termini pratici (hanno iniziato a piovere cross in area) e di spirito. Lo stesso che finalmente è tornato a mostrare Calhanoglu, dopo un lungo torpore vissuto fra problemi familiari che l’hanno tormentato parecchio, e quelli fisici, che adesso – stando alle sue parole – sono stati risolti. Gattuso l’ha ringraziato pubblicamente per la sua disponibilità, nonostante il ricorrente dolore a caviglia e piede destri e lui ha finalmente fatto la differenza, mettendo a segno in coppa il primo gol stagionale e propiziandone altri due.

INTRECCI GIALLOBLÙ Questione di stimoli quindi, come sa bene Gervinho che ha già giocato e battuto l’Inter a San Siro, ma non ha segnato e non è una novità: il Meazza è l’unico stadio di A in cui l’ivoriano ha frequentato più di due volte (6 in tutto) senza mai trovare il gol. Il suo dovere, mr. treccine lo ha fatto prevalentemente al Tardi- ni, timbrando 4 dei 5 centri realizzati finora, e la metamorfosi da assistman a bomber è l’aspetto che più colpisce del Gervinho emiliano. Corsa e fantasia rimangono le doti migliori, in ripartenza sa essere devastante, ma rispetto ai tempi di Roma è cresciuto in lucidità sotto porta – la perla col Cagliari è sbocciata dopo 82 metri di corsa palla al piede – anche a costo di rinunciare a qualche passaggio vincente. Gervinho non ne ha ancora serviti ma è diventato un uomo gol (solo nel 2015-16, 6 reti nelle prime 13, era partito meglio in A) e un uomo squadra: Parma è già casa sua, i compagni lo adorano e D’Aversa ne apprezza la grande intelligenza tattica. Il tridente anti-Milan prevede l’ivoriano a sinistra e Biabiany a destra (Ciciretti l’alternativa), anche se il 4-3-3 potrebbe rimodularsi in un 3-5-2 con l’ex Inter esterno. La terza vita parmigiana di Biabiany procede a piccoli passi (una presenza da titolare), ma in casa gialloblù tutti sanno quanto possa dare. Lo sanno anche i tifosi rossoneri, che nel 2014 lo videro indossare la maglia del Milan nei tweet del club: Galliani e il Parma perfezionarono lo scambio con Zaccardo ma il ripensamento del difensore fece saltare tutto sul gong. Nelle visite sostenute con il Diavolo, a Biabiany venne rilevata un’aritmia cardiaca che rischiò di mettere fine alla carriera: «Fu un doppio choc», raccontò Jonathan. Ora che quei giorni da incubo sono un ricordo, la freccia francese potrà indicare la via del gol a quella ivoriana: Biabiany, a San Siro da avversario ha già segnato. Finì 4-2 per il suo Parma, di fronte c’era il Milan.

Il buon proposito per il secondo anno da tecnico del Milan è «contare fino a dieci prima di parlare, per non “sbroccare” prima di essere arrivato a tre». Mis- sion impossible o quasi, perché Rino Gattuso è un tipo sanguigno e controllare le emozioni non è la specialità della casa. Il tecnico rossonero, però, per fortuna insegue anche obiettivi più alla portata: presentarsi al mercato di gennaio senza aver perso terreno in campionato, per esempio, con in tasca il biglietto per i sedicesimi di Europa League. «A dicembre non dobbiamo fare danni», è il concetto su cui Gattuso ha insistito nelle ultime settimane, vista la pioggia d’infortuni che ha flagellato il Diavolo di recente. Poi ci penseranno Leonardo, Paolo Maldini e il nuovo a.d. Ivan Gazidis a rinforzare la squadra, compatibilmente coi precetti Uefa.

L’INCONTRO A proposito di Gazidis: ieri l’ex Arsenal ha preso contatto con la realtà di Milanello, presentandosi al centro tecnico al volante di una lussuosa Bmw nera. Con lui, a fare gli onori di casa, Leo e Maldini: la dirigenza riunita ha poi pranzato con Gattuso, mentre i giocatori si sono alimentati alle 9.30 del mattino, come faranno oggi prima del «lunch match» col Parma. Detto per inciso: Rino ha precisato di non essere contrario alle partite programmate all’ora di pranzo, «perché in tal modo avremo 60mila spettatori a sostenerci a San Siro con entusiasmo». Ha però confermato la perplessità per l’impegno troppo vicino alla gara europea col Dudelan- ge. Ma come è andato il primo approccio tra l’allenatore e Gazidis? «Quando parla è un tipo che affascina – ha raccontato ieri Rino -, si vede che ha esperienza e sa di calcio, saprà dare un valore aggiunto».

MERCATO I primi regali dell’a.d. potrebbero essere posati sotto l’albero di Natale, a condizione di non smontarlo fino a ben dopo l’Epifania.

Doni di mercato, s’intende. Gattuso non ha intenzione di scrivere letterine: se gli si nomina Cesc Fa bregas risponde che sì, lo apprezza come possono piacergli campioni del calibro di Modric o Kanté, ma al momento non c’è nulla di concreto. Reale, invece, era stato il progetto legato a Cristiano Ronaldo durante la gestione cinese: parola di Rino, che controfirma il retroscena raccontato dall’ex d.s. Mirabelli. Fantacalcio, ormai: CR7 veste bianconero.

A QUATTRO Meglio concentrarsi sul campo: c’è un Parma «che non è 6° per caso e quando riparte fa paura, non basterà la prestazione offerta col Dudelange per vincere». C’è un Andrea Conti che «meriterebbe di rientrare e ha uno spezzone di gara nelle gambe, per la veemenza che ci mette bisogna considerarlo recuperato». E c’è il cambio di sistema di gioco da adottare, col ritorno al 4-3-3: il manuale sconsiglia la difesa a tre contro tridenti come quello gialloblù, ma il passaggio a quattro richiederà l’azzardo di Abate in versione centrale puro. A centrocampo spazio a Mauri, anche se i compiti di regia dovrebbero toccare più a Bakayoko.

BAKA E CUTRONE OK Più dei

moduli – amano ripetere gli allenatori – conterà lo spirito di gruppo. Che è cresciuto anche per via dei guai fisici che hanno colpito la rosa, assicura Gattuso. Chi sta meglio, come Calhanoglu, finalmente inizia a dare un contributo più pesante («ma servono altre prove di alto livello per dire che è ritrovato»). Chi è uscito malconcio dal giovedì di Europa League, come Bakayoko e Cutrone, sarà a disposizione nonostante tutto. A trovare la quadra tattica poi penserà lui, l’allenatore. Che ama rinchiudersi a Milanello e isolarsi dalle voci per preparare le partite. «L’importante è che mia moglie non protesti», ride Rino. E pazienza se oggi lui non sarà a casa per il pranzo domenicale, perché improrogabili impegni lo reclamano altrove.

La «sua» partita è un incrocio di emozioni e aneddoti, di improvvisi e malinconici ritorni al passato e altrettanti rapidi scatti in avanti, alla sua maniera, verso il presente e il futuro. Milan-Parma, per Arrigo Sacchi, è la sfida tra le due squadre della sua vita, «due società e due città che mi hanno dato moltissimo e alle quali mi auguro di aver restituito qualcosa attraverso il bel gioco. Senza il Parma prima e il Milan poi io non sarei mai diventato quello che sono: logico che mi senta debitore».

Estate 1985, il Parma la ingaggia. Ricorda?

«Presidente Ernesto Ceresini, Riccardo Sogliamo d.s. Mi dicono: vogliamo fare una squadra di giovani. Rispondo: ci sto. Il regista, Augusto Gabriele, lo comprammo sulla spiaggia di Pinarella a Cervia. Il difensore centrale era Gianluca Signorini: non aveva mai giocato a zona, imparò in un mese. In attacco feci esordire Alessandro Melli che aveva 16 anni. Vincemmo il campionato di Serie C giocando un bel calcio e la gente si entusiasmò».

E l’anno dopo sfioraste l’impresa della promozione in A.

«Avevamo una squadra di ragazzini, ci mancava un po’ di esperienza. Però vincemmo due volte a San Siro contro il Milan in Coppa Italia: la prima volta segnò Fontolan, la seconda Bortolazzi. Che gioia! Ricordo ancora a memoria la formazione della prima sfida: Ferrari in porta; linea di difesa con Mussi, Bruno, Signorini e Bianchi; a centrocampo Galassi, Bortolazzi e Fiorin; in attacco Valoti, Melli e Fontolan. Età media: 21 anni».

E così lei conquistò Berlusconi che la portò al Milan.

«Il Cavaliere è un uomo pratico. Mi disse: “Se lei fa giocare così il Parma, con una banda di ragazzini, chissà che cosa può fare con il Milan”. Gli risposi: “Dipende dalla disponibilità che mi danno i giocatori”. Appena arrivato a Milanel- lo, con Pincolini, concordai di diminuire i carichi di lavoro del 20%. “Questi non sono abituati: se li alleniamo come a Parma, li ammazziamo”».

Se il Milan è stato il suo palco- scenico, che cosa ha rappresentato Parma?

«Mi sbalordì subito, e mi sbalordisce ancora ogni volta che ci torno, il grado di civiltà, di educazione e di rispetto. Pensai: qui hanno pazienza, qui ti aspettano, qui si può programmare e fare calcio senza buttare via i soldi. È il luogo ideale per far crescere i giovani».

Lei, a Parma, ha lavorato ancheda dirigente.

«Prima sono tornato come allenatore nel 2001, anche se avevo giurato che non sarei mai più andato in panchina. Ma per il Parma sono venuto meno al giuramento quando il cavalier Tanzi mi ha chiamato. E poi ho fatto il direttore tecnico e gestito un periodo delicato, quello successivo al crac Parmalat».

Dai Dilettanti al sesto posto in Serie A in soli tre anni: anche il Parma di oggi stupisce.

«Una cavalcata meravigliosa, successi tutti meritati. Il fatto è che Parma è una città di persone di alto livello, con idee chiare e ora raccolgono i frutti del lavoro. Non sprecano risorse economiche, non sbandierano grandi ambizioni: fanno il passo secondo la lunghezza della gamba. Bravi. Adesso non resta che migliorare il settore giovanile e affidarsi a istruttori validi per costruire nuovi calciatori».

Che ne pensa dell’allenatore D’Aversa?

«Ha fatto risultati importanti e di questo gli va dato merito. Io amo di più gli allenatori che chiedono alle loro squadre di impossessarsi del gioco, si sa, ma non si può negare che D’Aversa abbia fatto grandissime cose. La squadra è costruita benissimo, Inglese e Gervinho si integrano alla perfezione. È vero che giocano molto sul contropiede, ma sono proprio una squadra di eroi: tutti danno il 200%, si sacrificano, lottano. Gente perbene che merita il posto che si è conquistato».

Veniamo al Milan: che momento sta vivendo?

«Mi sembra che sia stato molto sfortunato. Tanti infortuni, e tutti piuttosto gravi, in una sola stagione è difficile vederli. E quando hai simili problemi è complicato mettere insieme una squadra di alto livello. Eppure Gattuso ci sta riuscendo: lui sì che mi sta sorprendendo».

Le piace come fa giocare il Milan?

«Sta studiando da grande, vedo che si impegna moltissimo, che è sempre concentrato sul lavoro. È un ragazzo straordinario, generoso, appassionato. E poi ha riportato al Milan ciò che negli ultimi anni mancava: il senso di appartenenza. Il Milan, dopo il Reai Madrid, è la squadra che ha vinto di più, ma si era perso l’orgoglio di indossare una maglia tanto importante. Ringhio ha rimesso questo sentimento fondamentale al centro del campo».

Contro il Parma che partita sarà?

«Il Milan dovrà stare molto attento, perché i ragazzi di D’Aversa sono ben organizzati in fase difensiva e davanti vanno come i missili. E poi sono in un momento magico. Il Milan, invece, ha speso parecchie energie in Europa League e ha avuto poco tempo per recuperare».

Quindi cosa dobbiamo aspettarci?

«Non lo so nemmeno io. Dal punto di vista tecnico il Milan è superiore, ma non sempre si vince con la tecnica».

Però il Milan, adesso, sembra sulla strada giusta dopo aver tanto tribolato.

«La società si sta organizzando. Il presidente Scaroni è una garanzia. E Leonardo e Maldini sono uomini che conoscono il calcio e sanno che cosa fare. Per Gattuso questi sono punti di riferimento importanti. Piano piano, il Milan tornerà ad altissimi livelli. Lo ripeto sempre: prima c’è il club, poi il gioco, e infine i giocatori. Guardate il Parma: ha seguito questa linea e adesso è sesto in classifica».

Succede spesso che un allenatore facciano i complimenti al panchinaro, fattosi trovare pronto proprio nel momento in cui c’è stato bisogno di lui, magari dopo tante esclusioni. Di certo, però, questo non può essere stato il caso né di Alen Halilovic, talento inespresso croato regalato al Milan ancora dalla scorsa dirigenza filo-cinese, e di Andrea Bertolacci, che dopo il prestito al Genoa è stato trattenuto a Milanello espressamente da Rino Gattuso, che ne aveva elogiato pubblicamente le doti e la necessità che rimanesse. I due, schierati titolari contro il Dudelange in Europa League, sono stati sostituiti in avvio di ripresa, con il Milan che perdeva clamorosamente. E allora è stato ancor più semplice dare proprio a loro due una fetta importante della responsabilità. Non a caso sono usciti entrambi mentre il Milan soccombeva ai carneadi lussemburghesi, salvo poi riprendersi e vincere di goleada proprio mentre i due giocatori stavano ormai in disparte.

La storia recente di questi due giocatori è completamente differente. Dall’anagrafica (22 anni Halilovic, 27 Bertolacci) alla dinamica di arrivo, non c’è quasi nulla che li accomuna. Il croato, infatti, è stata una scommessa, peraltro riconducile ancora a Mirabelli. L’ultimo “regalo” del Milan cinese a Elliott: essendo in scadenza di contratto, non è stato praticamente pagato, nella speranza che il Milan potesse riscoprire il suo talento perso-si tra Spagna e Germania. Così, sembrerebbe non essere: dopo i tre minuti che Gattuso gli aveva concesso all’andata, sempre contro i lussemburghesi, ieri ne sono arrivati altri 52, sufficienti per far capire che il ragazzo non è per il momento adatto a questi livelli. Magari lo rivedremo in Coppa Italia, ma la soluzione migliore sarebbe quella di darlo via a gennaio, per il bene di tutti. Bertolacci, invece, è stato espressamente richiesto da Gattuso: fosse dipeso dal giocatore, se ne sarebbe rimasto serenamente al Genoa, dove aveva trovato fiducia e spazio. Ma a luglio, proprio mentre sembrava ormai certo il rinnovo del prestito, il tecnico si è impuntato e lo ha voluto con sé. Risultato? Nemmeno un minuto in campionato, due partite da titolare in Europa League, entrambe contro il Dudelange, ovvero la squadra materasso del girone. Solo che, invece di provare a dimostrare il suo valore, Bertolacci deve aver preso questa promozione a titolare come un’offesa ancor peggiore dell’esclusione. E ha giocato di conseguenza, come se gli facessero un dispiacere a mandarlo in campo. E così, dalla diversità iniziale, siamo arrivati allo stesso destino finale: relegati in un angolo, magari con cessione già a gennaio, se qualcuno li volesse e se loro accetteranno il trasferimento. Cosa, ad esempio, che non ha fatto Montolivo, altra zavorra rossonera in organico. Tre milioni di euro di ingaggio, zero minuti in campo. Ma è stato infortunato a lungo: vediamo che accadrà, ora che sta meglio…

A distanza di diciotto giorni da quel rosso sventolatogli in faccia da Mazzoleni in Milan-Juventus, stasera la squadra rossonera ritroverà Gonzalo Higuain. Sarà una parentesi di 90 minuti, visto che domenica contro il Parma il Pipita dovrà scontare la seconda giornata di squalifica. Ma intanto stasera Higuain potrà dare il suo contributo per superare – a Milanello sperano in scioltezza – i modesti lussemburghesi del Dudelange. Ieri Higuain ha voluto metterci la faccia, presentandosi in conferenza al fianco di Gennaro Gattuso. Un Pipita apparso sereno, sorridente, sicuramente diverso da quello non solo osservato nella nefasta serata dell’11 novembre (quando sbagliò anche un rigore), ma in molte delle gare del suo periodo rossonero: «So di poter tornare a fare gol e aiutare il mister e la squadra – ha incalzato l’argentino -: la mia testa è lì, spero di poter contribuire e di aver imparato dall’errore contro la Juventus».

Higuain ha voluto soffermarsi sul suo momento e allontanare le voci su possibili mal di pancia: «Posso dimostrare molto di più e far vedere al Milan che non ha sbagliato a investire su di me – ha proseguito -. Non ho mai pensato di lasciare, la mia testa è tutta sul Milan. Dicono che sto male e sono incazzato, ma tutti qui sanno che sto bene e che sono felice in rossonero. Inoltre non mi sento la stella, ma uno in più di questo gruppo, uno che deve aiutare a raggiungere la Champions». Higuain ha sottolineato il buon rapporto con Gattuso («abbiamo caratteri simili, per quello penso che lui riesca a capirmi di più»), l’ambizione di puntare in alto con la squadra («il Milan, per la sua storia, deve sempre pensare a vincere qualsiasi torneo a cui partecipa; siamo competitivi, ma in campionato non siamo stati fortunati») e ovviamente ha toccato l’argomento Ibrahimovic: «Al mercato manca molto, a chi arriverà a gennaio ci penserà la società. Se mi piacerebbe giocarci insieme? E’ stato un grandissimo giocatore, lo è, a tutti piace giocare con i grandi giocatori – ha rimarcato Higuain -. Però qui abbiamo un ragazzo che ha un grandissimo futuro come Cutrone, ha tanta voglia di imparare e voglio insegnargli tutto quello che so».

E Gattuso? Il tecnico, che il 27 novembre ha compiuto un anno in panchina, ha innanzitutto elogiato Higuain: «Ha una dote, sa di essere un giocatore forte e non è presuntuoso. Quando la linea non è dritta e la vede storta inizia ad innervosirsi – ha spiegato il tecnico -, quando incomincia ad essere polemico e non sereno la squadra respira tutto questo. Lui deve migliorare in questo aspetto». Ma poi Gattuso si è soffermato sulla partita: «Se non si vince siamo in mezzo ad una strada, non dobbiamo fare figuracce». Gattuso stasera dovrebbe optare per un 4-4-2 con Cutrone al fianco di Higuain, visto che Castillejo è ancora squalificato. In difesa possibile chance per Simic.

La lista consegnata dai Los Angeles Galaxy per la prossima stagione ha fatto notizia a causa della presenza di Zlatan Ibrahimovic. Il club della Major League Soccer ha deciso di confermare lo svedese anche per il 2019. Ma di per sé non si tratta di un fatto così significativo per la trattativa che potrebbe portare lo svedese a tornare al Milan a quasi sette anni di distanza dalla cessione al Paris Saint Germain. E’ sempre possibile che il giocatore risolva il contratto a gennaio oppure passi al club rossonero in prestito con la formula usata nello scorso decennio da Beckham. Da questo punto di vista la presenza di Ibrahimovic dimostra solo la volontà dei Galaxy di trattenere il giocatore più rappresentantivo. Una decisione che segue di qualche settimana le dichiarazioni dei dirigenti, sempre molto determinati nel proclamare di voler proseguire con l’ex di Juventus, Inter e Barcellona dopo la prima stagione successiva all’addio al Manchester United.

Adesso il club californiano cercherà di migliorare il trattamento economico della sua stella. Ma non sarà facilissimo spingersi oltre l’attuale ingaggio di 1.2 milioni di euro. Perchè la squadra di Los Angeles non ha un posto libero per assegnare a Ibrahimovic lo status di “designated player”, quello che consente di andare oltre il salary cap. Ogni franchigia della Major League Soccer ha tre finestre a disposizione. I Galaxy le hanno già occupate con Romain Alessandrini e i due fratelli Dos Santons. E nessuno di questi tre giocatori è stato liberato dalla formazione di Los Angeles. Qualche margine di manovra potrebbe essere reso possibile dalla decisione di non confermare alcuni giocatori, tra questi due elementi che hanno giocato in Europa, come l’ex laziale Ciani e il terzino inglese, ex Chelsea e Roma, Ashley Cole. Ma il grande salto sarebbe entrare nel ristretto lotto dei “designated player”. Al momento non c’è spazio. Quindi il Milan può continuare a trattare il giocatore sulla base di un ingaggio non faraonico.

MILANO. Secondo il “The Sun”, Milan e Chelsea sarebbero vicine all’intesa per il trasferimento di Cesc Fabregas in rossonero già a gennaio. Lo spagnolo è nel mirino del Milan, ma avendo il contratto in scadenza a giugno, appare difficile pensare che Leonardo possa sborsare i 10 milioni di sterline (poco meno di 12 milioni di euro) di cui parla il “The Sun” per portarlo subito a Milanello. Per Fabregas, avendo solo sei mesi di contratto, il Milan difficilmente offrirà più di 2-3 milioni, anche perché poi andrà trovata l’intesa sull’ingaggio e lo spagnolo a Londra percepisce ben 9 milioni di euro l’anno, quindi 4,5 da gennaio al 30 giugno. Non pochi. Fabregas comunque rimane un’opzione, anche perché a 31 anni può ancora dire la sua. Per il centrocampo il preferito di Gattuso rimane Paredes dello Zenit, ma i russi lo valutano 30 milioni e, al momento, non vogliono cederlo. A causa dell’infortunio di Rafinha, si allontana invece Vidal.

Il caso nazionale è nato negli studi di Telelombardia. Ore 22,30 circa. In collegamento telefonico con Qui studio a voi stadio c’è Carlo Pellegatti, che prova disperatamente a trovare qualcosa di positivo nel pareggio a tempo scaduto della Lazio con il Milan. Impresa non facile. Quel gol di Correa quando l’impresa sembrava fatta sa di stagione sfortunata. Il buon Pellegatti sta facendo l’elogio di Gattuso: «Ecco la risposta a chi lo critica sempre: ha messo in scacco la Lazio con una squadra ridotta ai minimi termini…». E’ proprio in quel momento che arriva al mio telefono un sms di Matteo Salvini: «Glielo spieghi tu, a Gattuso, che può fare dei cambi durante la partita?». L’occasione è troppo ghiotta per non chiedergli di essere lui a dircelo in diretta, tanto più che era stato inquadrato più volte in tribuna. Il vice premier risponde sintetico: «Sono pronto».
A questo punto è necessaria una piccola digressione. Salvini negli anni è stato spesso ospite a Qsvs e si è sempre divertito a parlare di Milan. Lo stesso dicasi per altri politici di tutti gli schieramenti (tranne i grillini che usano la tv solo quando fa comodo a loro per parlare di politica e per il resto la schifano). L’intervento calcistico del vice premier era sicuramente interessante dal punto di vista giornalistico, come hanno dimostrato le reazioni successive la famosa «vasta eco» che ne è stata conseguenza. Il resto è cronaca recente. Alla fine dello scambio mediatico Salvini-Gattuso è rimasta irrisolta, però, la questione sollevata dal tecnico milanista: un politico può parlare di calcio? L’assioma di Ringhio (condiviso da molti) è: il politico può solo parlare di politica, se si interessa di calcio perde tempo. Pochi giorni dopo Kolarov è andato oltre la politica: perfino il tifoso non può esprimere giudici perché non capisce di calcio. Ecco, io vorrei dire a Kolarov e Gattuso (uomo straordinario e bravo come tecnico) che perfino tra gli addetti ai lavori è praticamente impossibile trovare una versione comune nell’analisi di una partita. Gli allenatori disoccupati passano il tempo a sussurrare che i colleghi in panchina sbagliano in continuazione. Lo stesso Gattuso, un anno fa, accusò Montella di avere sbagliato completamente la preparazione atletica del Milan. Dunque, in assenza di una sola teoria riconosciuta e certa che possa spiegare l’affascinante imprevedibilità del calcio, sarebbe saggio se tecnici e calciatori accettassero più serenamente di essere messi in discussione, sempre. Che sia un vice premier, un taxista, un impiegato statale o un medico. Spesso negli studi di Telelombardia si sono rivelate più azzeccate le analisi di semplici appassionati rispetto a quelle di ex tecnici o calciatori. E, in base al sacro principio che per parlare di ippica non occorre essere stati cavalli, suggerisco a Gattuso di sfogare eventualmente il proprio disappunto nel segreto dell’urna. A Kolarov, invece, di provare a giocar meglio. Così tornerà magicamente a considerare appropriatio i giudizi dei suoi tifosi.

In alcuni momenti dell’anno, i leoni possono arrivare a digiunare forzatamente anche per parecchi giorni. Due settimane e oltre senza campo, però, sono troppi anche per un esemplare di grande esperienza come Gonzalo Higuain: lui si ciba di gol e pallone pratica- mente senza sosta e restare a guardare in tribuna dev’essere stato un tormento. Gli ultimi ruggiti fuori posto, nella sera- taccia contro la Juve, lo hanno costretto alla cattività, quelli attesi stasera a San Siro invece dovranno sfamare l’appetito del Pipita e collocare il suo Mi- lan sui binari giusti per il passaggio del turno nel girone di Europa League. Voglia di partita sì, altri pensieri invece no. Nei venti minuti passati di fronte ai giornalisti nella sala conferenze di Milanello, Higuain ha usato due volte la parola «testa» e in entrambi i casi lo ha fatto per chiarire i concetti che porta bene impressi in mente da agosto a questa parte: fare quello che sa e vincere col Diavolo. «Spero di tornare a segnare e aiutare la squadra – dice l’argentino -, la mia testa è lì. Non ho mai pensato di andare via, la mia testa è tutta sul Mi- lan, con cui ho scelto di giocare sulla base di quanto fatto l’anno scorso dalla squadra. Io qui non mi sento la stella, sono un giocatore in più sul quale la società ha investito per raggiungere i suoi obiettivi, dimostrerò che con me non ha sbagliato».

CONDOTTIERO È un Pipita diverso quello che parla accanto a Gattuso: sorride più del solito, mantiene un basso profilo nei toni ma pronuncia parole da leader. Gonzalo elogia icompagni «che lavorano durissimo in allenamento e mostrano sempre una gran voglia di crescere» e spende parole al miele per il tecnico, «che mi capisce più di altri perché viviamo il campo allo stesso modo». Si prepara ad aprire le porte a Ibra, «un grandissimo giocatore, a tutti piace avere a fianco gente così» ma non dimentica il

«fratellino» Cutrone, con cui stasera farà coppia: «Quando dice che si sente onorato di giocare con me, mi spinge ad alzare il livello e fare sempre di più». Parla da condottiero, Higuain, specialmente quando sottolinea la prestazione dei compagni alFOlimpico con la Lazio: «È stata una soddisfazione vederli lottare così, questa squadra è competitiva ma poco fortunata: meriteremmo di stare più su in classifica, anche se dobbiamo imparare a gestire meglio le situazioni di vantaggio». Per Rino, invece, Gonzalo deve salire di qualche tacca nel controllo delle emozioni: «Ha la grande dote di sapere di essere un numero uno senza risultare presuntuoso, ma quando la linea non è dritta come vuole lui comincia a innervosirsi e il gruppo ne risente».

OBIETTIVI Quegli impulsi, il Pipita sembra averli anestetizzati alla grande, ora serve la controprova sul campo. Contro una squadra che con una mensilità dell’argentino pagherebbe il monte stipendi annuale di tutta la propria rosa (parole del tecnico del Dudelange, Dino Toppmòller) c’è bisogno di un successo decisamente meno sofferto di quello dell’andata, risolto proprio da Higuain, anche perché per il Pipa la sensazione di poter alzare un trofeo alla prima stagione rossonera resta vivissima: «Quando ero alla Juve questa squadra ha vinto una Supercoppa Italiana, giocato la finale di Coppa Italia e sfiorato la Champions. L’Europa è nella storia del Milan, abbiamo tutte le carte per lottare in questo torneo, poi dipenderà da noi e dal destino, il calcio è fatto anche di fortuna». E di gol: stasera il leone torna a caccia.

Un enorme turn over, che alla fine, consentirà di mandare in campo il Milan di Elliott. Ecco cosa propone l’esordio dei rossoneri in Europa League: giocheranno, per la prima volta, tutti i giocatori arrivati in questa ultima sessione di mercato (per correttezza, Reina in realtà è ancora “figlio” della gestione Fassone-Mirabelli), ovvero acquistati quando il fondo inglese aveva già preso possesso del club. Tra i nuovi acquisti rimarranno fuori altri due acquisti della vecchia gestione, vale a dire Halilovic, che si siederà in panchina, e Strinic, sempre bloccato, come è noto da problemi cardiaci.

Esordio assoluto

Per Pepe Reina e Mattia Caldara sarà la prima assoluta con la maglia del Milan. Il portiere è al momento chiuso da Donnarumma, in campionato: il “ragazzino” non è apparso immune da colpe, in alcune circostanze, ma per il momento la gerarchia non si tocca, anche se è evidente che una grande prestazione (difficile ipotizzarla con i dilettanti lussemburghesi, in realtà) potrebbe comunque far capire a Gattuso che l’alternativa è più che valida. «Pepe giocherà – ha spiegato il tecnico – ci sta dando tantissimo e non solo a livello calcistico. Sta dando alla squadra leadership e carisma. Sembra che stia in spogliatoio con noi da anni. E’ un ragazzo solare, che ama questo mestiere ed è coerente con tutto quello che dice. E questo si tocca con mano. Sta ore e ore a Milanello e quando dico che Gigio deve fare copia e incolla, mi riferisco alla passione che ci mette e come si allena all’età che ha». Anche per Caldara sarà la prima volta in assoluto. Esclusioni che inizialmente hanno lasciato perplessi, ma che sono state spiegate con grande sincerità da Gattuso,

controprova

Bakayoko, Laxalt e Castillejo, invece, qualche minuto lo hanno già disputato, in questa prima parte di stagione. Lasciando, peraltro, segnali lusinghieri. Il francese deve ancora prendere confidenza con il campionato italiano, deve trovare un po’ di equilibrio tattico, in un calcio sicuramente nel quale ha molta più importanza rispetto a Francia e Inghilterra, ma alla fine potrebbe risultare molto utile. A centrocampo campo c’era bisogno di un altro giocatore “fisico” da affiancare o da alternare a Kessie. E Bakayoko può sicuramente avere caratteristiche interessanti, seppur leggermente più difensivo. Non solo: è l’uomo che potrebbe consentire a Gattuso, se servisse, di cambiare modulo e di passare dal 4-3-3 al 4-2-3-1 che consentirebbe sviluppi di formazione imprevisti. Laxalt, tra tutti il più conosciuto, visti i suoi pregressi in Italia, è ovviamente il giocatore che ha avuto minori problemi di inserimento. Mandato in campo, è sembrato essere da sempre nel Milan: se ora il titolare della fascia sinistra è Ricardo Rodriguez e l’uruguagio il suo primo ambio, non scommetteremmo sul fatto che a fine stagione le gerarchie siano rimaste le stesse. Anche Castillejo, mandato in campo per complessivi 27 minuti tra Cagliari e Roma, ha trasmesso buone sensazioni. Serve la verifica a tempo pieno, pur con tutte le cautele che una sfida contro i lussemburghesi comporta.

voglia di bis

Facendo due conti, nell’ambito di un turn over pazzesco voluto da Gattuso, rimarranno due soli giocatori impiegati da titolari anche in campionato: Romagnoli, che come capitano del Milan è sempre in prima linea, e anche Higuain, atteso subito da un bis dopo aver realizzato il primo gol in maglia rossonera a Cagliari. Se, da un lato, l’argentino è in continuità con le altre gare, anche lui fa però parte dei giocatori arrivati con la gestione Elliott, che così diventano, appunto, cinque: Laxalt, Bakayoko, Caldara, Castillejo e Higuain sono tutti giocatori voluti e presi da Leonardo. E allora, questa gara di esordio in Europa League, diventa anche un indiretto banco di prova per valutare il lavoro del nuovo direttore generale. L’impressione è che abbia lavorato bene, ma come sempre sarà il campo a dare il verdetto definitivo.

Ignazio Abate ha dato la sua benedizione a Mattia Caldara nella conferenza stampa pre Dudelange-Milan. Il terzino e veterano milanista, a domanda specifica sul centrale difensivo che questa sera farà il suo esordio ufficiale con la maglia del Milan, ha affermato: «E’ un grande professionista, arriva sempre 2-3 ore prima al campo e sta crescendo tanto». Poi arriva l’investitura: «Insieme a Romagnoli è destinato a diventare uno dei più forti nel suo ruolo. Passare dai meccanismi della difesa a tre a quella a quattro non è cosa semplice, ma sono sicuro che presto entrerà a pieno regime nei meccanismi della squadra». Abate ritroverà la maglia da titolare dopo un avvio di stagione da comprimario alle spalle di Davide Calabria e, insieme a lui, scenderanno in campo anche tutti quei giocatori che, fino ad ora, hanno avuto poco spazio. Ecco allora che in difesa, davanti a Pepe Reina (anche lui al debutto in maglia Milan in partite ufficiali), ci sarà anche Laxalt sulla corsia mancina mentre il centrocampo sarà tutto nuovo, con Bakayoko, José Mauri e Bertolacci (che non giocava una partita con il Milan dal maggio 2017, contro il Bologna a San Siro) che prenderanno il posto di Kessie, Biglia e Bonaventura (rimasto a Milanello per lavorare sulla velocità insieme ad altri compagni). In attacco ci sarà spazio per Samu Castillejo e Fabio Borini ai lati di Gonzalo Higuain, in una riproposizione del tridente che ha giocato l’amichevole di due settimane fa contro la Pro Piacenza decisa da un gol dell’esterno italiano su assist dell’ex Villarreal. Per il Pipita, invece, sono attesi gli straordinari a meno che la partita non si mette bene, con Halilovic – altro volto nuovo che ancora non si è visto né in campionato né nelle amichevoli – che potrebbe ritagliarsi uno spezzone di partita.

Più che una trasferta è un viaggio indietro nel tempo. Non fino agli anni in cui era solo una promessa di Pipita – ormai anche qui, dietro le transenne dell’hotel Hilton di Lussemburgo, sono tifosi in fila perii suo autografo -, ma alle stagioni in cui frequentava gli stadi dell’Europa League.

TRE ANNI FA Riprendere U conto delle ventitré partite giocate nella competizione lo rimanda al febbraio 2016 ed è un po’ come ringiovanirsi: allora giocava nel Napoli e non superò il Villane al nel doppio turno dei sedicesimi. Per i gol, dieci in totale, bisogna indietreggiare ancora: nell’ottobre 2015 segnò l’ultimo nello stadio del Midylland, in Danimarca, a una squadra – secondo le stime di tifosi e fatturato – almeno quattro volte più consistente del Dudelange. Entrambi gli accadimenti risalgono alla stagione 2015-16, quella del record in campionato. Gonzalo segnò trentasei gol in A e di nuovo occorre guardarsi alle spalle: superò il precedente primato di Nordhal (a 35) che resisteva da sessantasei anni. Gattuso ha inoltre confessato che per fame, applicazione e condizione fisica, rivede nell’Higuain di oggi il Pipita d’oro di quel periodo, il più «fresco» della carriera. Gonzalo ha giocato a Swansea, Porto, Praga, Bratislava, Berna, Trebisonda, Mosca, Wolfsburg, Dnipro, Bruges, Varsavia, Hearing e appunto Villarreal, ma mai in Lussemburgo: è di nuovo tempo di scoperte.

SFIDE Higuain giocherà anche per via della contemporanea assenza di Cutrone, non al meglio. La sfida a distanza sarà con il «nove» avversario, Danel Sinani, 21 anni, stella della squadra e del caldo lussemburghese: nell’agosto scorso, durante il doppio confronto con il Cluj valido per l’accesso ai gironi, fu derisivo con tre gol in due partite. Un altro centravanti siede oggi in panchina ed è Dino Toppmòller, allenatore del Dudelange: la provocazione al Pipita l’aveva lanciata nei giorni scorsi e ribadita ieri pomeriggio: «Un mese di stipend di Higuain pagherebbe tutto il nostro club per una stagione intera, è di un altro pianeta». Gonzalo è abituato a parlare (e replicare) con i gol: il primo rossonero è stato a Cagliari, quando poi era uscito dal campo nervoso per la mancata vittoria e probabilmente per la scarsa assistenza ricevuta. L’insofferenza di Higuain, strano a dirsi, ha avuto un effetto positivo sui tifòsi del Milan: il disappunto per una partita in salita e con pochi guizzi offensivi è stato lo stesso di chi ha a cuore le vicende rossonere. L’irritazione del centravanti è così diventata la rabbia del trascinatore. A mente fredda, l’attaccante si era fatto sentire sui social dove «posta» solo se ha concetti chiari da comunicare. Il Pipita non spreca voce né accessi alla rete: quello di lunedì scorso è stato il suo post numero 182 (Ronaldo, primo esempio, è a quota 2358). Ha ripreso una sua foto mentre esultava dopo il gol in Sardegna e aggiunto: «Dai ragazzi! Si continua. Non molliamo mai Felice per il mio primo gol con la maglia del Milan». Gattuso ne vorrebbe subito un altro: «Gonzalo è un grandissimo campione, si allena ogni giorno con entusiasmo. Ceno, va servito meglio ma non è vero che è fuori dal gioco: dopo Biglia è quello che tocca più palloni. Ora si è sbloccato e qui avrà altri novanta minuti per segnare ancora». Un gol, stavolta, permetterebbe a Milan del Pipita di guardare già al futuro.

Un Paese sfida una leggenda. Il sogno del Dudelange diventerà realtà questa sera, quando la squadra di Dino Toppmòller debutterà in Europa League, primo club del Gran Ducato del Lussemburgo a qualificarsi a una fase a gironi di una competizione Uefa, ospitando il Milan al Josy Barthel, lo stadio della Capitale e casa della della nazionale. Tutti esauriti gli 8.054 posti, il triplo rispetto ai2.600 delJosNosbaum Stadium, lo stadio di Dudelange,, non idoneo. Nato nel 1991 dalla fusione di tre club in quello che è il quarto comune del Lussemburgo (17mila anime), 1T91 Dudelange ha conquistato 14 campionati e 7 Coppe nazionali. Il club appartiene a Flavio Becca, 56 anni, lussemburghese di origine italiane (il papà è di Vaitopina, in provincia di Perugia), conosciuto perché col marchio Leopard, bevanda energetica, si è fatto strada nel ciclismo e ora vince nel Motomondiale: nel team diretto da Miodrag Kotur, ex uomo Ferrari, e Massimo Vergini, la Leopard ha conquistato il Mondiale Moto3 2017 con Joan Mir e quest’anno ha vinto gare con Enea Bastiamni e Lorenzo Dalla Porta.

Becca, quando ha comprato l’F91 Dudelange? «Nel 1998, e l’anno dopo ecco il primo titolo».

SI è fatto un nome col ciclismo. « Fino a 18 anni correvo in bici, papà sponsorizzava una squadra. Amo i motori, e il caldo è una passione. E poi mi piaceva l’idea una squadra che fermasse il dominio della Jeunesse, la Juve del Lussemburgo».

Quante squadre giocano nella DMslon Natlonale? «Quattordici. Ma in un Paese così piccolo sono troppe. Fossero 3-10 sarebbe un vantaggio».

Da dove arrivano I giocatori? «Abbiamo in rosa 11-12 lussemburghesi su una rosa di 27, gli altri arrivano da Belgio, Germania, branda, Georgia… Abbiamo l’ex difensore di Lazio e Psg, il serbo Milan Bisevac. La stella è l’olandese David Tùrpel, la scorsa stagione è stato con 30 gol il terzo realizzatore in Europa dietro Leo Messi e Mbappé. E c’è l’ex terzo portiere della Juventus, Landry Bonnefoi».

Professionisti e non. «Sette-otto al mattino lavorano. Toppmòller, allenatore del F91, è figlio di Klaus, ex attaccante che da allenatore portò il Bayer Leverkusen in finale di Chairqrions nel 2002».

Dudelange In Italia? «Potremmo giocare in G>. L’Europa League cosa significa?

«Qualificandoci ai gironi d siamo assicurati 3,8 milioni di euro, già più del budget della squadra, che è sui 2,5 milioni».

Lei è tifoso Interista…«Sì, ed ero socio dell’impresa Torno, che ha costruito il terzo anello di San Siro».

Sarebbe contento se…?«Sono realista, ma se arrivasse un pari..

Avendo già perso abbondantemente la pazienza a Cagliari, Rino Gattuso avrebbe voluto evitare che accadesse anche in Lussemburgo. Invece succede ancora prima di giocare, nella conferenza stampa della vigilia, quando un cronista locale chiede – e non era il primo- a lui e ad Abate se conoscono il nome di qualche giocatore del Dudelange. La domanda è parsa in Suona fede, ma a Rino non è piaciuta per nulla: «Vorrei sapere se pensate forse che a Milanello pettiniamo le bambole, o che siamo venuti qui per fare una passeggiata. Siamo perfettamente consapevoli di cosa d aspetta, le partite le prepariamo al meglio e sappiamo che non sarà facile. Cè grande rispetto per il Dudelange». Il giornalista lussemburghese senza saperlo ha toccato il nervo più scoperto, perché il Milan arriva da una partita che all’allenatore non è andata giù proprio per spirito, atteggiamento e organizzazione. Scorie che Gattuso vorrebbe lavare via al più presto anche se «quei venti minuti di Cagliari rimangono e non bisogna ripartire solo da quegli errori: c’è anche Napoli e una piccola parte con la Roma. Stiamo esprimendo un buon calcio ma non siamo costanti, la- sdamo tantissime cose per strada. Ho giocatori bravi, ma a volte se lo dimentica- no. Qui dobbiamo fare attenzione, è molto diffìcile anche se abbiamo qualcosa più di loro. Non voglio sentire alibi, tipo lo stadio piccolo».

CAMBI II Josy Sarthel ha ottomila posti e Gattuso non si fida: l’anno scorso debuttò in Europa al Rujevica di Rijeka, stessa capienza, e sappiamo come finì sebbene il Milan fosse già qualificato. Piuttosto, chi stasera sarà allo stadio assisterà a un piccolo, grande evento: Rino cambierà la squadra per nove undicesimi rispetto a Cagliari, e per un allenatore poco avvezzo al turnover è notevole. Esigenze varie: qualcuno ha bisogno di restare a Milanello a lavorare (Suso, Bonaventura, Rodriguez), altri non sono in condizioni perfette (Cutrone, Musacchio), altri ancora partiranno dalla panchina (Donnarumma, Kessie, Biglia, Calhanoglu). Per tre sarà il debutto stagionale dall’inizio (La- xalt, Bakayoko, Castillejo), per quattro esordio assoluto (Reina, Caldara, Bertolacci, Mauri). «Questi ragazzi mi mettono in difficoltà perché si allenano bene. Mi aspetto certi movimenti, di continuare col nostro calcio, verticalizzare un po’ di più e sapere quello che vogliamo fare. Quando si indossa una maglia gloriosa come questa e si incontra un avversario piccolo hai tutto da perdere».

Lux. O Luxembourg. Qualunque tifoso rosso- nero abbia seguito con un po’ di attenzione le vicende societarie dell’ultimo anno e mezzo, ormai ha dimestichezza con questi termini. Che poi, fino a un paio di mesi fa, di «lux» se n’è vista pochina. Comunque la mano di Crespo a Montecarlo ha regalato al Milan un incrocio emblematico: i rossoneri muove ranno il primo passo della nuova avventura europea proprio in quel Granducato da cui sono transitati i due cambi di proprietà. Qui infatti aveva e ha tutt’ora sede la Rossoneri Sport Investment Luxembourg, ovvero la società veicolo a cui tecnica- mente ha fatto capo il club. La controllante, insomma. Il nome non è cambiato: si chiamava così con Li Yon- ghong e si chiama così anche adesso con Elliott. Rossoneri Lux – la abbrevieremo così – è una holding nata a dicembre 2016 e diventata primaria nel panorama rossonero a marzo dell’anno scorso, quando il fondo cinese Sino Europe Sports creato da Li Yonghong le lasciò il posto – sempre sotto il controllo di Li – allo scopo di «portare a termine la transazione per l’acquisizione del Milan».

BUROCRAZIA Rossoneri Lux opera qui, in Rue Eugene Ruppert, questa via anonima del quartiere «la cloche d’or», distretto finanziario dove hanno sede compagnie come Deloitte e Pwc.

Prima, quando c’erano i cinesi, gli uffici erano in Rue Edward Steichene la sostanza non cambia: insegne di Bnp Paribas, Amazon, Vodafone, impiegati con il badge al collo lungo i marciapiedi. Il traslocè datato 12 luglio, pochi giorni prima dell’avvento di Elh’ott. All’atto pratico Rossoneri Lux è una semplice struttura burocratica, un veicolo normativo. Non d sono insegne e uffici pullulanti di funzionari, anzi La società è insediata, domiciliata presso un grosso studio di assistenza legale, commerciale e societaria che si chiama Intertrust e mette a disposizione i propri servizi. Un modus operandi normale in casi come questo. A occuparsi di Rossoneri Lux sono tre professionisti di Inter- trust in ambito legale. Ma all’esterno non c’è nulla di riconducibile: zero insegne, zero targhe in reception né targhette sulla buca delle lettere. E bocche cucite con occhiatacce ai cronisti curiosi. Contano i fatti allora, che vedono questa holding comparire nei momenti più caldi: il giorno del closing per esempio, quando Eininvest comunicò di aver «ceduto alla Rossoneri Lux la totalità delle azioni» dopo la spasmodica attesa dei soldi di mister Li dal Lussemburgo. Lo stesso Paese verso il quale si erano diretti gli avvocati di Elliott nei giorni della famosa escussione, ovvero il passaggio di proprietà da Li a Elliott per insolvenza. E in tempi più recenti è stata proprio Rossoneri Lux, nell’assemblea dei soci del 21 luglio, a chiedere e ottenere la testa di Li e Passone.



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