Suicidio cellulare, scoperto il codice di autodistruzione: un’arma contro il cancro



Finalmente è stato scoperto il codice di autodistruzione delle cellule: in futuro potrebbe diventare la chiave per cure anticancro mirate al punto da “spingere al suicidio” soltanto le cellule tumorali, senza danneggiare quelle sane.



Il codice di autodistruzione delle cellule è incorporato in una proteina antica che data più di 800.000 anni, la cui funzione è proteggere l’organismo dal cancro. Per farlo controlla la produzione della molecola di Rna, il braccio destro del Dna, e dei micro Rna, le piccole sequenze di geni che come registi regolano l’espressione di altri geni. In altre parole, non appena le guardie del corpo interne della cellula percepiscono che si sta trasformando in cancro, inseriscono il codice di uccisione per estinguere la cellula mutante. È quanto riporta un nuovo studio pubblicato su Nature Communications dalla Northwestern University statunitense.

«Adesso che conosciamo il codice, possiamo far scattare il meccanismo senza dovere più ricorrere alla chemioterapia e senza interferire con il genoma», osserva il coordinatore della ricerca, Tomas Spies.

Conoscere il codice significa infatti poter controllare le armi anticancro, ossia i micro-Rna che l’organismo utilizza normalmente per difendersi e attivarle per aggredire le cellule malate. «Possiamo utilizzare i micro-Rna direttamente e schiacciare l’interruttore che innesca l’autodistruzione», aggiunge Peter.

La nuova strategia offre anche il vantaggio di non avere i numerosi effetti collaterali della chemioterapia, che alterando il genoma delle cellule rischia di provocare tumori secondari. «L’obiettivo adesso – spiega Peter -, non è trovare una nuova sostanza artificiale tossica per il tumore, ma seguire il corso della natura, utilizzando un meccanismo che la natura ha sviluppato».

«Sulla base di ciò che abbiamo appreso negli studi che stiamo conducendo, è plausibile infatti progettare micro-Rna artificiali che sono molto più potenti nell’uccidere le cellule tumorali rispetto a quelli sviluppati dalla natura», aggiunge Peter. Il prossimo passo? «Abbiamo assolutamente bisogno di trasformare questa scoperta in una nuova forma di terapia», conclude – Ma – ha sottolineato -occorreranno molti anni».

Il cancro (chiamato anche neoplasia o tumore maligno) è una malattia in cui le cellule sfuggono all’influenza di quei fattori, ancora in parte sconosciuti, che regolano la normale crescita cellulare; ne consegue che le cellule si moltiplicano senza un controllo, invadendo e distruggendo gli altri tessuti (figura A). Tra i diversi fattori che possono generare un cancro vi sono le mutazioni casuali che in qualche modo alterano il corretto assetto genetico di una cellula (per esempio attraverso inserimenti, delezioni o traslocazioni); spesso, però, le mutazioni sono indotte da agenti cancerogeni quali i raggi X, le radiazioni ultraviolette, il fumo del tabacco e una certa varietà di prodotti chimici. Altri fatti, però, hanno messo lo sviluppo del cancro in relazione ai virus.

Fin dal 1911, un virus cancerogeno, il virus del sarcoma di Rous, era stato isolato dai tumori dei polli. Sebbene fossero stati scoperti altri virus cancerogeni, in particolare i virus che colpivano i topi di laboratorio, fece fatica a emergere un’ipotesi virale del cancro. Da un lato non si riusciva a dimostrare che i virus fossero in qualche modo implicati nell’insorgere del cancro nella specie umana (ancora oggi, dopo decenni di ricerche, solo poche e rare forme di cancro umano sono associate ai virus), d’altro lato il fatto che la maggior parte dei virus cancerogeni conosciuti, incluso quello del sarcoma di Rous, fosse a RNA invece che a DNA sembrava rendere l’ipotesi virale del cancro incompatibile con l’ipotesi delle mutazioni. Alla fine, tuttavia, si ebbe la prova che i virus, come i mutageni, possono portare a cambiamenti nell’assetto genetico cellulare e che, inoltre, tutti i virus cancerogeni conosciuti sono virus che introducono informazioni nei cromosomi delle cellule ospiti.

Questi comprendono sia virus a DNA, come l’SV40, sia retrovirus a RNA; la scoperta del ruolo della trascrittasi inversa fornì il fondamentale collegamento tra i virus a RNA e i cromosomi delle cellule eucariote. Studi effettuati su cellule eucariote esposte a un agente cancerogeno hanno messo in luce un gruppo di geni detti oncogèni. Gli oncogèni assomigliano molto ai geni normali delle cellule in cui si trovano, ma essi inducono la divisione cellulare incontrollata tipica del cancro quando qualcosa non funziona nell’espressione dei normali geni cellulari, in seguito o a mutazioni degli stessi geni o a cambiamenti della regolazione genica. Altri studi hanno rivelato la presenza di un altro gruppo di geni, chiamati geni oncosoppressori, la cui funzione è quella di agire da freno alla divisione cellulare, regolandola con precisione.

Per tutto il tempo in cui questi geni funzionano normalmente, viene bloccato lo sviluppo del cancro o, almeno, viene rallentato. Tuttavia, quando a causa di una mutazione questi geni vengono disattivati, o addirittura vengono persi dal cromosoma, si può avere una rapida moltiplicazione delle cellule cancerose (figura B). Un esempio di tumore causato dalla perdita di un gene oncosoppressore è il retinoblastoma, che colpisce la retina dell’occhio (figura C). Nel loro insieme questi studi suggeriscono che i virus possono provocare il cancro in tre maniere differenti: • semplicemente a causa della loro presenza sul cromosoma, i virus possono interrompere le funzioni dei normali geni regolatori trasformando i geni normali in oncogèni, attivando gli oncogèni o disattivando i geni soppressori dei tumori; • i virus possono codificare per proteine necessarie alla duplicazione virale che influiscono anche sulla regolazione di questi geni cellulari; • i virus possono servire da vettori di oncogèni e possono renderli capaci di muoversi da una cellula a un’altra o da un individuo a un altro. Con queste scoperte l’ipotesi virale e quella delle mutazioni non furono più considerate incompatibili dagli scienziati ma, al contrario, in grado di integrarsi vicendevolmente.



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