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Cinismo, cattiveria negli ultimi metri, capacità di finalizzare la mole di lavoro spesso importante dei granata. Da qualche tempo a questa parte tali concetti vengono ribaditi con crescente forza da Mazzarri, consapevole di come a una crescita generale del Toro non si appoggino ancora i risultati. Non stanno andando affatto male, i granata, ma tra qualche punto sottratto in virtù di errori arbitrali e qualche altro sciupato per imprecisione sotto porta potrebbero andare decisamente meglio.



Il discorso non può che investire colui che nel Torino è chiamato a segnare più degli altri: Andrea Belotti, centravanti in ripresa rispetto alla scorsa stagione, ma con ancora margini di crescita davanti a sé, per tornare lo stellare attaccante ammirato nel 2016-’17. Fin qui sono 5 le reti per il Gallo, che con allegate le due di Coppa Italia segnate al Cosenza fanno 7 totali, in stagione. Belotti è insomma un giocatore vivo, ma non sprizza ancora quella solare energia che lo esaltava sotto porta. Una energia di cui potrebbe fare piena carica attraverso un gol utile per conquistare un risultato positivo. Contro questa Juve il pareggio andrebbe più che bene, alla vigilia, mentre per una vittoria si arriva a scomodare persino Babbo Natale. «Cosa vorrei trovare sotto l’albero? Il successo nel derby. Cosa vorrei regalare? Sempre il successo nel derby», ha spiegato il numero 9 del Toro nella settimana che porta all’incontro di questa sera.

Prova nella quale Belotti ancora non ha la certezza di avere al suo fianco, o meglio alle sue spalle Iago Falque. Ieri lo spagnolo, vittima di un leggero affaticamento, si è allenato abbastanza bene, ha spiegato un Mazzarri che però soltanto quest’oggi scioglierà definitivamente le riserve, sull’utilizzo dello spagnolo. La sensazione, comunque, è che il tecnico granata chiederà all’attaccante con lontani trascorsi in bianconero uno sforzo, e che il medesimo sia assolutamente deciso ad accontentarlo. In caso di indisponibilità almeno da inizio gara di Iago il sostituto naturale dovrebbe essere Zaza, in settimana caricato dall’eventualità di affrontare la sua ex squadra. In caso contrario, questo è evidente, una sua esclusione suonerebbe come una sonora bocciatura.

Ecco una breve lista che potrebbe risultare utile ai fini delle ricerche:

  1. Portogallo con Rádio e Televisão de Portugal;
  2. Svizzera con Schweizer Radio und Fernsehen;
  3. Turchia con Turkish Radio and Television Corporation;
  4. Serbia con Radio-televizija Srbije;
  5. Paesi Bassi con Sanoma Media Netherlands;
  6. Paraguay con Sistema Nacional De Television;
  7. Slovacchia con Slovenská Televízia;
  8. Suriname con Surinaamse Televisie Stichting;
  9. Repubblica Ceca con Ceská Televize;
  10. Svezia con Modern Times Group.

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Di sicuro, e pur nulla avendo contro Zaza, in queste ore Belotti tifa per l’utilizzo di Iago. Il giocatore della rosa granata che più ha tempi e visione di gioco per fornire assist ai compagni. Che, Gallo in testa, contro la Juve non potranno permettersi di sciupare le presumibilmente poche occasioni che avranno. In tal senso il Toro vanta un primato poco edificante: dalle rete su rigore di Belotti contro il Genoa in avanti sono stati ben 29 i tiri verso la porta senza lo straccio di un gol realizzato. Un dato che la dice lunga sulla bontà del gioco prodotto, ma anche sulla scarsa verve realizzativa dei giocatori. Cinismo e cattiveria negli ultimi metri, questo il mantra ripetuto da Mazzarri è che il Toro, Belotti su tutti, deve interiorizzare per provare a fermare la corsa scudetto della Juve.

La prima volta è stata da minorenne: aveva 17 anni CristianoRonaldo quando ha giocato il primo derby della sua vita. Era il 7 dicembre 2002 quando scende in campo con una maglia numero 28 (CR28 suona malissimo però) dello Sporting Club contro il Benfica. Gioca 54’ minuto senza graffiare, senza fare gol e senza vincere: finirà 2-0 per il Benfica. Non sapeva, quel giorno, che di derby ne avrebbe giocati altri 42, per raggiungere la ragguardevole cifra di 44 questa sera contro il Torino, nella sua prima stracittadina italiana.

Il destino lo ha sempre portato in città con due squadre: a Lisbona, a Manchester, a Madrid e a Torino. Fa quindi sorridere il fatto che compagni, staff e tifosi, in queste settimane, si siano raccomandati sull’importanza della sfida contro i granata. CR7 ha una certa esperienza nel settore. E anche una certa efficacia: perché in 43 partite ha segnato 26 gol, vincendo 22 volte. E la capacità di incidere nei derby è cresciuta nel tempo, perché Ronaldo detiene un particolare record in Spagna: nella caliente sfida fra Real Madrid e Atletico, infatti, ha segnato 22 reti in 31 partite. Come dire, c’è stato un certo accanimento contro i biancorossi.

E proprio le sfide contro l’Atletico hanno insegnato a Ronaldo cosa si troverà davanti questa sera al Grande Torino. Giocare il derby con la squadra più forte e tecnica significa fronteggiare una squadra con una carica agonistica spaventosa, decisa a giocare alla morte perché, in fondo, ha poco da perdere e tutto da guadagnare. Risultato: ci vuole un’incredibile freddezza oltre a una grinta in gradi di fronteggiare quella dell’avversario. «Non basta la tecnica, ci vuole l’anima», ha spiegato Allegri e per Ronaldo è un concetto suonato famigliare.
Forse meno famigliare è la parola turnover che il tecnico ha pronunciato per la prima volta associata al nome del portoghese: «Cristiano salterà una delle tre prossime partite», ha annunciato Max. Quindi niente CR7 o contro la Roma (22) o contro l’Atalanta (26) o contro la Sampdoria (29). Le ultime due sono le più indiziate, ma non si sa mai. La certezza, per Ronaldo, è che questa sera dovrà scatenarsi: per rendere felice il popolo bianconero e per cancellare quegli errori di Berna che lo hanno amareggiato non poco (anche perché sono i giorni in cui ha deciso di accettare la condanna del fisco spagnolo per chiudere definitivamente la storiaccia di evasione).

Non è il tipo che metabolizza le sconfitte con serenità, non lo era neppure da bambino prima di giocare quel derby di Lisbona. CR7 lo ha spiegato anche nei minuti successivi alla sconfitta contro lo Young Boys: «Non mi piace mai perdere, non è una bella cosa. Ma Per fortuna c’è sempre la possibilità di rifarsi: la prossima partita non la possiamo sbagliare». Qualche giorno prima aveva detto, nella lunga intervista concessa a Tuttosport: «Ho già imparato cosa vuole dire il derby. So che con la maglia della Juventus non si possono perdere due partite, contro l’Inter e contro il Torino. Un magazziniere della Juventus mi ha detto: Cristiano, non fare scherzi con i granata, se no poi i miei parenti chi li sente. Gli ho risposto di stare tranquillo». E Ronado è uno che mantiene sempre le promesse.

Affronta la Juve – quattordici vittorie e un pareggio, fin qui -, con il dovuto rispetto, ma dopo quasi un anno di Toro sente ormai di avere salda tra le mani la squadra. Walter Mazzarri affronta il suo secondo derby, dopo quello perso 1-0 nella passata stagione, guardando più alle peculiarità dei suoi che non alle immense qualità dell’avversario. Partendo da una variabile che potrà dare una carica speciale: «Spero che non soltanto la Maratona, ma tutto lo stadio scelga di incitarci. Ci conto tanto». Dagli spalti potrà arrivare un contributo importante, ma il risultato in dipenderà dalla prestazione. «In questi giorni si parla del derby anche quando si va a fare la spesa – continua il tecnico granata -. Ma per giocare queste partite ci vanno testa e gambe, direi soprattutto testa. Per questo ho parlato con ogni giocatore caricandolo o al contrario cercando di liberarlo da un eccesso di emotività. Non va bene se qualcuno entra in campo e mi commette un fallo da cartellino rosso per eccesso di foga. Come vivo io questa gara? Non ci penso quando vado a dormire, altrimenti non prendo sonno, per il resto assieme al mio staff sto cercando di curare ogni dettaglio. Quando si incrociano squadre come la Juve si può andare sul dettaglio, spiegare quanta distanza tenere sulla marcatura di un avversario piuttosto che di un altro».
Sa che servirà una miscela ideale di valori, per conquistare un risultato positivo, ma è consapevole che il Toro ha gli ingredienti giusti per sorprendere. «Possiamo fare una partita importante, credo possa essere una grande serata – aggiunge Mazzarri -. Non mi fido mai fino in fondo, ma ora penso che la mia squadra sia pronta per giocare con lo stesso atteggiamento per 90’. Magari si potrà avere un calo fisico che, se si va a ritmi forsennati come contro il Milan, è fisiologico. Lì dovremo essere bravi a cambiare pelle, a proteggerci anche se un po’ in debito d’ossigeno, a tenere negli uno contro uno. Vorrei affrontare la Juve con 4 punti in più che ci sarebbero spettati, però vuol dire che ce li dobbiamo andare a prendere mettendoci più cattiveria, più cinismo sotto porta». In attacco è intanto in dubbio Iago: «In questi ultimi due giorni si è allenato, dopo la rifinitura decideremo. Ansaldi? E’ rientrato da un infortunio, magari non regge i 90’: lo sapete, comunque, i titolari sono quattordici».

E di derby è tornato a parlare anche Cairo, su Radio24: «Dovremo usare bene la testa e stare attenti ai rossi. Contro la Juve ne riceviamo troppi. Dovremo avere la giusta mentalità: Mazzarri è molto attento, figuratevi in un derby. Noi da Champions? Per ora ci sono squadre più attrezzate di noi».

Primo, non mettere pressione. Secondo, trovare energie nascoste. Massimiliano Allegri non carica di tensioni la Juventus prima del derby. Ieri allenamento, pranzo e liberi tutti: ci si rivede stamattina per gli ultimi dettagli anti Toro e iniziare il ritiro. «Glielo avevo promesso – spiega il tecnico – perché siamo stati insieme cinque giorni. Non è la prima volta che lo faccio, era successo con il Bologna. La squadra sa assumersi grandi responsabilità». Ore in cui i bianconeri hanno potuto eliminare le tossine in famiglia, metabolizzare la notte di Berna e resettarsi sull’impegno di questa sera. «Cominciamo un ciclo di quattro partite che ci porta alla sosta – sottolinea Allegri -, questa è la più difficile. Non è solo tecnica, ma anche caratteriale, contro un’avversaria in forma. Avete visto a Milano. E noi giochiamo subito dopo la Champions. La squadra deve tirare fuori anche quello che non sa di avere dentro, a costo di giocare meno bene. Quella con il Torino è una partita molto importante, dobbiamo scatenare le energie giuste».
Un derby nel derby è il confronto tra tecnici livornesi: «Mazzarri ha avuto una grande carriera, sta facendo molto bene al Toro, che è in lotta per l’Europa League, e le sue squadre hanno carattere. Siamo differenti nel modo di vivere le cose, perché siamo cresciuti con due allenatori completamente diversi, lui con Ulivieri e io con Galeone». Come fatto da Federico Bernardeschi, anche Allegri si augura un derby corretto: «È molto sentito su entrambi i fronti, deve essere calcio e non degenerare in qualcosa di negativo, altrimenti parliamo e ricadiamo negli stessi errori. Sarebbe un brutto spot per il calcio».

E la sconfitta con lo Young Boys? Allegri torna su terreni consueti: «Vincere tre partite in trasferta non è facile, non ci siamo riusciti noi e non c’è riuscito lo United. L’altra sera non siamo stati brillantissimi, ma ci siamo fatti il primo gol da soli con quel rigore, il secondo è stata una ripartenza, abbiamo sbagliato sei-sette reti, preso una traversa e ci hanno annullato un gol per fuorigioco, che c’era. Non puoi vincerle tutti, contano gli obiettivi. I primi due li abbiamo raggiunti: qualificati agli ottavi di Champions e al primo posto». Obiettivi che si presenteranno subito nel 2019: «Avremo a gennaio la Coppa Italia, di sera a Bologna, e sarà difficile, poco prima della Supercoppa con il Milan. A febbraio la Champions, e vediamo chi ci regala lunedì la pallina. Dobbiamo arrivare a gennaio con il vantaggio inalterato». Un traguardo che ha un passaggio obbligato questa sera.

La scomparsa di Gigi Radice, poco più di una settimana prima del Derby, provoca un inevitabile effetto nostalgia per un passato che, sappiamo, non tornerà. Per molti di noi, giornalisti e lettori, gli Anni ’70 sono stati il tempo della giovinezza, contrassegnata da una rivalità stracittadina che oggi pare attenuata. Erano sfide sentitissime da giocatori e tifosi, addirittura c’era chi non ci dormiva. Per noi juventini un autentico (talora inspiegabile) incubo, per i granata la partita dell’anno: battere la Gobba, prima di tutto. Proprio l’arrivo in panchina di Radice innescò nel Toro un radicale cambio di mentalità. Ok il Derby, ma l’obiettivo era competere ai massimi livelli. E così fu: uno scudetto e tre secondi posti (clamoroso quello dei 50 punti) contando quello del ritorno nella stagione 1984-85 dietro al Verona di Bagnoli. Avrebbe vinto di più l’inventore del “tremendismo granata” se sull’altra panchina del Comunale non fosse stato seduto il suo grande amico Giovanni Trapattoni, leggenda del calcio italiano.

Da allora tante cose sono cambiate, il divario tra la Juventus e il Torino (ma in generale tra la Juve e le altre squadre) si è allargato. Non è un caso che in 23 anni i granata ci abbiano battuti sono una volta. Ora si gioca in due stadi diversi, quella di stasera all’Olimpico può essere considerata una trasferta come le altre, i tifosi più giovani considerano più stressanti e significative le sfide contro Inter o Napoli. Eppure il sapore del Derby ha ancora qualcosa di diverso. È come se si incontrassero (si scontrassero) due mondi paralleli, due differenti estetiche, due filosofie di vita, due identificazioni, due appartenenze.
In questi giorni ho incontrato diversi tifosi del Toro, speranzosi come a ogni vigilia di Derby di riuscire a batterci. Se usiamo la logica, molto difficile per loro. Eppure… eppure non riesco a togliermi dalla mente quelle partite degliAanni ’70: l’ansia è la stessa, la frenesia pure, la sofferenza implicita. Anche se in campo ci saranno più stranieri che italiani, noi non avremo neanche un torinese (né un Bettega e neppure un Marchisio), anche se Belotti non è Paolo Pulici, anche se l’ex Rincon non è animato dallo stesso spirito di vendetta di un Pasquale Bruno. È pur sempre un Toro-Juve. Il Derby della mia città. Ho un desiderio in più: oltre a vincerlo, onorare la memoria di Gigi Radice. Un nemico vero merita rispetto.

Al mattino il problema, al pomeriggio l’annuncio, alla sera l’operazione. João Cancelo si è bloccato nell’allenamento prima di pranzo, Massimiliano Allegri lo ha tolto dai convocati e ne ha dato le motivazioni in conferenza stampa, poche ore dopo il portoghese postava sui social, dalla camera della clinica: “Tornerò più forte di prima”. Il problema? Un menisco pizzicato, per la precisione il mediale interno. Cancelo è entrato alla Sedes Sapientiae, dove è stato sottoposto a una meniscectomia dal professor Roberto Rossi. Intervento riuscito, stamane scatta già la fase riabilitativa, mentre i compagni si concentreranno sul derby. Tempi di recupero? Ci si rivede nel 2019.
Una grana inaspettata per il tecnico della Juventus, come una grana è quella che blocca Juan Cuadrado, anch’egli alle prese con un problema al ginocchio. Come accaduto per Federico Bernardeschi, si è optato per una terapia conservativa per valutare, alla fine, se sarà necessario un intervento chirurgico. Per l’attaccante era bastata, Allegri si augura che capiti lo stesso con il colombiano. Appuntamento, comunque, per il nuovo anno.
Cancelo e Cuadrado ingrossano il gruppo degli infortunati, di cui fanno parte Barzagli e Khedira. Quest’ultimo tornerà disponibile la prossima settimana, mentre Benatia a recuperato appieno da un problema al ginocchio. Allegri può sorridere per i progressi di Emre Can, che dovrebbe essere schierato stasera a centrocampo insieme con Pjanic e Matuidi. In porta tocca a Perin, alla terza presenza dopo Bologna e Spal. In difesa il tecnico si tiene un dubbio tra Bonucci e Rugani, ma dovrebbe essere il primo a fare coppia con il rientrante Chiellini. Sulle fasce De Sciglio e Alex Sandro. Davanti torna titolare anche Dybala, alle spalle di Ronaldo e Mandzukic. «Mario vi è sembrato stanco? – ha chiosato Allegri -. Ma se in allenamento era il più fresco: ha fatto un mese di riposo per la caviglia. Gioca sicuro.

Ballottaggio sulle fasce. Due posti per tre. De Silvestri a destra e Ansaldi a sinistra i grandi favoriti, se non altro per la loro grande esperienza rispetto al giovane Ola Aina che, comunque, scalpita. All’inizio Mazzarri dovrebbe schierare la solita squadra con il solito sistema: 3-5-2. Da verificare, nella rifinitura di questa mattina, le condizioni di Iago Falque. Lo spagnolo, comunque, dovrebbe farcela e giocare al fianco di di Belotti. Se non ce la dovesse fare dentro Zaza. L’attaccante, a questo punto bomber di scorta, potrebbe comunque trovare spazio nella ripresa anche se sino ad oggi (a parte la trasferta di Verona contro il Chievo dove ha realizzato il gol vittoria nei minuti di recupero) non è mai riuscito a fare la differenza. Gli serve un gol per sbloccarsi. La formazione, dunque, sembra scontata: Sirigu in porta. Poi Izzo, Nkoulou e Djidji; De Silvestri, Baselli, Rincon, Meitè e Ansaldi a centrocampo. In avanti Belotti e Falque. Durante la partita Mazzarri potrebbe anche scommettere su Parigini, sicuramente uno dei più in forma. La squadra è comunque pronta, consapevole di potersi giocare le sue possibilità. Del resto il Toro in una situazione come questa ha tutto da guadagnare e poco da perdere. Questa mattina rifinitura, ritenuta fondamentale (lo ricordiamo) per valutare le condizioni di Iago Falque.

Tutti si aspettano le prodezze di Cristiano Ronaldo, Mandzukic, Dybala. Oppure Belotti, Iago e magari Zaza. Perché questi grandi attaccanti hanno il compito di segnare e portare sempre più in alto la propria squadra. La Juve punta a correre più veloce di un Freccia Rossa mentre il Toro insegue l’obiettivo Europa League e, magari, anche qualcosa in più. In casa granata nessuno lo dice ma più passano le giornate e più cresce la consapevolezza di poter disputare un campionato da protagonisti, completamente diverso dagli ultimi. Grandi campioni, dunque, da seguire e ammirare. E applaudire. Ma pochi pensano che le vittorie arrivano anche (e soprattutto) dalle grandi parate dei portiere. Dunque: potrebbero essere loro i protagonisti della partita. Magari più di CR7 e del Gallo. Mazzarri, come consuetudine, punta forte su Sirigu che sino ad oggi è stato uno dei migliori del Toro. Ed è, sicuramente, uno dei più forti portieri italiani. Allegri, dal canto suo, ha deciso di dar fiducia a Perin che sino ad oggi non ha giocato (quasi) mai. Due sole partite: a Bologna e contro l’Udinese, sfide tutt’altro che impossibili. Stasera, invece, la sfida conta più delle altre due e l’ex genoano ha la possibilità di mettersi in evidenza, dimostrare il suo valore, far vedere a Mancini che può sempre contare su di lui, in qualunque momento. E sarebbe già un successo.

Ovvio che con pochissime presenze per Mancini diventa difficile riconvocare Perin. All’inizio stagione lo ha tenuto in considerazione ma poi le continue panchine del giocatore lo hanno spinto a non chiamarlo più. Però resta sotto stretta osservazione considerando le grandi qualità. Ecco perché il derby per Perin è importantissimo. Il bianconero è tranquillo e sereno e una grande prestazione contro il Toro può spingere Allegri a concedergli nuove occasioni. Se così fosse, di sicuro l’ex genoano tornerebbe nel giro della Nazionale. Il ct – ci dicono – non aspetta altro.

Da Perin a Sirigu. Il granata a tutti gli effetti è diventato il vice di Donnarumma ma per alcuni (molti a dire il vero) meritrebbe di diventare titolare visto che il rossonero continua a palesare delle incertezze di troppo. Per adesso Mancini continua a puntare su di lui ma se il granata dovesse continuare a giocare su questi altissimi livelli e il milanista non trovare la giusta continuità, non è escluso che le gerarchie cambino. Con l’arrivo delle qualificazioni europee ci sarà bisogno di esperienza e certezze. Sirigu tutte queste cose le sa benissimo. Sa che deve continuare su questi livelli. L’esperienza dell’Osasuna lo aveva svuotato sia a livello di prestazioni sia sotto l’aspetto psicologico. Ma al Toro è rinato. Ha ritrovato brillantezza e voglia di giocare. Probabilmente anche di divertirsi. Ha subito legato con un ambiente che lo ha fatto sentire importante e proprio per questo motivo in estate ha rifiutato proposte da parte di società che gli offrivano la possibilità di giocare nelle Coppe europee, addirittura in Champions League. Vero Ancelotti? Ma lui l’Europa vuole conquistarsela con il Toro. E proprio per questo motivo è diventato l’idilo dei tifosi oltre che, ovviamente, uno dei leader dello spogliatoio.

E allora non resta che aspettare la partita di stasera (attesissima da tutti) per vedere all’opera due tra i più forti portieri del calcio italiano. CR7 da una parte e Belotti dall’altra non avranno vita facile. Saranno marcati in maniera stretta e quando riusciranno a liberarsi dalla morsa dei difensori si troveranno davanti grandi portieri pronti a dire no alle loro intenzioni. Chiudiamo come abbiamo cominciato: Il bello del calcio è anche vedere una grande parate e non solo un super gol. Sensazione? Stasera sarà spettacolo.

Semaforo verde, la corsa per arrivare a Isco e Paul Pogba è di fatto partita, dopo il giro di riscaldamento andato in scena nei giorni scorsi. Ormai la situazione dei due giocatori nelle rispettive squadre – Real Madrid e Manchester United – è diventata pressoché impossibile da tollerare ulteriormente e i problemi, sempre più insormontabili, minano in ugual maniera sia il rapporto con i tecnici sia quello con buona parte delle tifoserie. Vien da sé, dunque, che la Juventus – in buona compagnia di Manchester City, Chelsea e Arsenal; Barcellona- sia nelle condizioni di doversi muovere con tempismo e monitorare la situazione. Se fino a poco tempo fa era possibile riflettere sulla non indispensabilità di investimenti tanto importanti già a gennaio, ora subentra una discriminante importantissima: tergiversando si rischia di perdere sia Pogba sia Isco, meglio allora affrettare i tempi.
Non a caso, infatti, anche dalla Spagna e dall’Inghilterra giungono indiscrezioni legate ai contatti già in essere tra il dg juventino Fabio Paratici e le controparti.

Il contesto in cui Isco si trova a districarsi ora, sembra fatto apposta per agevolare le cose ai dirigenti dei club a lui interessati. Non solo le frizioni (anche pubbliche) tra lui e il tecnico madridista Santiago Solari, monta in maniera massiccia anche la conflittualità con i compagni e con i tifosi dei Blancos. Isco ha infatti recentemente rifiutato di indossare la fascia da capitano e ha insultato alcuni tifosi che lo hanno apostrofato. Ecco perché, insomma, diventa ben difficile ipotizzare che il campione spagnolo possa continuare a vestire la maglia del Real anche a gennaio. I dirigenti del Real, peraltro, stanno già andando oltre e contano di portare a Madrid Palacios, che di Isco può essere il sostituto perfetto: le trattative con il River procedono a ritmo serrato.
La Juventus, al contempo, approfondisce i discorsi con l’entourage di Isco, che è dichiaratamente un pallino di Massimiliano Allegri ormai da anni.
Situazione analoga per ciò che concerne Pogba: la telenovela sui suoi pessimi rapporti con Mourinho (panchine punitive, reciproci attestati di disistima all’insegna del «sei un virus» contro «non sai dare un gioco alla squadra»). Ultimo retroscena: «Mourinho era contrario all’acquisto di Pogba sin da subito», riferiscono i tabloid. In tutto questo, la dichiarazione dell’ex giocatore del Manchester United Paul Ince diventa assai verosimile: «Pogba andrà via a gennaio».

Il derby è la massima espressione del tifo. Non è solo la sfida fra due formazioni all’interno del rettangolo di gioco, ma anche e soprattutto la contrapposizione di passioni, colori e valori. In una giornata così importante per il Torino e i suoi tifosi, il nostro viaggio-racconto dei Toro Club sparsi in tutto il mondo ha fatto tappa a Pesaro: la cittadina marchigiana, infatti, è sede del Toro Club “Fedelissimi Granata”, una delle realtà più importanti attiva da più di 40 anni. Il suo presidente Mario Patrignani (conosciuto come “Sandokan dell’Adriatico”, ndr), passionale tifoso granata che non ha mai nascosto le antipatie per la Juventus, anche stasera sarà presente all’Olimpico: «Saremo circa una quarantina, molti dei quali abbonati. Andremo prima a Superga a salutare gli “invincibili” e poi al Filadelfia. Sarà una full immersion. I nostri dovranno dare tutto in campo. La Juventus da qualche anno gioca da Toro, invece noi non riusciamo, ed è in questo senso che dobbiamo migliorare. Bisogna riacquistare le caratteristiche di una volta, il furore agonistico e il tremendismo. Niente è impossibile, si gioca 11 contro 11».

Costituito nel 1976 dopo lo scudetto conquistato dai ragazzi di Radice, il Toro Club di Pesaro accompagna la squadra granata in tutte le partite, sia in casa che in trasferta: «Tra l’altro, qui nelle Marche è una zona piena di tifosi juventini, e questo ci rende ancora più orgogliosi di portare dentro di noi la passione per il Toro. In passato, per seguire la squadra in Europa, abbiamo organizzato otto bus per la semifinale di Coppa Uefa nel ‘92 fra Torino e Real Madrid (vittoria per i granata per 2-1, ndr) e la finale di andata Toro-Ajax. Nella gara di ritorno, siamo stati forse l’unico club fuori dal Piemonte ad andare in Olanda. Nel 2000 abbiamo organizzato a Pesaro la “Giornata della memoria granata”, in cui abbiamo allestito il museo dei cimeli storici del Grande Toro. Pochi anni dopo, nel 2006, abbiamo intitolato una via di Pesaro agli “invincibili”, mentre nel 2013 abbiamo inaugurato il monumento a loro dedicato. Qui da noi è diventata una seconda casa per alcuni fra i personaggi più importanti della storia granata, da Pulici a Pecci, fino a Claudio Sala e ai presidenti storici del Toro. Siamo entusiasti di quello che abbiamo fatto e di quello che faremo, perché il Torino è una fede troppo grande».

C’è una realtà, nel cuore di Roma, in cui la passione per il calcio e il desiderio di fare del bene verso chi più ne ha bisogno si fondono tra loro. In una virtuosa rima che colora il mondo di bianconero. Si tratta, infatti, dello Juventus Fan Club UCSC – Gemelli, nutrito gruppo di tifosi capitolini legato alla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Un club in cui si freme, si tifa e si esulta per le conquiste del vascello capitanato da MassimilianoAllegri. Ma in cui, anche e soprattutto, si cerca di aiutare il prossimo. «La natura del nostro Juventus Club è abbastanza singolare, perché non è unicamente sportiva – spiega il presidente BrunoRomanò, medico anestesista al Policlinico Gemelli –. La nostra realtà, più che altro, vuole rappresentare un veicolo attraverso il quale fare della beneficenza, nel nome di una grande passione comune e di uno spirito d’unione all’interno della stessa struttura lavorativa».
Perché gli iscritti al club romano, come evoca d’altronde il nome, sono tutti accomunati da un analogo percorso professionale. «Per aderire, secondo il nostro statuto, bisogna essere dipendenti presso il Policlinico o l’Università – scende nel dettaglio Romanò –. Poi, in seconda battuta, il discorso naturalmente si estende anche a parenti e conoscenti di chi già è iscritto. Siamo nati nel 2017 da una mia idea, dato che lavoro al Gemelli e la fazione juventina tra quelle mura è sempre stata ben rappresentata, e ad oggi abbiamo già distribuito 126 tessere. Oltre ad essere l’unico Juventus Club al mondo legato ad un Policlinico universitario». E la struttura sanitaria del Gemelli di Roma, oltre che nido dell’intuizione in salsa bianconera, rappresenta oggi anche la sede operativa del fan club.
«Le nostre iniziative si estendono ovviamente anche al di fuori di quelle mura, per seguire le partite insieme davanti alla tv o sugli spalti di uno stadio, ma stiamo lavorando a dei progetti anche all’interno del Gemelli. In particolare stiamo collaborando con la Onlus che ha ideato il “MediCinema”, una sala a disposizione dei pazienti per delle proiezioni: dalle pellicole d’epoca ai cartoni animati per i più piccoli. Ci piacerebbe inserire in palinsesto anche delle partite della Juventus, magari in occasione di qualche appuntamento particolarmente importante». Nella speranza di poter disegnare un sorriso sul volto di chi più ne ha bisogno, medesima finalità della bellissima iniziativa in programma per domani a Roma e organizzata dallo stesso Juventus Fan Club UCSC – Gemelli con il patrocinio della Fondazione Policlinico Gemelli, del Centro Pastorale e del Centro di Coordinamento Nazionale Juventus Official Fan Club. Una giornata all’insegna della beneficenza in cui, come celebra il motto dell’iniziativa, «partecipare non è importante, ma è l’unica cosa che conta». Per contribuire ad una causa virtuosa ed aiutare, in questa edizione, il reparto di radioterapia del Gemelli. Perché l’intenzione degli organizzatori è quella di rendere l’evento un appuntamento fisso del periodo natalizio. «Per questo stiamo già lavorando all’edizione del prossimo anno – assicura ancora Romanò –: la vincente della partita di calcetto Radioterapia-Resto del Policlinico tra dodici mesi sfiderà la formazione del reparto che a sua volta beneficerà dei contributi raccolti nel 2019». Per continuare a fare del bene verso il prossimo, vera e propria missione di questa realtà. Con sullo sfondo, inscalfibile, la passione per il pallone e per i colori bianconeri soprattutto. Quelli che animano le trasferte in giro per l’Italia e per l’Europa dell’instancabile Juventus Fan Club UCSC – Gemelli: «Durante la stagione abbiamo quasi sempre una rappresentanza allo Stadium per gli impegni casalinghi – conclude Romanò –, poi cerchiamo di sfruttare ogni occasione buona quando la squadra scende al centro-sud. Senza trascurare le partite che proprio non si possono perdere, sia chiaro. La scorsa stagione, a Londra col Tottenham ed a Madrid con il Real, c’eravamo anche noi».

«Non mi aspetto un derby con tante occasioni, ma sarà una bella partita a scacchi tra i due allenatori. Quella di Mazzarri è una squadra molto riconoscibile tatticamente (3-5-2 con Zaza accanto a Belotti o 3-5-1-1 con Iago Falque a rimorchio del Gallo) e questo rappresenta un punto di forza per i granata, i quali sanno interpretare molto bene il sistema di gioco e hanno molte certezze. Di contro, però, Allegri può sorprendere il Toro variando, anche in corsa, uomini e pure assetto». Parola del tattico Andrea Maldera, match analyst dell’Ucraina del ct Shevchenko, che ha studiato per Tuttosport le ultime partite di Torino e Juventus in vista del big match di questa sera.

Partiamo dal Toro: come può mettere in difficoltà i bianconeri?  «La forza del Torino in fase offensiva dipende molto da quanto i due esterni e le mezz’ali accompagnano Belotti (immagine 1). I granata riescono a essere efficaci appoggiandosi sul Gallo e soprattutto inserendosi con i vari Baselli, Meité… De Silvestri e l’altro esterno di fascia – che in gergo vengono definiti i due “quinti” di centrocampo – avranno un ruolo chiave».

In che modo possono fare la differenza gli esterni? «Dovranno essere abbastanza offensivi risultando “quinti” di centrocampo e non di difesa. E’ l’unico modo per aumentare la presenza in area e non lasciare isolato Belotti. A San Siro il Toro c’è riuscito per un’ora creando dei pericoli al Milan. In caso contrario, cioè con i laterali poco propositivi, per i bianconeri risulterà semplice limitare i granata».

Cosa si può inventare Mazzarri per fermare Cristiano Ronaldo, Mandzukic e tutti gli altri? «Il Torino è molto forte fisicamente e questo è forse l’unico aspetto dove non è inferiore alla Juventus: per cui ha giocatori in grado di coprire tutto il campo a livello quantitativo sia in fase offensiva sia in fase difensiva. Per quanto riguarda quest’ultima – ossia la fase di non possesso – i granata dovranno prestare molta attenzione alle marcature preventive».

Cosa s’intende per marcature preventive?  «I difensori di Mazzarri, anche quando il Toro attacca, dovranno comunque marcare gli attaccanti juventini non lasciandogli quei 5-6 metri che possono diventare decisivi per le ripartenze. Almeno due dei tre centrali dovranno pressare molto alti Dybala e Cristiano Ronaldo, perché se l’argentino e il portoghese riescono a essere innescati con facilità dai compagni, poi il contrattacco della Juventus diventa letale. Da questo punto di vista per il Toro sarà fondamentale anche il ruolo di equilibratore di Rincon: dovrà stare a protezione dei tre difensori per non lasciarli “3 contro 3” con Ronaldo, Mandzukic e Dybala. Contro il Milan, i granata hanno rischiato in un paio di ripartenze di Higuain (immagine 2): queste situazioni con Ronaldo sono una condanna a morte».

La Juventus come può sfruttare la maggiore qualità per colpire il Torino? «La difesa a tre in generale, e quindi anche quella del Toro, va in difficoltà sui cambi di gioco. E la squadra di Allegri, oltre ai terzini, ha sempre almeno un altro giocatore che si allarga in fascia garantendo soluzioni in ampiezza: Cristiano Ronaldo a sinistra; Dybala o Douglas Costa a destra. Tradotto: se la Juventus riuscirà a sbilanciare il Toro da una parte e cambiare gioco velocemente dall’altra, si potrà trovare in vantaggiose situazioni di “2 contro 1” sulla fascia».

Qualche esempio pratico?  «Alex Sandro e Ronaldo contro De Silvestri (immagine 3). Nel secondo tempo di San Siro il Torino ha sofferto molto Suso».

Altre soluzioni dei bianconeri? «Prima parlavamo dell’importanza delle marcature preventive per il Torino. La Juventus, per renderle meno efficaci, in quelle situazioni dovrà allargare i tre attaccanti per obbligare uno dei tre centrali del Toro a staccarsi. Risultato? Se Izzo o un altro difensore centrale esce su Ronaldo, Mandzukic si trova “uno contro uno” con Nkoulou. Se invece Izzo resta vicino al compagno, CR7 potrebbe trovarsi decentrato, ma libero di puntare la porta: una sua specialità».

Precauzioni della Juventus in fase difensiva? «La squadra di Allegri dovrà lavorare molto bene con difensori e centrocampisti per “assorbire” – cioè neutralizzare – gli inserimenti delle mezz’ali del Torino (immagine 4)».

Siamo onesti: a loro del derby importa poco o niente da almeno vent’anni. Ci sono partite certamente più importanti, ma anche, per ragioni evidenti, più sentite da società e tifosi bianconeri. Sempre meno torinese e sempre più globale, la Juventus affronta le due partite all’anno contro il Toro come affronta quelle contro la Lazio, la Fiorentina, la Sampdoria. Certo, non è così per tutti: i bianconeri di Torino la sentono ancora, ma più per sfottere colleghi, amici e parenti granata il giorno dopo che non per l’importanza della sfida. Nella testa del tifoso juventino contano di più le partite contro l’Inter e il Napoli, le sfide di Champions, la vendetta contro il Real Madrid. Questo ovviamente non impedisce ai bianconeri di affrontare – al netto di errori arbitrali sempre in agguato – meglio del Torino la stracittadina da almeno vent’anni. E vincerla quasi sempre. Il motivo per cui accada tutto ciò resta un mistero agli occhi dei tifosi granata, che di volta in volta danno la colpa all’arbitro, alla squadra, all’allenatore di turno, più spesso alla società. Certo non aiuta riempire giornali e social di dichiarazioni roboanti nei giorni prima del derby, con frasi perfette fino a venticinque anni fa e oggi purtroppo più vicine alla retorica che alla realtà. E la realtà è che la Juventus in Italia batte praticamente chiunque da sette anni, qualunque sia la motivazione della squadra avversaria. Non c’è storia, tradizione, grinta o cuore che tengano. Eppure.

Il derby è innanzitutto questione di supremazia cittadina, ma nel caso di quello di Torino – almeno qui – non c’è partita. La città è attraversata da luoghi e simboli che parlano della squadra granata. La collina di Superga che la domina, il Filadelfia – lo stadio che fu del Grande Torino e dove oggi si allena la prima squadra e gioca la Primavera – il cippo in ricordo di Gigi Meroni, campione ucciso da un’automobile in centro nel 1967, il bar Norman, dove nacque il Torino nel 1906. Un popolo è tale quando ha una memoria collettiva e un’esperienza comune, quando ha superato insieme una storia significativa. Un popolo ha degli eroi di carne, dei santuari e dei luoghi sacri. Torino è una città che sa di granata. I tifosi del Torino hanno un dolore comune che non si dicono se non sottovoce. Un popolo sa di appartenere a qualcosa d’altro, e ha dei luoghi dove il ritrovarsi lo dice. La Juventus è squadra globale, gioca e si allena fuori città, parla in inglese e punta ai mercati asiatici e americani. La maggioranza dei tifosi che riempie lo Stadium arriva da fuori Torino. È un modello vincente, moderno, che funziona. Ci sono bambini di 8-9 anni che non hanno mai visto la Juventus perdere, e se la tifano non possono sopportare che succeda. È la strada giusta, probabilmente, quella da seguire. Quando due tifosi granata si incontrano lontano da Torino si riconoscono non perché condividono un invidiabile record di vittorie, ma per una storia che li fa tremendamente diversi da quegli altri. Questa sera, grazie al Torino, a inizio partita scenderà in campo con CR7 un bambino siciliano ammalato di tumore e tifoso della Juventus. Il viaggio glielo ha pagato il Toro Club Sicilia Granata, mettendo all’asta una maglietta autografata di Belotti.

Cristiano Ronaldo si è mangiato il 7, con cinquantanni di storia come contorno. Cristiano ha rapito il numero di maglia più poetico – i 10 perdoneranno? – e lo ha inglobato nella sua sigla. Per i bambini di oggi il 7 è CR7, il fenomeno robot che quando conta non sbaglia, decide le partite a centro area e va a dormire presto dopo aver fatto la crioterapia. Il derby di Torino di stasera però rilancia un rumore lontano, un’eco di storia. La Juventus per la prima volta porta nello stadio dei cugini un numero 7 iconico – gli juventini hanno avuto Causio, hanno amato Di Livio, ma Ronaldo è un’altra cosa – invece il Toro con il 7 si è commosso. Lo stadio Grande Torino in cui si giocherà è il Comunale invecchiato, è il campo dello scudetto del ’76. Su quelle zolle ha giocato Claudio Sala, il numero 7 più simbolico nella storia del Toro, una società in cui anche il presidente da ragazzo giocava col 7 e ha una televisione chiamata… La 7. Soprattutto, in quei metri quadrati tra il ‘64 e il ‘67 ha dribblato Gigi Meroni, l’opposto di Ronaldo prima che esistesse Ronaldo.

LA VITA «Se mi dedicassi esclusivamente al calcio, senza pensare a nient’altro, sarei un “mostro” come giocatore, sarei ancora più forte. Ma la vita non è tutta attorno a un pallone, ci sono molte altre cose». Sembra il manifesto dell’anti-ronaldi-smo, invece è una frase di Meroni in una intervista al Corriere della Sera. Gigi Meroni giocò nel Como, nel Genoa, nel Torino. Andò al Mondiale 1966 con l’Italia ma morì un anno dopo, investito in corso Re Umberto dopo una partita contro la  Samp. La domenica successiva, il 22 ottobre 1967, al Comunale c’era Juve-Toro e quel derby finì 0-4: tre gol di Nestor Combin e uno di Alberto Carelli, che giocava col 7 di Meroni. Per esultare, alzò « il pallone al cielo in una dedica spontanea. Meroni forse è il numero 7 più lontano da CR7 e nel giorno del primo Toro-Juve con Cristiano è curioso avvicinarli. Ronaldo è una macchina di applicazione, vive per il calcio e usa ogni energia per diventare il migliore di sempre: è consapevole di avere un grande dono e fa di tutto per svilupparlo. Sa che non farà mai niente bene come giocare a calcio, così dorme 8-10 ore al giorno, cura l’alimentazione nei dettagli, si infligge crioterapia e sedute supplementari in palestra. Forse è ambizione, forse senso del dovere. Anche Meroni a fine allenamento si dedicava alla sua grande passione, il fatto è che la passione era la pittura.

LE SCELTE Meroni dipingeva quadri bellissimi, si disegnava gli abiti che faceva realizzare da un sarto e portava i capelli un po’ lunghi, con un taglio che oggi sarebbe meno che normale – di più, banale – ma allora gli causò commenti, problemi, convocazioni in Nazionale negate. «Non lo faccio per esibizionismo ma perché sono così – diceva —. Io anelo alla libertà assoluta e questi capelli, questa barba, sono segni di libertà». Cristiano ha i capelli corti, non ha mai avuto barba e magari veste Nike come il contratto richiede. Meroni girava su una Balilla con i tappetini granata, Cristiano ha un garage che sembra un concessionario. Meroni viveva in un abbaino in piazza Vittorio, Cristiano ha scelto una villa oltre il fiume perché questi sono altri tempi, oltre che altri gusti. Meroni girava per Torino con una gallina al guinzaglio, si definiva uno zingaro che non bada ai soldi e per i tifosi era «la farfalla granata» oppure «Calimero». Cristiano è troppo potente per essere farfalla, troppo imitato per somigliare a un pulcino nero.

IL CALCIO II campo segue. Ronaldo negli anni ha cambiato ed è cambiato. Da ragazzo era un talento che giocava all’ala e Sir Alex Ferguson, non per caso, per lui scelse il 7 di George Best. Nella strada verso i tren- t’anni però ha imparato a fare gol, a vedere la fascia come una pista per prendere la rincorsa e arrivare in area lanciato. Meroni no, ovviamente non ha avvicinato il livello di Cristiano ma per tutti è rimasto un’ala destra pura, il George Best italiano, lo smilzo da dribbling che doveva firmare per la Juventus degli Agnelli ma è rimasto al Toro dopo la rivolta dei tifosi. Anche in questo quei due 7 sono diversi, eppure…

CRISTIANA Eppure qualcosa c’è, qualche punto di contatto esiste nell’ambito più privato: la famiglia. Meroni era pronto a sposare la compagna e le diceva che da lei avrebbe voluto cinque figli. Ronaldo ne ha quattro e forse non ha finito. In più, parla di progetti di matrimonio. CR7 quest’anno ha scelto di non andare con la nazionale e questo sì, questo lo ha fatto anche Meroni, che una volta chiese al Genoa di ingessargli una gamba per simulare un infortunio, dire no a una convocazione e restare con la sua donna. Lei era una ragazza conosciuta al Luna Park, una bionda con un carattere simile al suo, un viso dolce e nome che, a questo punto, fa sorridere: Cristiana.

Due gli interrogativi che albergano nella mente di Walter Mazzarri: 1) Chi al posto di Iago Falque? 2) Meglio sfruttare l’esperienza di De Silvestri o la fisicità di Ola Aina sulla corsia destra? Il tecnico prenderà una decisione dopo la rifinitura. La speranza è vedere, a sorpresa, Iago Falque sprintare nel test odierno come fosse il velocista Filippo Tortu. Ma a lume di logica trattasi di speranzella: in settimana lo spagnolo, alle prese con un affaticamento muscolare, è stato tenuto nella bambagia, pratica-mente impossibile che venga tirato fuori daH’awio. È già qualcosa poterne disporre a gara in corso per utilizzarlo nell’ultima parte, quando anche le energie dei bianconeri saranno in calando. E allora chi nella formazione iniziale al posto di Iago? La candidatura più consistente appare quella di Simone Zaza. Intanto perché consentirebbe a Mazzarri di non ritoccare il 3- 5-2: fuori una punta, dentro un’altra punta. Certo, le caratteristiche sono molto diverse: Iago serve cross e assist, Zaza va invece assistito. È un centravanti, quindi deve stare attento a non pestare i piedi a Belotti.

I GIOVANI Però le soluzioni alternative pongono problemi anche maggiori, almeno sulla carta. Con Soriano o Berenguer si passerebbe al 3-4-2-1 e quindi Baselli avanzerebbe dietro Belotti e di fianco a Soriano o Berenguer. Inserendo Edera (o Parigini) si porterebbe in campo la freschezza e la vitalità dei giovani, ma conviene rischiare dall’inizio un giovane in un derby di questa importanza? Mazzarri riflette sulle varie opzioni e nell’incontro stampa non regala indicazioni. La sensazione che prevale resta quella esposta all’inizio: giocherà Zaza, uno degli ex, forse il più «avvelenato», di sicuro il meno brillante fin qui. Ma, per paradosso, proprio questo elemento spinge forte Simone: per la legge dei grandi numeri dovrà pur sbloccarsi… E il derby può essere la pedana di lancio.

IN DIFESA II secondo quiz concerne l’organizzazione difensiva. De Silvestri è stato tenuto a riposo nella trasferta di Milano: non stava male, ma neppure benissimo. Ora però offre ampie garanzie di tenuta atletica. E anche un elemento molto esperto e trattasi di dettaglio significativo. Ronaldo ama stare sulla fascia sinistra e da quella parte troverebbe appunto l’ostacolo De Silvestri. Tipo tosto e pure assai orgoglioso: stare fuori col Milan di sicuro non lo ha riempito di gioia. Bisogna però considerare le recenti prestazioni di Aina. Il nigeriano di Londra contro il Milan è venuto fuori prepotentemente nella ripresa alimentando i ribalta-menti di fronte. Ed è una caratteristica che può risultare utilissima per sfruttare quegli spazi che i bianconeri dovessero di tanto in tanto concedere.

TRE CONTRO TRE Ultima considerazione: se Allegri, come pare molto probabile, si affiderà al tridente, Mazzarri dovrà chiedere ai suoi due terzini di scalare in marcatura con tempi e attenzione perfetti. Altrimenti i tre centrali, Izzo, Nkoulou e Djidji si ritroverebbero spesso e volentieri impegnati in pericolosi uno-contro-uno. Bisogna dare loro un paracadute, insomma. Ed ecco perché, con un colpo ad effetto, il tecnico granata potrebbe spostare Aina sulla sinistra sacrificando il più tecnico Ansaldi.

Per scherzarci su, si potrebbe dire che la Juventus arriva al derby in ginocchio. «Faccio il bollettino medico: Cancelo non è tra i convocati perché si è bloccato ieri mattina: ha un problema al ginocchio destro, per la precisione al menisco mediale interno, e al più presto verrà operato. Rientrerà a gennaio. Anche Cuadrado è out per colpa del ginocchio e nei prossimi giorni verrà valutato: c’è il rischio intervento pure per lui». Massimiliano Allegri ha aperto così la conferenza pre derby, facendo la conta degli infortunati: ne perde due in un colpo solo e l’assenza del primo è la più preoccupante, perché il tecnico contava di recuperare Cancelo dopo la panchina precauzionale in Champions, e anche per quello che ha fatto vedere in campo nelle ultime partite. Il portoghese è stato operato ieri al ginocchio destro dal professor Roberto Rossi, consulente di Juventus e JMedical (tutto documentato da una Insta- gram Story, con foto in clinica e commento: «Tornerò più forte») e la prognosi è di 6/7 settimane. Salterà di sicuro le ultime 4 gare del 2018, la Coppa Italia e la Supercoppa con il Milan. Cuadrado invece soffre per un’iperestensione del ginocchio sinistro. Come accaduto per Bernardeschi la scorsa stagione (che stette fuori un paio di mesi), si cercherà di evitare l’operazione e di risolvere il problema con la terapia conservativa.

NIENTE RITIRO Max però non è tipo da melodrammi e con un sorriso spiega che «ci sono anche le buone notizie: Emre Can è già rientrato ed è del tutto recuperato, Khedira tornerà la prossima settimana e Spinazzola sta bene». Niente ansie, siamo la Juventus: è questo il diktat dell’allenatore, che a conferma della tranquillità sovrana in casa bianconera ha concesso alla squadra di dormire a casa: «Gliel’avevo promesso, dopo il ritiro per la Coppa ci sta, i ragazzi hanno senso di responsabilità. Ci troveremo domani mattina (oggi, ndr) alla Continassa per l’allenamen- to e poi andremo in ritiro. Non è la prima volta che succede, lo abbiamo già fatto prima del Bologna in questa stagione». E’ vero, non è una novità ma è raro che accada prima di una partita importante, e il derby lo è.

CERTEZZE DUBBI Allegri ha già in testa l’undici che inizierà contro il Toro, ma sceglierà solo stamattina gli ultimi dubbi. Di sicuro rispetto a Berna ci saranno diverse novità: «In porta gioca Perin – dice – in difesa rientra Chiellini, accanto a lui ci sarà uno tra Bonucci e Ruga Con Benatia non c’è alcun problema, è appena rientrato dopo un’infiammazione al ginocchio. Quando giochi in una grande squadra come la Juve devi saper accettare la panchina. Pjanic non è in difficoltà, l’ho solo sostituito qualche volta, giocando con i tre davanti a volte ci troviamo in tre in mezzo ed è normale che lui faccia più fatica. Per noi è determinante, ci sarà di sicuro. Ho un dubbio tra Emre Can e un esterno, Bernardeschi o Douglas Costa». Il tedesco a meno di sorprese ci sarà, per quanto riguarda la difesa Allegri nell’ultimo allenamento ha alternato Bonucci e Rugani, ma il primo è in netto vantaggio. In attacco Dybala si riprende il posto da titolare con Mandzukic e Cristiano Ronaldo.

Risuona un po’ come la mozione del tremendismo granata. Al momento giusto, nell’ora più opportuna, quando arriva il tempo di un derby che si presenta come uno dei più interessanti degli ultimi anni. Sul volto di Walter Mazzarri si legge una concentrazione diversa dalle altre vigilie. E allora, un bel respiro e via: «Il Torino è l’orgoglio e la passione, e io in campo contro la corazzata Juventus voglio dai miei giocatori tanto orgoglio, intelligenza, voglia, un grande impeto e, prima di qualunque altra cosa, una prestazione di spessore». Walter pesca dal vocabolario le parole che accarezzano le corde più sensibili della gente del Toro, e non sono certo scelte casuali. «Ai tifosi chiedo di trascinarci, ci conto tanto che ci sia tutto lo stadio ad aiutarci a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Noi ce la metteremo tutta». Garantisce Walter: «Nello spogliatoio c’è un’energia positiva, anche se dobbiamo essere bravi nel saper gestire questa carica per evitare che sfoci in una foga che ci induca in errori. Contro la prima della classe spero che la mia squadra tenga bene il campo come ha sempre fatto contro tutte le squadre più forti».

LA RICHIESTA Ed è questo l’aspetto sul quale, prima di qualunque altra considerazione, Mazzarri conta di costruire il derby: finora nelle grandi sfide (il Napoli è Tunica eccezione), il Toro non ha mai «sbagliato» la prestazione. «E io ho la sensazione che siamo pronti a vivere una grande serata. A giocare una grade partita come contro l’Inter, la Roma o il Milan: questa squadra farà un ulteriore passo in avanti di crescita. E dal punto di vista dell’interpretazione non sbaglieremo, sono sicuro che ci sarà un Toro intenso, tosto e cattivo dal primo minuto». Ai suoi giocatori ha presentato una richiesta su tutte: «La verifica più importante che mi aspetto è confermare la buona prestazione di San Siro per continuare il nostro cammino».

PIÙ ZAZA CHE IAGO Un ambiente in fiducia proverà a metabolizzare anche il sempre più probabile forfait di Iago Falque, uno dei simboli di questo Toro: domenica sera Iago è uscito da San Siro con un affaticamento al flessore della coscia destra (nella stessa zona in cui s’infortunò a Udine) che si sperava rientrasse con il riposo e le terapie. Invece, da ieri, filtra pessimismo sull’ipotesi che ce la faccia: seppure sia stato convocato, rischia di partire dalla panchina. “Sia ieri che oggi (giovedì e venerdì, ndr) Iago è tornato ad allenarsi, ma il vero test lo farà domani mattina (oggi, ndr) : proverà sullo sprint, per giocare certe partite si deve essere al top». Nel piano-B di Mazzarri la prima alternativa è l’ex Zaza. «E una possibilità, mi prendo qualche ora in più prima di decidere». L’ultimo pensiero di WM va a Massimiliano Allegri: «Lo ringrazio per essere stato molto carino con me quando sono stato male. Ogni allenatore ha la sua personalità, ma l’importante è che ci sia la stima. E la carriera di Allegri dice il valore dell’allenatore».

Il 10 novembre, alla vigilia della sfida di San Siro con il Milan, gli inseguitori della Juve videro la luce: il calendario, dopo aver regalato ai bianconeri un comodo avvio, aveva piazzato alcune trappole nella parte finale del girone d’andata. Dopo la trasferta contro Gattuso (e l’incontro casalingo con la Spai) Allegri avrebbe dovuto affrontare la sempre ostica tappa di Firenze e il big match con l’inter per proseguire con il derby e la Roma e chiudere contro Atalanta e Sampdoria. Un mese dopo gli inseguitori non ci sono più: troppo lontani per inseguire davvero, fanno la loro corsa senza pensare alla Juve. È rimasto solo il Napoli che per dare un senso a questo campionato ha bisogno di recuperare qualche punto in fretta. Il derby della Mole è una buona occasione, anche se la storia di questa sfida negli ultimi anni raramente è stata colorata di granata.

CHIAVE Massimiliano Allegri, però, non si fida della tradizione e dà all’appuntamento di stasera un’interessante chiave di lettura: «Delle quattro partite che mancano alla fine dell’andata il derby è lo scoglio più difficile e anche la gara più importante perché se superiamo questa le altre verranno di conseguenza. Giochiamo tre giorni dopo la trasferta in Svizzera dove abbiamo perso senza meritarlo anche se non siamo stati brillanti. D’altronde non si può vincere sempre. Dobbiamo ritrovare le energie giuste con la consapevolezza che ci sono ancora tanti punti in palio e la soddisfazione di aver già raggiunto due obiettivi come la qualificazione agli ottavi di Champions e il primo posto nel girone. Il Torino sta facendo molto bene, a Milano ha disputato un’ottima gara».

ATTEGGIAMENTO Più che di modulo («potremmo utilizzare la difesa a tre») e di formazione («Mandzukic è il più fresco e gioca, Ronaldo salterà una delle ultime tre partite, gliel’ho già detto»), Allegri parla di atteggiamento e lettura delle gara: «Dovremo essere attenti e intelligenti, capiteranno dei momenti in cui giocheremo meno bene ma l’obiettivo è condurre l’incontro dove vogliamo noi». E a proposito di atteggiamento, un pensiero è rivolto anche ai tifosi: «Questa partita a Torino è molto sentita, ma non deve degenerare in una roba brutta. Sarebbe un pessimo spot per il calcio».

DIVERSITÀ Per quanto riguarda il suo confronto con Mazzarri, il tecnico della Juve sottolinea soprattutto le differenze: «Siamo completamente opposti, lui è cresciuto con Ulivieri, io con Galeone: due modi diversi di intendere il calcio». Infine c’è spazio per un bonario rimprovero ai suoi campioni dai piedi buoni («le punizioni non sono un problema ma dal limite dell’area bisogna segnare»), per due complimenti («Chiellini è il migliore difensore del mondo, Ronaldo il miglior attaccante») e per un’analisi sulla metodologia bianconera: «Alla Juve si lavora molto bene, i risultati arrivano perché la società è solida»



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