Tumore al pancreas, il dramma di Andrea e la sua speranza di guarigione



«Ognuno ha la sua tempesta, si può chiamare tumore, paraplegia, depressione, ma è sempre un buon motivo per (ri)mettersi in cammino». E di passi Andrea Spinelli, 45 anni siciliano ma residente in Friuli, «sopravvivente» – come si definisce lui stesso – a un cancro inoperabile al pancreas, ne ha fatti oltre 15 milioni 300 mila in cinque anni.



Da quel 18 ottobre 2013 quando, dopo una corsa al pronto soccorso, iniziò il calvario degli esami ospedalieri, dell’operazione interrotta a metà, perché il tumore si era «infiltrato» in una vena – «troppo pericoloso intervenire per cui fecero solo la biopsia», racconta – e dei sedici mesi di chemioterapia. Oggi per ognuno di quei mesi indossa un anello che racconta la sua storia, i percorsi su e giù per l’Europa lungo le antiche vie dei pellegrini e i tanti incontri, anche solo virtuali con altrettante persone malate o sane e parenti di persone strappate alla vita da un cancro. «Non so perché ho iniziato a camminare, l’ho fatto e basta. Forse – spiega Spinelli, per gli amici Spino in cammino – ho incominciato con il pensiero già sul letto di ospedale e oggi, se sono ancora in vita lo devo proprio alle mie gambe».

Ha raccolto i suoi viaggi in un libro dal titolo «Se cammino vivo», dove racconta anche le emozioni e le paure più intime, la volontà di essere un testimone che «di tumore si muore, ma si può anche vivere». «Già, vivo con la paura della morte, mi assale appena mi sveglio e mi abbandona quando chiudo gli occhi la sera, ma non mi frena dal realizzare i miei progetti». E a chi gli dice «Sei coraggioso», lui risponde che la vera forza è quella di sua moglie Sally con cui è sposato da 18 anni: «Nella mia malattia, lei non solo rappresenta il faro che sin da subito ho cercato per rientrare in porto, ma anche la cima a cui mi aggrappo ogni giorno durante le mareggiate. Se sono ancora al timone lo devo solo a lei ovunque mi giro, anche se mi trovo solo al centro dell’oceano, vedo sempre il mio faro che mi guida. Insieme siamo arrivati anche qui nonostante tutto». E il viaggio continua.

Il tumore del pancreas colpisce ogni anno in Italia circa 12.200 persone. Purtroppo si tratta di una malattia complessa, aggressiva, diagnosticata spesso in fase avanzata. Ma la possibilità di farcela, quando si riesce ad intervenire in tempo, aumenta sensibilmente man mano che la diagnosi si allontana negli anni. Per questo il primo periodo è quello più duro.

Se hai tra le mani questo opuscolo, è probabile che a te o a qualche persona cara sia capitato di avere a che fare con il tumore. Per questo è necessario essere informati, conoscendo alla perfezione il nemico “cancro”: cos’è; come agisce; cosa possiamo fare oggi per fermarlo; come comportarsi con medici, parenti e amici; cosa significa tornare a vivere una volta superato.

In questo percorso una delle figure di riferimento è l’oncologo, che assiste il paziente durante tutto l’iter terapeutico. Questa guida, promossa dall’Associazione Italiana di Oncologia

Medica (AIOM) è il perfetto strumento di approfondimento e supporto, da utilizzare anche nel confronto con il medico.

L’AIOM è la società clinico-scientifica degli oncologi medici italiani. Nel 2013 compie 40 anni di attività e conta oggi circa 2.500 iscritti.

AIOM raggruppa tutte le componenti dell’Oncologia Medica italiana, dalle strutture di ricovero e cura del Servizio Sanitario Nazionale, alle facoltà di Medicina, agli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), dai medici specialisti a tutto il personale assistenziale operante nell’area oncologica pubblica e privata. Si propone di promuovere la ricerca clinica e sperimentale, la prevenzione primaria e quella secondaria (screening e diagnosi precoce e tempestiva), la riabilitazione, le terapie palliative, le cure domiciliari, e di incentivare a tutti i livelli le campagne di educazione alla prevenzione.

La diagnosi di cancro è una notizia spesso sconvolgente ed è difficile reagire con lucidità. Disporre di un questionario scritto da cui attingere domande e quesiti durante le prime visite con l’oncologo può esserti d’aiuto.

I 10 suggerimenti riportati qui accanto ti permettono di capire meglio cos’è la malattia, cosa comporta e quali sono le opzioni di trattamento. Lo stesso vale per la terminologia: conoscere prima alcune definizioni tecniche può aiutare a sentirsi meno smarriti e a comprendere quanto il medico sta dicendo. Ovviamente si tratta di una lista indicativa che potrai personalizzare e integrare come ritieni opportuno.

Tutto inizia dalla terapia…

Ad oggi, il trattamento del tumore del pancreas comprende:

  • chirurgia
  • chemioterapia
  • radioterapia esterna o una combinazione di queste.

La modalità di trattamento di scelta dipende dal tipo istologico e dallo stadio clinico del cancro, oltre che dall’età e dalle condizioni generali del Paziente. La chirurgia rappresenta la principale modalità di trattamento nelle neoplasie operabili.

La chirurgia

La chirurgia rappresenta ad oggi una delle modalità più efficaci per intervenire sul tumore del pancreas. La particolarità e l’aggressività di questo tipo di cancro richiedono però competenze del tutto particolari.

È molto difficile che un medico non abituato a trattare la malattia riesca ad inquadrarla correttamente. Ad esempio, a volte la neoplasia è benigna e si deve essere in grado di distinguere le forme che richiedono un intervento da quelle che, invece, vanno solo monitorate nel tempo.

Moltissimi studi scientifici, pubblicati sulle più importanti riviste di settore internazionali, hanno dimostrato che il rischio di complicanze post-intervento è di gran lunga maggiore nei centri che operano pochi tumori del pancreas in un anno. Una ricerca riportata dal prestigioso New England Journal of Medicine definisce ad “alto volume” un ospedale che tratta oltre 16 casi ogni dodici mesi.

La radioterapia impiega radiazioni ad alta energia, puntate sulla zona interessata, per distruggere le cellule tumorali. Si cerca nel frattempo, di non danneggiare, i tessuti sani. È una valida alleata della chirurgia. Nel caso del tumore al pancreas, infatti, trova indicazioni sia in fase preoperatoria (neoadiuvante), che dopo l’intervento (adiuvante). Nel primo caso, la radioterapia serve per ridurre il cancro primitivo.

Il chirurgo riuscirà così ad eseguire un intervento meno invasivo e demolitivo. Nella modalità post-operatoria, invece, ha come obiettivo la riduzione delle recidive locali.

Come si esegue

Innanzitutto, il trattamento viene pianificato iniziando dall’esecuzione di una Tomografia Computerizzata (TC) o di unaTC associata alla Tomografia ad Emissione di Positroni (PET). Questi esami forniscono al radioterapista delle immagini a tre dimensioni (3D) dell’organo, utili per definire il volume da trattare. Si eseguono in posizione supina, immobili e durano qualche decina di minuti. Al termine, si applicano piccoli tatuaggi puntiformi permanenti sulla pelle, nella zona interessata. Sono segnali che consentono al tecnico la localizzazione del punto esatto sul quale intervenire.

La seconda fase, detta “simulazione”, permette di verificare e confermare il piano di trattamento elaborato in precedenza. Queste fasi, seppur schematiche, garantiscono l’assoluta precisione e ripetibilità della terapia. Ma aumentano anche il grado di sicurezza per gli altri organi, anatomicamente molto vicini al pancreas: intestino, fegato, milza, reni, stomaco.

La radioterapia si somministra in sedute quotidiane da pochi minuti l’una, per cinque giorni la settimana. In totale, il trattamento dura circa un mese e mezzo.

Non esitare ad informare il tuo radioterapista in caso si noti che qualcosa non va: potrà prescriverti farmaci in grado di alleviare o risolvere i disturbi. In linea di massima, gli effetti collaterali possono essere gestiti grazie a una corretta alimentazione:

  • preferisci pasti piccoli e frequenti
  • non mangiare nulla due ore prima e in seguito al trattamento
  • non consumare caffè, alcolici e alimenti troppo caldi o freddi, fritti, piccanti e molto grassi.

La radioterapia a fasci esterni non rende radioattivi: una volta a casa, quindi, non rappresenti affatto un pericolo per gli altri, nemmeno per i bambini.

La chemioterapia

I farmaci chemioterapici, detti anche citotossici o antiblastici, vengono utilizzati per distruggere le cellule tumorali. Bloccano la loro divisione e riproduzione, consentendo quindi una regressione della malattia. I trattamenti per il tumore del pancreas, così come per tutte le altre tipologie di cancro, prevedono la somministrazione di un solo medicinale o di combinazioni di prodotti differenti. Così come per le altre modalità di intervento sulla neoplasia, la decisione sulla chemioterapia appropriata dipende da molti fattori: tipologia e stadio del tumore, condizioni biologiche, età, sesso, condizioni generali, ecc.

Purtroppo, i farmaci antiblastici colpiscono anche le cellule sane adiacenti a quelle malate. Sono quindi comuni spiacevoli effetti collaterali come: caduta di capelli, nausea, vomito, stanchezza, stomatiti, stipsi, diarrea, ecc, che variano comunque da persona a persona. La chemioterapia può inoltre determinare la diminuzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.

Per questi motivi, negli ultimi anni è stata data moltissima importanza alle terapie di supporto, che permettono di controllare le spiacevoli conseguenze del trattamento. Si tratta di farmaci che salvaguardano la qualità della vita.

Così come la radioterapia, anche la chemioterapia può essere impiegata prima o dopo l’intervento chirurgico.

Le innovazioni nella chemioterapia

Per lunghi anni l’unico trattamento possibile per un paziente con carcinoma pancreatico è stata la gemcitabina. Recentemente, una combinazione di tre farmaci (FOLFOXIRI): 5fluorouracile, oxaliplatino e irinotecan ha determinato un significativo vantaggio, raddoppiando quasi la sopravvivenza dei malati. Purtroppo, solo una piccola frazione di loro può giovarsi di questo trattamento che è aggressivo e va riservato solo a persone in buone condizioni generali, senza ittero e protesi biliari. Gli ultimi progressi nel campo della ricerca hanno permesso di compiere ulteriori e promettenti passi avanti. Le protagoniste assolute di questa rivoluzione sono le nanotecnologie. Come il nab paclitaxel, un chemioterapico legato in nanoparticelle all’albumina, una proteina del plasma. Questo farmaco, associato alla gemcitabina, già utilizzata di norma contro il tumore al pancreas, ha dato risultati incoraggianti, raddoppiando il tasso di sopravvivenza a due anni.

La nuova terapia è infatti in grado di arrivare alla radice del tumore, arrestandone così la crescita. Gli altri medicinali utilizzati finora, invece, avevano difficoltà a superare lo spesso tessuto connettivo presente attorno all’organo.

Tornare a casa dopo l’intervento

Tornare a casa dopo l’operazione e il ricovero ospedaliero può essere l’inizio di un periodo molto delicato. Infatti, i tuoi familiari potrebbero essere in difficoltà: non è sempre facile trovare le parole giuste per affrontare problemi che, a prima vista, sembrano insormontabili. La paura di sbagliare è fortissima.

I più esposti sono sicuramente i figli, non solo i più piccoli. Per comunicare con i bambini, l’approccio schietto rappresenta la via migliore. Anche loro, infatti, percepiscono che qualcosa non va. Vanno quindi informati correttamente, per evitare che amplifichino pensieri spesso peggiori della realtà. Diverso il discorso per ragazzi e adolescenti. La loro è un’età caratterizzata da sentimenti contrastanti. Vivere un’esperienza del genere potrebbe addirittura farli allontanare e portarli alla chiusura. La situazione, in questo caso, alimenterebbe le loro angosce e il bisogno di attenzione.

Può tornare utile allora un supporto psicologico specializzato, anche per capire come affrontare e gestire al meglio le dinamiche familiari. Questa tipologia di assistenza è prevista nel nostro Paese ed è gratuita, come parte integrante del trattamento. Informati presso il tuo centro per saperne di più.

Gestire gli effetti indesiderati delle terapie

Trovi di seguito un elenco di alcuni comuni effetti collaterali dei trattamenti, con semplici consigli sulla loro gestione. Ricordati che è comunque importante riferire i sintomi al personale medico o infermieristico, così come qualsiasi altro dolore, bruciore o fastidio dovesse verificarsi durante o dopo un trattamento.

Disturbi gastro-intestinali

Molti farmaci chemioterapici possono indurre nausea o vomito. Prima di ogni seduta, generalmente, vengono però somministrati in endovena medicinali (antiemetici) in grado di contrastare questi fastidiosi sintomi.

Inoltre, per prevenire i disturbi:

  • non mangiare nelle due ore precedenti e successive alla chemioterapia
  • evita di assumere alcolici non consumare cibi piccanti, troppo caldi o freddi
  • possono essere di aiuto bevande alla menta o al limone
  • preferisci spuntini leggeri (con poco sale e grassi) a pasti abbondanti

In caso di episodi di diarrea dopo i trattamenti, è necessario introdurre alimenti ricchi di potassio come patate, riso integrale, frutta secca, albicocche e banane o ricorrere ad integratori. Almeno una volta al giorno andrebbero consumati riso, patate o pasta.

Fatigue

Con il termine fatigue si indica l’insieme di sintomi fisici e psichici tra i più debilitanti e meno considerati nei malati di tumore (ne soffre fino al 90% dei pazienti). Per combattere la fatica è utile programmare le attività da svolgere nell’arco della giornata e stabilire alcune priorità in base a come si vogliono impiegare le proprie forze. Per ridurla è utile trattare l’anemia, spesso causa principale della stanchezza; praticare un moderato e regolare esercizio fisico; osservare una dieta povera di grassi e di combinazioni difficili da digerire; adottare tecniche di rilassamento e di gestione dello stress.

Dolore

Il dolore può essere causato direttamente dal tumore oppure dagli effetti collaterali delle terapie. È importante che tu riferisca sempre al medico i sintomi riscontrati. A seconda dell’intensità vengono utilizzati medicinali sempre più potenti, classificabili in: non oppioidi (antinfiammatori non steroidei, ecc.) o oppioidi minori (come la codeina), per sedare il dolore da lieve a moderato; oppioidi maggiori (morfina, metadone) per problemi severi o nel momento in cui risultino inefficaci le terapie antidolorifiche più blande.

Se ti viene consigliato l’utilizzo di oppioidi non temere di sviluppare una dipendenza: si tratta di un rischio minimo e del tutto secondario rispetto all’esigenza di controllare il dolore.

Il follow-up

Dopo la chirurgia può essere pianificato un controllo che permetta il monitoraggio di vari elementi, come la tossicità dei trattamenti adiuvanti, eventuali problemi nutrizionali, ormonali e, più in generale, per valutare il tuo stato di salute. I protocolli possono differenziarsi anche in modo significativo in base al tipo e allo stadio del cancro, oltre che alle caratteristiche del paziente. Tutti questi fattori vengono analizzati dal medico per decidere ogni quanto programmare le visite.

Non preoccuparti se, parlando con altri pazienti, noterai differenze significative negli intervalli fra un controllo e l’altro. Nel caso di neoplasia al pancreas, la sorveglianza post-chirurgica si avvale dell’esame clinico, dell’utilizzo di marcatori tumorali e di alcune procedure radiologiche.



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