Mario Cerciello Rega, nulla torna nell’omicidio del Carabiniere ucciso a Roma. Ma un informatore racconta…



Non torna niente in questa storia. Non sta in piedi nulla di quanto si è detto, si è comunicato, si è annunciato, si è smentito, si è confermato e si è scritto a proposito dell’omicidio del vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega, 35 anni, ucciso a Roma, nell’elegante quartiere Prati, alle tre di notte trij giovedì 25 e venerdì 26 luglio. La storia bramai assume il carattere di un intrigo dal sapore misterioso e che può mettere a dura prova i rapporti tra l’Italia e gli Stati Uniti.



Che ci facevano a Roma, Christian Gabriel Natale Hjort, 19 anni, ed Elder Finnegan Lee, 18 due “studenti” americani con un coltello dei marines che aveva superato i controlli aeroportuali? Perché nell’ordinanza di arresto laddove si parla del contenuto dello zainetto lasciato sulla scena del crimine da uno dei due ragazzi c’è un omissis? Una sceneggiata? O davvero meglio non far sapere che cosa gli investigatori hanno trovato? Con l’aiuto di un informatore “esclusivo” proviamo a ricostruire uno scenario diverso e più credibile delle varie versioni ufficiali.

Da quella, iniziale, di una signora che da Trastevere telefona al 112 dicendo di essere stata scippata da due borseggiatori con i quali prende appuntamento; a quella, ancora più inverosimile, di un presunto pusher, tal Sergio Brugiatelli (“Non sono un intermediario di pusher e neanche un informatore” ha detto Brugiatelli attraverso il suo legale), che chiede aiuto ai Carabinieri perché due giovani americani, imbrogliati da un altro spacciatore che invece di cocaina gli avrebbe venduto, per 80 euro, aspirina, per rappresaglia gli avrebbero rubato il borsello e chiesto 100 euro per restituirglielo. Appuntamento in via Pietro Cosso alle 3,13 minuti.

Brugiatelli arriva con l’auto civetta di Cerciello Rega e del collega Varriale, i due Carabinieri scendono, Cerciello Rega, senza pistola perché, secondo il comandante provincialwe dei Carabinieri, colonnello Francesco Gargara, “probabilmente l’ha dimenticata”. E poi: le urla del vicebrigadiere a terra, secondo la prima ricostruzione colpito da otto coltellata durante la colluttazione, invece, secondo i vertici dell’Arma, da 11 alla schiena. E i due californiani che scappano. Il tutto in pochi minuti. No, non sta in piedi. Ecco, secondo il nostro informatore, una diversa chiave di lettura. Che inizia con una annotazione urbanistica rivelata proprio da un “addetto ai lavori” : “Dalle finestre della caserma dei Carabinieri di via Selci si fanno ciao ciao con la manina con quelli di via Lonza”. Quelli di via Lonza sono gli operatori dei servizi segreti italiani. Via Lonza è la sede storica del Sisde, poi, dal 2007, diventato Aisi.

La foto che ritrae Hjort bendato, e che ha suscitato clamore tra l’opinione pubblica statunitense, quindi, potrebbe essere stata fatta qui. E poi diffusa on line e arrivata con sorprendente rapidità all’emittente americana Cnn che l’ha messa in apertura di un telegiornale. In effetti un ufficiale dei Carabinieri dichiarò il giorno dopo la pubblicazione della controversa immagine, che non fu scattata in caserma e che, comunque l’eventuale autore era già stato destinato ad altro incarico operativo.

La parola “agguato” è quella che, a quanto sostiene l’informatore di Voi, meglio indicherebbe la successione degli eventi. Secondo questa ipotesi il povero vicebrigadiere non sarebbe stato ucciso durante una colluttazione, ma sarebbe stata, in qualche modo, una vittima predestinata: doveva essere ucciso. Ma allora, se questa pista ha un senso, chi sono i due giovani americani? Che cosa ci facevano a Roma e perché i erano portati un’arma banca da guerra? E chi era l’uomo descritto come pusher, che aveva chiamato il 112 per essere assistito nel recupero del suo borsello? L’informatore insiste: “I rapporti tra i servizi segreti americani e i Carabinieri sono storicamente di grande collaborazione, lo credo che per capire che cosa sia successo al vicebrigadiere occorra partire da questo dato di fatto”. Insomma la morte di Mario Rega Cerciello potrebbe essere maturata all’interno di qualche cosa di molto più ampio e “imporrante” di una tentata truffa da 100 euro.L’impressione è che i veri omissis siano stati messi sul contenuto del borsello. Bisognava recuperarlo a ogni costo. Anche a quello della vita.



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