Giorgio Locatelli, la vita da cuoco del nuovo giudice di Masterchef



Questo articolo in breve

Prima di debuttare a MasterChef Italia con Bruno Barbieri, Joe Bastianich e Antonino Cannavacciuolo, Giorgio Locatelli seguiva il cooking show italiano sul satellite, da Londra, che per lo chef che ha insegnato agli inglesi a mangiare italiano è casa da metà degli anni Ottanta. Da quando Locatelli, poco più che ventenne, decise di lasciare Corgeno, 1.300 abitanti sulle sponde del lago Comabbio, in provincia di Varese, dove era nato in una famiglia di elettricisti. «Ma avevo uno zio lungimirante e un nonno ancora di più, che decisero di aprire un hotel sul lago con due sale per i banchetti», racconta lui stesso.



Per dare una mano nel ristorante il piccolo Giorgio era dispensato  dalla messa della domenica e durante la settimana passava molto tempo a casa della nonna Vincenzina. «La aiutavo in cucina, a fare gli gnocchi per esempio. Lei cucinava d’istinto, non aveva un grande repertorio, ma il suo coniglio arrosto me lo ricordo ancora. E cerco sempre di emularlo». Voleva fare lo chef, ma anche vedere il mondo, dunque, zaino in spalla, lascia le cucine dello zio e via Oltremanica. Il primo colloquio lo fa al prestigioso Savoy Hotel con lo chef Anton Edelmann: ed è buona la prima. Comincia a occuparsi delle verdure, il gradino più basso. Non parlava bene inglese, «cinque parole e una parolaccia», ricordano al Savoy, ma poi la lingua migliora, il resto pure.

Lavora duro, ride tanto, dorme poco. «A volte mi riportava a casa lo chef per essere sicuro che andassi a letto», ricorda riconoscente. «Il Savoy mi ha “fatto” e poi mi ha anche trovato un lavoro, a Parigi». Prima il Laurent, poi la Tour D’Argent. «È stata durissima, mi dicevano: “Tu sei il peggio, uno spaghetti che ha imparato a far da mangiare dai roast-beef ”. In realtà loro venivano tutti dalla campagna, bravi sul cibo del territorio ma non preparati sulla haute cuisine come me». Iniziano giorni difficili, scanditi da cattiverie e mobbing, forni abbassati mentre Giorgio preparava i soufflé e anatre fatte volare dalla finestra se la cottura non era perfetta. «Credo che umiliare qualcuno sia una cosa inutile. E lì ci umiliavano. Mi sono chiesto: sto facendo tutto questo per diventare così?». Resiste tre anni e mezzo, poi torna a Corgeno, e a chi gli chiede cosa ha imparato dai francesi risponde amaro: «A tirarmela». Si cura le ferite alle braccia causate dalle scottature per i forni roventi, ma alle cicatrici dell’anima ci pensa nonna Vincenzina. «Tu puoi essere chi vuoi», gli dice. E per diventarlo non poteva restare a Corgeno.

Torna a Londra e apre il ristorante Zafferano, stesso gruppo dell’Aubergine di Gordon Ramsey, oggi il suo miglior amico. «La prima cosa che mi disse è: fare un risotto è come fare l’amore, non bisogna fermarsi per 22 minuti», ricorda il re dei cooking show. Nel ristorante di Locatelli si mangiano piatti semplici della tradizione italiana preparati con materie prime eccellenti. Intanto arriva il matrimonio con Plaxy e la prima stella Michelin, nel 1995. «Le due cose che mi hanno cambiato la vita sono state Londra e la Plaxy », dice lui. Diventa padre di Margherita. «Lei è la mia ricetta migliore», sorride. Con Plaxy nel 2002 apre la Locanda Locatelli, nella centralissima Seymour Street. «Non pensavo che ce l’avremmo fatta, ci siamo dovuti vendere pure la macchina all’inizio».

Invece funziona, eccome. Neppure un anno dopo arriva la stella Michelin, da allora sempre confermata, e poi tutto il resto. Clienti come Madonna e la famiglia reale, solo per fare un esempio. «Ogni anno mandiamo due scatole di amaretti fatti con la ricetta dello zio Renato di Gallarate al principe Carlo e ogni anno riceviamo una lettera di ringraziamento ». “Cari Giorgio e Plaxy vi ringrazio molto per lo splendido dono, gli amaretti sono deliziosi. Vi auguro un sereno Natale. Buon riposo a voi e a tutto lo staff. Spero di vedervi presto, Charles”, è il testo dell’ultima, scritta a mano. Il successo della Locanda porta anche quello mediatico, con programmi per la Bbc e libri: il primo in italiano, per Mondadori, è Fatto in casa, I piatti che preparo per le persone che amo. «Giorgio ha qualcosa della rockstar», dice la sua amica Nigella Lawson, «ma senza quel bisogno d’essere al centro dell’attenzione ». E quando viene intervistato, alla domanda di rito “per chi vorrebbe cucinare”, ha sempre e solo un’unica risposta. «Se potessi farlo per mia nonna Vincenzina, per me sarebbe abbastanza».



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