Flavio Insinna prende l’eredità di Frizzi e ci racconta cosa ha significato per lui questo passaggio di testimone



Con profonda umiltà, parla di sé come di un mediano: tenace, determinato, pronto, sempre e comunque, a mettersi al servizio della squadra, senza smanie di protagonismo. In realtà, Flavio Insinna è un fuoriclasse della Tv, capace di segnare più di un goal e di risolvere anche le partite più difficili con un guizzo da maestro. Lo scorso anno all’attore e conduttore romano è stata assegnata una responsabilità prestigiosa, ma assai gravosa: subentrare al grande Fabrizio Frizzi alla guida de L’Eredità, il programma campione di ascolti di Rai Uno.



Insinna è entrato in punta di piedi, così com’è nel suo stile e così come richiedeva quella situazione così delicata, si è messo al servizio della trasmissione e ha conquistato i cuori dei tanti telespettatori del seguitissimo game-show del preserale della rete ammiraglia Rai. Flavio, che presto tornerà anche al cinema, fa il punto con Mio a proposito di questa lunga maratona televisiva che l’ha impegnato dallo scorso settembre fino a giugno e che è pronto a riprendere a partire dal prossimo mese. D’altra parte, si sa, un mediano in campo non si ferma mai ed è sempre pronto a ricominciare a correre senza sosta.

Flavio, che bilancio fa della sua prima annata alla guida de L’Eredità?
«Prendendo a prestito il gioco più celebre del nostro game show, la ghigliottina, userei la parola pazienza per racchiudere questa meravigliosa avventura. Un termine, pazienza, dentro cui c’è tutto: amore, accoglienza, affetto, la voglia per darti tempo per studiare. Le persone a casa hanno avuto questa pazienza, io e il mio gruppo di lavoro idem e stiamo già studiando per la prossima edizione. E come un team che vince lo scudetto e che l’anno successivo deve ripetersi. Sarà tutto più difficile, per ovvie ragioni, ma sia la Rai che Magnolia (casa di produzione del programma, ndr) sono già al lavoro».

Ci saranno novità a L’Eredità edizione 2019-2020?
«Il motto della prossima stagione sarà novità nella continuità. La famiglia, (non amo la parola pubblico), che segue la nostra trasmissione ama quel clima,
quell’idea ed è per questo che inseriremo alcune piccole novità, senza snaturare il format. L’Eredità, che va in onda da settembre a giugno, è come un grande viaggio: una crociera dove il mare s’increspa, dove fai i conti con la bonaccia, dove devi tarare gli strumenti di bordo e dirigerti verso terra. Aveva ragione Montale che sosteneva che per ogni viaggio, una volta che hai tutto pronto, devi augurarti solo una cosa: l’imprevisto. Altrimenti ti annoi. Il mio viaggio con L ’Eredità è stato ed è bellissimo, davvero emozionante».

Ha altri progetti in cantiere?
«In autunno torno sul grande schermo al fianco di Sergio Rubini, Claudio Bisio, Gianmarco Tognazzi e tanti altri (nel film Se mi vuoi bene, regia di Fausto Bòzzi, ndr). Il mio ruolo è quello di un “attore cane”. Con Bòzzi, che è un amico abbiamo riso quando mi ha assegnato un ruolo così particolare. A proposito di ruolo, se i volessimo usare una metafora cal- ‘ cistica, io mi sono sempre considerato un mediano che lavora e si dà sempre da fare. Una vita da mediano di Ligabue è una canzone che mi rappresenta pienamente».

Come molti suoi colleghi soffre l’ànsia degli ascolti?
«Con qualche capello bianco in più rispetto al passato ho imparato a vivere ogni cosa con più maturità e rilassatezza. Uno degli obiettivi de L’Eredità è il traino al Tg1 delle 20:00 che è la punta di diamante dell’informazione. Anche qui è tutto lavoro di squadra: se uno è felice solo del successo del suo programma, allora non ha capito niente della vita. È come quando un attore è contento se il film del collega va male. Non capendo che invece dovrebbe augurarsi il contrario. Perché se va bene un film, se ne faranno altri e tutto il cinema italiano nel suo complesso ne beneficerà. Io faccio il tifo per tutti i programmi del palinsesto quotidiano della Rai: da quelli del mattino, sino a quelli che vanno in onda a notte fonda».

Lo scorso anno, a settembre, le veniva affidato un compito impegnativo e di grande responsabilità: guidare un programma di successo come L’Eredità dopo la prematura scomparsa di un suo amico, Fabrizio Frizzi. «Per tanti anni al timone c’è stato Carlo (Conti, ndr) che è stato il re della fascia del preserale. Poi è arrivato Fabrizio (Frizzi, ndr), un uomo che è sempre stato nel cuore della gente. Quel compito così impoòante è stato emozionante, ma certo… all’inizio mi ha fatto passare notti insonni. Ho avuto il camerino di Fabrizio negli studi che oggi hanno il suo nome. Se sei amico da una vita di una persona che purtroppo non c’è più e sei chiamato a sostituirla, la responsabilità è gravosissima. Io ho cercato di fare del mio meglio»



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